Francia: il sovranismo sopravvive alla sconfitta – di Domenico Galbiati

Francia: il sovranismo sopravvive alla sconfitta – di Domenico Galbiati

Macron l’ha spuntata, eppure è lecito temere che il sovranismo sopravviva alla sconfitta di Marine Le Pen, in attesa delle politiche del prossimo mese di giugno. Ne fanno fede, fors’anche più del 42% del ballottaggio, i voti del primo turno.

La Francia ha compreso – con ogni probabilità, meglio le generazioni più attempate ed i ceti cittadini, meno la cosiddetta “Francia profonda” – che il sovranismo è, se mai, il problema, in nessun modo la soluzione. Hanno voluto scommettere, ma forse con molte riserve ed incrociando le dita, ancora una volta, su una società aperta, inclusiva, capace di guardare con ragionata fiducia al domani. Hanno pensato che sia l’Europa lo scacchiere su cui giocarci un futuro ancora possibile, difficile, ma potenzialmente ancora ricco di promesse e di valore umano. Non a caso, lo stesso Macron pare abbia avvertito come la sua vittoria galleggi su un fondo limaccioso che ha promesso di prosciugare, rivolgendosi direttamente anche agli elettori che l’hanno avversato.

L’elettorato francese registra il suo record storico in quanto ad astensione dal voto. Anche oltr’alpe, i nostri cugini soffrono di disaffezione e sfiducia, sono convinti che la politica, comunque la si prenda, sia sostanzialmente impotente, quando addirittura non volutamente ingannevole. Tanto vale lasciar perdere ed allinearsi alla piega degli eventi. Non a caso, crollano gollisti e socialisti, cioè forze che, nella misura in cui vantavano una storia consolidata, sono state avvertite come vecchie, superate, inservibili.

A forze politiche organizzate nella forma dei partiti tradizionali del ‘900, subentrano “rassemblements”, cioè apparati elettorali che lasciano sullo sfondo riferimenti ideali, visioni politiche che rispondano a culture consolidate ed, invece, aggregano consensi a più corto raggio, modulati sulla contingenza di quel particolare frangente. Si tratta di una condizione che, al contrario, esigerebbe, ed anzi esige, classi politiche capaci di offrire ai loro Paesi ed all’ Europa nel suo insieme una prospettiva di lungo termine, un progetto, un’idea di futuro.

E’ solo collocando la propria azione su questa dimensione temporale protratta, infatti, che si può far conto di “governare”, anziché subire il corso degli eventi e, nel contempo, rendere possibile una effettiva partecipazione dei cittadini alla vita politica nonché la maturazione di quel consenso non posticcio ed occasionale, ma sufficientemente motivato da risultare fattore di coesione civile. L’ elettorato, a quanto pare nel suo complesso, ovunque diriga il proprio consenso, è attraversato da uno smarrimento che inquieta, come se procedessimo a tentoni, esposti alle incertezze di un destino beffardo. Ad un secolo che, pur attraversato da guerre e drammi epocali, coltivava un sentimento di fiducia nella ragione e nel progresso, nella scienza e nelle meraviglie della tecnica, subentra l’impressione di un disordine, di una irrazionalità inafferrabile che pervade, ad un tempo, la vita personale e quella collettiva. Ad una intonazione positiva subentrano atteggiamenti ispirati a prudenza e timore che suggeriscono di non esporsi, di omologarsi al pensiero dominante.

Maturano comportamenti di arroccamento su di se stessi, di allarmata difesa del proprio spazio vitale, di sospetto e di rancore nei confronti di ogni paventata intrusione, vissuta come minacciosa. Il sovranismo non ha una sola dimensione, un solo perimetro. E’ piuttosto un sistema di muri concentrici che via via si stringono e circoscrivono spazi sempre più ristretti.

“Prima l’Italia”, pare reciti così la sua più aggiornata versione che, in casa nostra, si starebbe cucinando, in salsa trumpiana, senza neppure un briciolo di originalità. Allora – come pare abbia rivendicato un redivivo Bossi – perché lasciar cadere l’ispirazione originaria della Lega che privilegiava il Nord in odio al resto del Paese? C’è, in sostanza, una sofferenza del corpo sociale che rappresenta la somma del disagio esistenziale, della fatica di vivere, della solitudine di tante persone e delle loro famiglie.

Compito della politica dovrebbe essere quello di ascoltare questo stato d’animo, comprendere a fondo da dove nasca per tentare risposte nel segno della solidarietà e dell’appartenenza ad un comune orizzonte di senso della vita.
Al contrario, le forze sovraniste soffiano sul fuoco e lucrano sulla sofferenza del Paese.

Domenico Galbiati