Ucraina: l’Italia mobiliti l’Europa per la ricerca di una soluzione politica – di Giancarlo Infante

Ucraina: l’Italia mobiliti l’Europa per la ricerca di una soluzione politica – di Giancarlo Infante

E’ inevitabile che la guerra in Ucraina si riveli come un seguito di orrori che si sovrappongono ad altri. Soprattutto se alla fase più acuta dello scontro militare di questi giorni dovesse seguire una conflittualità continua, magari decennale, sulla base di una inaccettabile divisione forzata del paese.

Siamo rimasti impietriti nello scorrere impietoso delle immagini dei corpi abbandonati lungo le strade di Bucha e nelle fosse comuni  ricavate in tanti paesini dell’Ucraina. La ripugnanza non ci risparmierà. L’esecrazione dovrebbe evolvere in una riflessione sulle continue rimozioni di quanto, almeno i più anziani, abbiamo già visto nel corso degli anni. E constatare come alcuna lezione sia mai sufficiente.

E’ disponibile sulla Bbc il video che mostra l’uccisione, altrettanto feroce, di quattro soldati russi arresisi alle truppe ucraine a Dmytrivka. Provo a compenetrarmi nella cupa angoscia di quei quattro giovani disgraziati negli attimi precedenti la loro uccisione a sangue freddo. E anche in ciò che ha scatenato la vendetta dei loro esecutori, altrettanto giovani, i quali magari mai avrebbero pensato di fare una cosa simile solo fino a 40 giorni prima (CLICCA QUI). Ma la compenetrazione ha un limite, oltre al quale resta l’angoscioso ignoto segnato dall’ingovernabilità dei sentimenti, oltre che del raziocinio.

E’ dunque calzante quello che ci ha scritto Stefano Zamagni pochi giorni orsono: “si vis pacem, para civitatem” (CLICCA QUI). E quel “civitatem” non può che riportare, nell’immediatezza delle vicende da noi tutti osservate, mentre da altri sono drammaticamente subite, all’esigenza di preoccuparci persino di salvaguardare fisicamente le città, i borghi e i villaggi e, quindi, la vita delle persone, siano esse ucraine o russe. La scelta di civiltà da questo passa, non da altro.

Ora sappiamo che la guerra è la politica perseguita con altri mezzi. In questa cinica espressione si potrebbe, però, provare a ricercare la potenzialità di una pacificazione. Il passaggio al conflitto, infatti, non esclude il sempre possibile ritorno alla politica. E’ solo questione di volontà e di scelta appropriata di tempo.

Si tratta di ciò tanto autorevolmente indicato da Papa Francesco: il recupero della cultura del negoziato. Cioè uno stato mentale che può essere raggiunto anche grazie all’intervento di un più o meno ampio numero delle nazioni schierate, o non schierate, a sostegno delle parti in conflitto. Uno stato mentale, una sensibilità, un’attitudine di cultura politica di cui l’Italia si potrebbe fare animatrice in Europa. Anche perché forte della posizione assunta in difesa del popolo ucraino, vittima di un’aggressione, e del mantenimento di una collocazione nel campo occidentale che, certamente, non è in discussione, nonostante vi siano talune zone opache da chiarire all’interno della maggioranza e dell’opposizione.

Pure nel pieno di un conflitto si può indicare una via d’uscita su cui le parti, e il contorno che le sostengono, possano riconoscere la possibilità di restare costruttivamente attorno ad un tavolo di confronto, piuttosto che lasciarsi prendere esclusivamente da uno spirito di guerra da mantenere ad oltranza. Tutti sanno che lungo quella strada nessuno giungerà a niente di positivo. Si tratta di guardare con lungimiranza in prospettiva, e sapendo che l’alternativa potrebbe essere altrimenti quella dell’avvio di una ben più lunga condizione di conflitto, cosa che non fa proprio comodo a nessuno: Ucraina, Europa e Russia.

Dobbiamo continuare a sostenere il popolo ucraino perché il rispetto della sovranità nazionale è un dogma imperativo per tutti. Dobbiamo insistere perché vi sia un ripudio generale dell’uso delle armi, ma consapevoli che la vera risposta a questa guerra è la ripresa del ragionamento, che pure fu avviato, su di un processo di cooperazione economica e della sicurezza in cui devono essere tutti coinvolti, trovando le ragioni per fermare missili e carri armati in maniera duratura.

In questa fase, dobbiamo aspettarci un’iniziativa dell’Europa. Essa, infatti, non può affidarsi alla esclusiva mediazione di “terze parti” come Israele, o la Turchia, in attesa che poi giunga il momento dei Cinesi e degli Americani. L’Europa deve dire la sua perché questo è un problema, sì, geostrategico, ma che si gioca in casa nostra, proprio nello spazio che sta tra l’Europa occidentale e la Russia.

Una posizione ufficiale dei leader politici dei paesi che contano nella Ue, Germania Francia, Italia e Spagna, può servire a creare la cornice per muovere le posizioni comprensibilmente rigide degli aggrediti, i quali hanno tutto il diritto di difendersi, e degli aggressori che, pure, debbono essere portati a preferire una via d’uscita d’ordine politico.

E’ forse giunto il momento per un’iniziativa forte da parte degli europei. Per evitare che la popolazione ucraina venga ulteriormente martirizzata, perché cessino le devastazioni materiali e, infine, perché si preservi qualche brandello di opportunità nella prospettiva della ricostruzione della logica della Comunità internazionale.

Giancarlo Infante