Giustizia: tutti ci mettono la bandierina sopra- di Giuseppe Careri

Giustizia: tutti ci mettono la bandierina sopra- di Giuseppe Careri

Il Consiglio dei Ministri convocato a Palazzo Chigi mercoledì scorso alle ore 11 era stato rinviato una prima volta alle 14, e poi fino alle 18, per permettere ai 5 Stelle di trovare un accordo tra i parlamentari riuniti con Conte; accordo da presentare poi alla riunione collegiale con tutti i partiti coordinati dal Presidente del Consiglio Mario Draghi e la Ministra della Giustizia Cartabia.

Nel corso della giornata sembrava impossibile trovare un accordo tra le modifiche tecniche concesse dal Presidente Draghi e quelle invece richieste  dai Grillini.

Per alcuni giorni si è parlato di crisi di Governo, di Draghi in procinto di salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Infine, dopo estenuanti trattative, la minaccia di crisi attraverso l’astensione dei 5 Stelle trova uno sbocco positivo.

L’accordo sulla nuova legge riguarderà i reati a partire dal 2020. Dopo la sentenza di primo grado scatterà il blocco della prescrizione come già previsto dalla riforma Bonafede. Il processo d’appello non potrà durare più di due anni, quello in cassazione più di un anno. Il giudice potrà concedere una sola proroga e, per le parti, ci sarà la possibilità di ricorrere alla suprema corte.

Le modifiche concesse dal governo riguardano principalmente i reati di mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di stupefacenti. Per questi reati è stato deciso di non consentire nessun tipo di proroghe.

Appena raggiunto l’accordo quasi tutti i politici hanno iniziato la corsa a mettere la bandierina sulle modifiche della nuova riforma della giustizia. Tra i Grillini Giuseppe Conte ha tenuto a sottolineare i risultati ottenuti dai Cinque Stelle anche se, come poi ha dichiarato, “questa non è la nostra legge, ma l’abbiamo migliorata” dichiara a TgCom 24. In un’altra dichiarazione afferma: “non possiamo transigere per i processi di mafia e terrorismo. I processi per mafia e terrorismo non si dissolvano nel nulla.

Certo, rimane difficile pensare che gli altri partiti, ma in particolare, Mario Draghi e Marta Cartabia, la pensino diversamente su reati così gravi come mafia e terrorismo. Per questo l’Ok ai 5 Stelle e poi a Salvini su violenza sessuale e spaccio di stupefacenti non deve essere stato poi così oneroso concederlo.

Come abbiamo detto nessun politico si è poi sottratto al fascino di segnalare agli organi d’informazione la loro vittoria a conclusione delle trattative.

Il Segretario della Lega Salvini in una dichiarazione ad un quotidiano dice: “È giusto non mandare in prescrizione i processi di mafia, ma per la Lega è altrettanto doveroso prevedere che anche per i reati di violenza sessuale e traffico di droga i processi vadano fino in fondo”.

L’accordo raggiunto in Consiglio dei Ministri fa decadere automaticamente tutti gli emendamenti presentati dai partiti, eccetto quelli di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Non manca la dichiarazione e una punta di soddisfazione da parte di Matteo Renzi, da sempre avversario politico di Giuseppe Conte. “Il Presidente del Consiglio Draghi ha fatto di tutto per salvare la faccia a Conte; quindi un passo in avanti per l’Italia. Bonafede non c’è più”, ha detto Matteo Renzi con un sorrisino.

Tra i tanti partiti che formano la compagine governativa, il Partito Democratico ha giocato il suo ruolo cercando di convincere i 5 stelle a non insistere troppo a tirare la corda con il rischio di far “saltare” il governo Draghi.

Dice il Ministro del Lavoro Orlando “Si è raggiunto un punto di equilibrio importante, una mediazione decisiva grazie al buon lavoro fatto dalla Ministra Cartabia. Con la nuova riforma non ci sarà impunità e non ci saranno processi che vanno a finire nel nulla.

Infine i due principali artefici della riforma della Giustizia, Marta Cartabia e il Presidente del Consiglio Mario Draghi. Dice la Ministra: “Una giornata importante, lunghe riflessioni. C’è stata un’approvazione all’unanimità, con convinzione da tutte le forze politiche. Nessun processo andrà in fumo, come sento dire in giro da qualche giorno.

Per giorni e giorni abbiamo assistito al “cinguettio” continuo di gran parte dei politici, ognuno con la sua tesi e la sua voglia di giustizia. L’unico protagonista della battaglia quotidiana per evitare la crisi di Governo è stato indubbiamente il Capo dell’esecutivo. Mario Draghi ha prima puntualizzato il confine delle modifiche tecniche da apportare alla legge approvata dal Consiglio dei Ministri, poi, senza clamore, ha convinto Salvini a più miti consigli, e ai 5 Stelle ha indicato il perimetro sul quale potevano agire. Senza proclami, annunci, in silenzio come ormai è possibile distinguere il suo profilo. Alla conclusione dell’accordo con i partiti della maggioranza che hanno rinunciato a presentare i loro emendamenti ha riservato solo una breve dichiarazione con il suo stile inconfondibile: “Una riforma complessiva che darà ulteriore credibilità all’Italia”.

Credibilità dell’Italia essenziale per portare a termine le riforme concordate con l’Europa necessarie per ottenere i soldi del Recovery Plan assolutamente utili in un paese fermato dalla pandemia e dalla crisi economica.

Giuseppe Careri