Le ombre sulla ripresa in corso – di Guido Puccio

Le ombre sulla ripresa in corso –  di Guido Puccio

L’economia è in ripresa, il governo è stabile, le risorse del Recovery Fund cominceranno presto ad arrivare e a finanziare investimenti. Si parla finalmente con concretezza anche di riforme e sono già pronte per  la discussione quella del fisco e quella della giustizia, non certo strutturali ma almeno efficaci.

Sembriamo proprio sulla buona strada e il cielo è sereno. Non manca però all’orizzonte qualche ombra e sarà bene non ignorarla per non essere sorpresi da qualcosa di più serio dei possibili temporali autunnali.

Quella più vicina riguarda la ripresa dell’inflazione in America con segnali  ormai costanti e non limitati e all’aumento dei prezzi delle materie prime. L’economia americana è in forte espansione e le tensioni inflazionistiche non sono più limitate a fenomeni temporanei. Tutto dipenderà dalla velocità di uscita e da come reagirà la Federal Reserve (che è la banca centrale americana). Per ora la stretta monetaria non è prevista prima del 2023 anche se i tassi hanno cominciato a risalire. Intanto la SEC, ovvero l’organo di vigilanza dei mercati, torna a farsi viva annunciando nuove regole dopo un lungo periodo di deregulation del tempo di Trump e non solo: in particolare sono sotto osservazione le operazioni sui derivati di non felice memoria dopo la crisi del 2008.

Sempre all’orizzonte si profila il ritorno del “patto di stabilità”, il Trattato dell’Unione Europea che fissa obiettivi di medio termine per i disavanzi strutturali dei bilanci degli Stati membri e per il contenimento dei debiti pubblici. In pratica: disavanzo al tre per cento e debito pubblico al sessanta per cento riferito al PIL. Come è noto, le regole  di questo protocollo sono temporaneamente  sospese  dopo l’avvento della grave crisi sanitaria che ha sconvolto tutti i Paesi ,  e persino del MES non se ne è più parlato. A Bruxelles si tratta con difficoltà una modifica e nel 2023 il Trattato, non si sa ancora quanto e come riformato, tornerà. Non è un caso che la discussione in corso vede i cosiddetti “Paesi frugali”, cioè quelli con i conti a posto, chiedere con insistenza il ritorno del rigore finanziario.

Vero è che oggi tutti concordano nell’esigenza di non frenare la ripresa in un momento così delicato e che tutti i Paesi hanno aumentato il loro debito pubblico in questi ultimi due anni di pandemia. Come è vero che il nostro, pure elevatissimo, (2500 miliardi di euro, più del doppio del PIL) è quello cresciuto meno in Europa in questi ultimi due anni. Tuttavia tra i sostenitori del rigore rischiamo di vedere in prima linea non solo i soliti Paesi del nord Europa ma questa volta anche i tedeschi, e non solo il potente ex ministro delle finanze ed attualmente presidente del parlamento Wolgang Schauble: non è un caso, come riportato dalla stampa economica più attenta negli ultimi giorni di giugno, che il programma dei popolari tedeschi ( CDU-CSU, ovvero il partito di maggioranza) in previsione delle elezioni di ottobre richiami l’opportunità di riprendere il “Fondo salva Stati”, ancorché riformato, in previsione dei rischi di ristrutturazione del debito pubblico per i Paesi in difficoltà.

Non è tanto la previsione di un programma elettorale che preoccupa, quanto il fatto che  proprio i tedeschi  richiamano questa esigenza. Sino ad oggi, con la Cancelliera Merkel ,  sono stati  loro i mediatori ascoltati tra i Paesi dell’Unione; dopo le elezioni in Germania la Merkel non ci sarà più, ed anche se si formerà un governo di coalizione si dovrà  trattare.

Nel contempo speriamo che i mercati non fiutino l’aria che tira alla loro maniera.

Guido Puccio