Il business dei sepolti vivi – di Mercurino Gattinara

Il business dei sepolti vivi – di Mercurino Gattinara

Uno dei personaggi più tragici del celebre romanzo “I Miserabili”, di Victor Hugo è Fantine. Una giovane donna che, sedotta da un riccastro buonanulla quando era poco più che adolescente, deve far fronte come può ai bisogni di Cosette, la “piccola “figlia della colpa”.

Sola, in una società che le è implacabilmente ostile, lotta come può per cercare di riprendersi dopo la caduta. Dapprima lavora come domestica presso una famiglia borghese, ma viene licenziata quando questa viene a sapere che, senza essere sposata, ha una figlia che vive presso dei contadini. I quali, peraltro, sfruttano e maltrattano la piccola. E che, col pretesto di una inesistente sua malattia, le chiedono sempre più danaro.

A Fantine, i sacrifici – via via sempre più duri – non basteranno perciò per arrestare la sua corsa verso la prostituzione. Anzi la vendita del proprio corpo assumerà forme ancora più visibili, estreme e concrete, quando dovrà cedere i suoi capelli ad un parrucchiere, e il suo sorriso ad un dentista.

Oggi, neanche questo sarebbe più possibile, in quanto le parrucche si fanno con capelli finti, e anche i denti umani non hanno più mercato, sostituiti da protesi prodotte industrialmente.

Ma la ferocia dei sacrifici chiesti ai genitori per amore dei figli non è diminuita. Al contrario! E ciò perché  in realtà, nel profondo, la società è cambiata poco, se non nell’essere sempre più de-cristianizzata. Anche e soprattutto in un ambito – quello dei rapporti tra generazioni – che a prima vista sembrerebbe essere stato rivoluzionato e reso meno duro dal crollo della natalità. Anzi, agli anziani è oggi imposto quasi come un dovere quel che Fantine dava a Cosette solo per amore: lasciarsi sfruttare dai figli, o addirittura di provvedere ai loro bisogni anche quando questi sono ormai adulti. E di farlo talora con sacrifici spesso avvilenti, come quello di vivere gli ultimi anni addirittura da sepolti vivi.

Gli interessi dei figli

Sembra infatti essere questa la più appropriata maniera possibile di descrivere un fenomeno diventato diffuso negli ultimi tempi, quando gli anziani – anche per effetto del prolungamento della vita media – sono diventati sempre più numerosi tra gli abitanti dei centri storici delle città.  Dove dei nuovi scrittori “veristi” potrebbero facilmente andare a cercare abbondante ispirazione per imitare il grande Victor Hugo, e raccontare il destino dei nuovi “Miserabili”. Mentre le generazioni dei loro figli sono andate ad installarsi in quartieri nuovi e geometrici, ma dove c’è più posto per tutti i feticci consumistici messi, negli ultimi anni, sugli altari delle società occidentali: non solo un bene di massa come l’automobile, ma magari anche la piscina condominiale.

Un rapporto con i vecchi genitori, ovviamente, rimane. Ma se era per amore che Francine sacrificava tutta se stessa alla propria creatura, oggi di quel sentimento sembra non restare più nulla. Ed è quasi solo per interesse che i figli mantengono un rapporto con coloro che li hanno messi al mondo, e che li hanno mantenuti ben oltre l’adolescenza; e li hanno nutriti nei loro spesso squallidi vizi.

Agli anziani, rimasti nelle loro vecchie case, tocca perciò oggi in sorte di vivere in un ambiente urbano sempre più “caratteristico”, cioè sempre più fatiscente sotto il profilo urbanistico, sempre più degradato sotto il profilo delle attività commerciali. E sempre più duro e faticoso dal punto di vista abitativo.

Ma sempre più interessante dal punto di vista del lucro. Perché sono proprio gli edifici dove son stati abbandonati gli anziani che sono stati oggetto di misure come il bonus facciate, utilizzate da Amministratori di Condominio troppo spesso senza scrupoli per pura avidità di lucro. E che, sempre più lontani dal loro ruolo, tollerano che nelle piccole e litigiose comunità che essi dovrebbero gestire, si formino e spadroneggino piccole fazioni di “figli”, spesso provenienti da nuclei familiari diversi, ma parimenti  avidi e materialistici. E cui gli Amministratori di Condominio consentono di prevalere su questi anziani, approfittando di una specifica caratteristica  dell’attuale sistema pubblicitario e consumistico, del tutto impensabile all’epoca di Hugo.

I restauri sponsorizzati

Una delle tecniche oggi più praticate dagli amministratori di edifici siti nei centri storici in cui vivacchiano gli anziani, soprattutto in città fortemente turistiche come Roma, è infatti quella di affidare la ristrutturazione di interi fabbricati a società di advertising. Aziende dotate di capacità tecniche nell’edilizia, e specializzate nel restaurare a proprie spese, ed offrendo addirittura un compenso, la facciata di grandi fabbricati siti in posizioni strategiche nei luoghi più frequentati dei centri urbani.

Edifici che vengono  completamente ricoperti di strutture in tubi e reti, finalizzati non solo a garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati durante i lavori, ma soprattutto posizionate strategicamente per sostenere enormi  messaggi pubblicitari. Al prezzo ovviamente di eliminare ogni rapporto tra la funzione abitativa e la partecipazione al mondo esterno. Cioè al prezzo di ridurre fortemente il beneficio del sole agli anziani che vi abitano, ed ogni elemento di godibilità a finestre e balconi. Si tratta dei  cosiddetti restauri sponsorizzati che sono stati largamente favoriti dal tanto (ex-post) criticato bonus facciate.

Il non trascurabile potere che queste aziende possono giungere ad esercitare sulle sfortunate famiglie coinvolte  – i nuovi “Miserabili”, appunto – che popolano le parti più belle e sacre delle città italiane da talora luogo a situazioni e vicende assai interessanti, che andrebbero seguite e controllate con un po’ di attenzione dai pubblici poteri. I “condòmini”, infatti,  spesso altro non sono che percettori di pensioni che le successive ondate inflazionistiche hanno ridotto in miseria, che quindi  non “dòminano” più nulla e cui una piccola mancia basta perché si lascino convincere a dare il proprio consenso. E non si rendono conto che le gestioni condominiali, e tutto ciò che – di fatto senza nessun controllo – ruota attorno ad esse, si sono trasformate in un business lucroso e gigantesco. Come è di recente diventato di pubblico dominio quando i media e i social hanno riportato alcuni dettagli dello strano suicidio del ricchissimo patron di una società milanese, addirittura quotata in borsa: società che amministrava – e amministra tuttora, anche dopo l’inspiegabile tragedia – nientemeno che tra centodiecimila e centoventimila fabbricati.

Paganesimo del consumo, e del danaro

L’uso a fini pubblicitari di strutture che coprono ed accecano intere facciate dei grattacieli e dei grandi fabbricati  è tipico delle più gigantesche ed avanzate metropoli  moderne, e consente – quando associato con lunghi e complessi di manutenzione affidati a società specializzate – altissimi livelli di rapidità ed efficienza. Ma quando questo approccio è applicato per iniziativa di gruppi di “figli” per la manutenzione di antichi fabbricati  dalla proprietà sminuzzata in cui si affollano i loro genitori. – viene fuori un aspetto fortemente negativo.

Troppo spesso accadere infatti che queste procedure –nelle mille città d’arte del nostro povero paese –  danneggino gli anziani in maniera particolarmente grave, proprietari o inquilini che siano. Anche in virtù   del fatto che in età avanzata si è spesso molto riluttanti e psicologicamente in difficoltà di fronte all’ipotesi di affrontare l’esperienza di un trasloco, con cui sottrarsi alla prigionia.  Gli anziani così perdono la luce e la bellezza della veduta cui sono abituati, una delle poche consolazioni dell’età avanzata.  E siccome i contratti di restauro sponsorizzato durano al minimo 12 mesi, essi hanno anche l’occasione ed il tempo per riflettere con qualche anno di anticipo su quella che sarà la loro condizione una volta scaricati dai loro figli al più vicino e dimenticato cimitero.

Certo! Facendo appello alle loro ultime forze, gli anziani potrebbero andare in Chiesa, a godere della loro santità e della loro bellezza, e a pregare per i loro amorevoli figli. Ma dovrebbero ancora riuscire a riconoscerle, le chiese! Dato che anche queste sono spesso completamente imbacuccate da enormi cartelloni pubblicitari.

Naturalmente, chi “un po’ di spirito e di lettere avesse” potrebbe dire che alla fine non sono solo gli anziani, bensì anche i loro figli a soffrire di tutto ciò. Persino quei figli  che si fanno parte attiva e diligente per stabilire rapporti con i partner edilizio-pubblicitari. E neanche gli sfortunati nipoti di questi “sepolti vivi”, sono risparmiati. Tutti costoro non possono che essere  considerati con commiserazione. Anche se non tutti rischiano di fare la fine di Diana Pifferi, la bambina di 18 mesi sepolta viva dalla madre Alessia, allontanatasi alla ricerca del “grande amore”, e morta di sete dopo una settimana di atroce agonia, essi inevitabilmente crescono come squallidi bulletti e ragazzotte di periferia.  E ciò pur avendo avuto la sorte di essere nati in ceti non pauperrimi, e in città d’arte,  piene di memorie del passato, di testimonianze e di bellezze che dovrebbero coltivare il loro gusto e il loro orgoglio, e che dovrebbero forgiare la loro “identità”.

Essi ricevono invece un ben chiaro messaggio che è quasi un complimento chiamare neopagano.  Altro che godere della bellezza di lussureggianti palazzi barocchi e di ascetiche chiese medioevali! La bellezza è oggi incarnata – sulle muraglie di cartapesta che avvolgono e cancellano i più belli e storici edifici delle città d’Italia – da gigantesche e cafonissime pubblicità  di aspirapolvere o di automobili rozze e voluminose. Dove ciò che è più grosso viene confuso con ciò che è grande. Dove lo sgargiante viene confuso con l’ammirevole. E dove la bellezza non coincide più con la raffinatezza, ma solo con la volgarità.

Mercurino Gattinara