Un referendum per la rappresentanza – di Domenico Galbiati

Un referendum per la rappresentanza – di Domenico Galbiati

Il neonato “Comitato referendario per la rappresentanza” merita attenzione e sostegno. Pone, infatti, in modo franco ed esplicito il tema centrale, in questa fase storica, del nostro discorso pubblico. L’argomento che da tutti – società civile e mondo politico di ogni espressione e di ogni colore – dovrebbe essere riconosciuto “fondamentale”.

Cioè, nel senso letterale del termine, fondamento “necessario”, dunque inderogabile, di ogni visione e di ogni progetto politico che abbia a cuore la libertà e la democrazia, intese, a loro volta, come presupposto di giustizia sociale e di rispetto integrale della dignità della persona

I temi istituzionali e normativi vengono spesso trascurati e considerati poco accattivanti per la pubblica opinione, più attratta e più facilmente sensibile ad argomenti di immediata valenza sociale. Mai come oggi è urgente andare oltre questo modo ristretto e parziale d’ intendere l’ architettura complessiva della nostra convivenza. Anche le politiche sociali più avanzate e dirette a colmare le diseguaglianze gravissime che lacerano il corpo sociale del nostro Paese non porterebbero a nulla se non fossero sostenute da un ordinamento che sia di “democrazia sostanziale”, cioè un assetto che sia democratico nel midollo, non solo nella facciata o nella scorza del sistema politico-istituzionale.

Ci vuole coraggio per dare voce ad una consapevolezza comune e diffusa che pur viene per tante ragioni – non tutte nobili – sottaciuta. Ci vuole, soprattutto, quella fede – è il caso di chiamarla così – immediata e forte, semplice e genuina, dunque autentica, nei valori morali, civili e politici della Costituzione che abbiamo riconosciuto negli amici del Comitato, incontrati, la prima volta, nel convegno che INSIEME ha promosso a Milano, lo scorso 23 marzo, per prendere posizione contro la riforma costituzionale proposta dal governo Meloni.

L’ iniziativa referendaria, promossa dal “Comitato per la rappresentanza” contro il Rosatellum – ultima incarnazione delle leggi maggioritarie, madrine del dissennato bipolarismo dei giorni nostri – e l’ accettazione, in sede europea, del ricorso, appunto, contro le norme elettorali oggi vigenti in Italia, sono percorsi importanti per entrare nel vivo di un processo che sia diretto a costruire, dopo quella degli antichi e quella dei moderni, la democrazia del tempo “post-moderno”. Giorni, i nostri, che non siamo in grado di definire se non anteponendo questo prefisso alla “modernità” di cui siamo, ad un tempo, figli ed anche epigoni. Forse, solo tra cent’anni, uno storico acuto, volgendo lo sguardo ai nostri giorni, saprà coniare un’ espressione, un termine che ne possa rendere, in estrema sintesi, la “cifra”. Cioè quel carattere peculiare che a noi, immersi nella foresta intricata delle trasformazioni in corso, pur vivendole sulla nostra pelle, non è ancora possibile cogliere, dall’ alto, da quella giusta distanza che permetta di catturarlo d’un tratto, in uno sguardo solo.

La stessa riforma che il governo propone nel segno del “premierato”, anche per chi, come noi, la avversa decisamente e le stesse leggi maggioritarie, non sono che questioni rilevantissime, eppure contingenti, circoscritte e parziali, se viste nel quadro di quella fatica del pensiero e poi della politica finalizzata a disegnare profili istituzionali, normativi, organizzativi che siano capaci di generare una democrazia nuova, vitale, in grado di reggere il peso di una stagione fin d’ ora straordinaria ed impredicibile nei suoi sviluppi che pur dovremmo governare, anziché lasciare che si facciano da sé.

Domenico Galbiati