Il partito “di programma” – di Domenico Galbiati

Il partito “di programma” – di Domenico Galbiati

“Visto da vicino, nessuno è normale”, così disse Franco Basaglia. Un modo, forse inusuale, ma diretto ed efficace per dire che siamo tutti uguali e l’ umanità è una sola, compresi gli alienati mentali, cosicché slabbrarla, lacerarla in due, come fanno le differenze abissali che oggi la attraversano, vuol dire comprometterne il valore per tutti.

“Fratelli tutti”, insomma, e, nel contempo, meravigliosamente diversi. Cosicché nessuno può vantare alcun titolo per ergersi sugli altri e discriminare chiunque e, nel contempo, ad ognuno va riconosciuta la facoltà, il diritto e la capacità, qualunque sia la sua condizione, di concorrere ad arricchire il patrimonio di valore umano della nostra civiltà. Insomma, anche qui, anche guardando all’umanità dolente di cui Basaglia ha voluto riscattare la dignità, torna il valore ontologico, originario, incondizionato ed irriducibile della persona.

Costruire un “pro-gramma” vuol dire letteralmente disporre le azioni che si prevede di compiere secondo un ordine logico, dirigendole ad un fine prestabilito, quindi, farle precedere da un pensiero, comporle secondo le linee portanti di un progetto che, a sua volta, nasca, a monte, da una assunzione di valore e ne dia conto. Curando di non piegare la realtà sociale al proprio abito mentale, rivestendola di supposizioni ideologiche di comodo, bensì’ osservandola con passione, con l’ aperta curiosità di chi riconosce nell’ accadere degli eventi un’ ispirazione o meglio un messaggio, un monito, una indicazione ed una sfida da cogliere.

Non è, dunque, la “persona” nella sua nuda, irrinunciabile perenne novità da assumere come “categoria interpretativa” primaria se vogliamo decifrare le dinamiche controverse della stagione in cui ci stiamo inoltrando? Non è forse la chiave di volta e, ad un tempo, l’unità di misura del tempo post-moderno, adatta a reggere una costellazione di principi che vadano oltre le categorie di un tempo ormai superato?

Capitale e profitto, lavoro e lotta di classe, efficienza, flessibilità e produttività, un’idea ingenua di progresso o piuttosto il ritrarsi della conservazione, consumi e benessere, in fondo la stessa dicotomia “destra-sinistra”, purché si intenda correttamente la cosa. Piuttosto: principio di responsabilità personale, di speranza e di solidarietà, sentimento di attesa, di fiducia, di appartenenza ad un destino comune e coscienza del limite. Quanto più il fenomeno sociale è fatto di piani intrecciati che si sovrappongono e si confondono l’ uno nell’ altro, tanto più bisogna scendere fino alla sua radice ultima e fondativa per poi risalire, per gradi, ai livelli via via più complessi dell’organizzazione sociale, cercando di preservarne la consistenza, cioè la non-contraddittorietà tra i suoi differenti profili.

La persona, poi, evoca necessariamente la “comunità”, costituita dalle relazioni che intercorrono tra i soggetti umani ed ambito necessario perché le persone si affermino come tali e attestino la loro particolare, insopprimibile identità.
A sua volta, la comunità abita un “ambiente” fisico, naturale e culturale, antropico. Persona, Comunità, Ambiente: tre termini che dovremmo assumere come “baricentro” della nostra iniziativa politica, diretta a ricostruire in trasparenza i nuovi fondamentali della nostra convivenza civile. Griglie interpretative che rinviano l’una all’altra, vagliano il ritmo frenetico dei nostri giorni ed attraverso le quali via via si possa dipanare la matassa intricata del fenomeno sociale e ritrovarne il bandolo. Infatti, quanto più gli eventi si moltiplicano, tanto più il ventaglio che li ricomprende per ampliarsi fino a contenerli tutti, deve essere sorretto da stecche che, per allargarsi senza scomporsi, devono essere fortemente connesse tra loro nel punto da cui si dipartono.

Questa complessa organicità di un programma rappresenta un’aspirazione forse coerente con quella pretesa di razionalità che, caratteristica della modernità, è fortemente contraddetta dalla “liquidità” del tempo post-moderno. Il quale, piuttosto che un’analisi sistematica ed ordinata dei processi sociali, sopporta, tutt’ al più, l’esplorazione di un rabdomante che rilevi non più ciascun fenomeno nella sua singolarità e la relativa catena di cause ed effetti che lo connota, ma piuttosto le aree critiche di sovrapposizione che rendono il panorama complessivo difficilmente decifrabile.

Una ragione in più per affrontare con l’umiltà necessaria, in modo metodico e pacato, con il concorso attivo di tutti gli amici di INSIEME, un cammino difficile, per mettere alla prova delle imponenti trasformazioni della nostra stagione storica – questa dovrebbe essere la cifra del nostro impegno – la cultura politica del personalismo cristiano.

Domenico Galbiati