Come andiamo verso le europee – di Guido Puccio
Con le prossime elezioni europee di giugno calerà il sipario sia sulle beghe occulte dentro la maggioranza che sulle contese più rumorose all’opposizione. Almeno c’è da sperarlo.
Si voterà infatti con il sistema proporzionale ed è probabile che i consensi raccolti dai contendenti ci daranno la misura di ciascuno. Non interessa tanto se Lega e Cinque Stelle scenderanno dal trenta per cento al dieci o giù di li; oppure se il Pd si confermerà il secondo partito italiano o ancora se Fratelli d’Italia aumenterà o perderà voti.
Altro dovrebbe interessare.
Primo. La vitalità dello Stato democratico.
Il voto dei cittadini finalmente prenderà il posto del “dibbattito” (copyright Arbasino) limitato alle veline, alle dichiarazioni ufficiali, a quelle non ufficiali, alle controdichiarazioni, alle interviste a go-go, ai talk show televisivi interrotti da applausi, come le partite di pugilato. Oltre naturalmente al giudizio sull’attuale governo, su chi è egemone a sinistra e sui cespugli dell’opposizione.
Come sempre accade, il voto dei cittadini spazzerà via anche qualche personaggio ormai usurato e ci dirà quanto pesa in termini di consenso anche il Capitano (“dei cavalli a dondolo” è stato detto) che ancora una volta non ha perso l’occasione per dirla grossa sulle elezioni russe.
Riaffiorerà cosi per qualche giorno la vitalità dello Stato democratico che vive sempre di libere elezioni, con libertà di espressione, di parola, di opinione, di stampa; anche se al posto dei partiti, con le loro culture radicate, abbiamo salvo poche eccezioni comitati elettorali permanenti.
Secondo. Un’idea del ruolo italiano in Europa.
Ammesso che se ne parli, e non solo nei comizi. Il ruolo del continente sempre più vecchio e accomodato su ciò che resta del benessere diffuso, ma anche meno protagonista nel mondo che cambia e che ora è incendiato da guerre vicine. Una Europa dove incombe silenziosa la crisi demografica, che sarà una tragedia annunciata; dove le migrazioni aumenteranno e ci vedranno sempre più soli ad affrontarle; dove l’economia pur forte rivela segni di stanchezza. Ormai completare la costruzione dell’Europa è diventato solo uno slogan: di unione bancaria non se ne parla più e tantomeno di bilancio comune. Figuriamoci di difesa comune, che non esiste nemmeno nelle premesse.
Che tristezza vedere la costruzione dell’Europa ferma al mercato unico e alla moneta comune ormai da lustri.
Terzo. La percezione che non siamo più che il centro del mondo, che si è spostato dall’Atlantico, e quindi dal Mediterraneo, al Pacifico e all’oceano Indiano.
Anche qui un’area a rischio bellico ma in pieno sviluppo tecnologico e soprattutto in crescita nel valore aggiunto del lavoro. La nostra presenza è modesta, a parte il trading, mentre si profilano conseguenze vitali per quanto incombe su questa area strategica.
Già la guerra a Gaza giunge al Mar Rosso, e quindi al canale di Suez, e sta cambiando l’utilizzo dei porti italiani: i traffici che devono doppiare il Capo di Buona Speranza hanno più interesse ai grandi hub di Rotterdam e di Anversa. Per non dire che cosa potrà succedere con l’apertura delle rotte artiche che favorirà gli stessi porti del Mare del Nord oltre a quelli spagnoli e portoghesi.
Insomma, la campagna elettorale che nel nostro Paese è permanente con le distorsioni che comporta, ed ora si intensificherà per tre mesi. Almeno dopo calerà ancora una volta il sipario.
Cercare di capire quale è e quale sarà il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo sarà sempre più difficile. Ognuno cerca il proprio “particulare”, ma il cambiamento è così rapido che non consente sempre di capire quale sarà l’interesse comune.
Importante sarebbe almeno non vedere l’Europa come l’angelo di Klee, che cammina con lo sguardo bloccato su qualcosa che sembra allontanarsi.
Guido Puccio