La “bandiera bianca” ha un’alternativa? – di Alessandro Risso

La “bandiera bianca” ha un’alternativa? – di Alessandro Risso

Oltre due anni di guerra in Ucraina, senza che si intravedano spiragli per una fine delle ostilità. L’autocrate Putin viene rieletto presidente per l’ennesima volta, potendo vantare presso la sua opinione pubblica un innegabile successo militare con l’occupazione di una porzione di territorio ucraino vasto come tutto il nord Italia. In questo momento di evidente difficoltà del nemico, vuole consolidare l’avanzata e non è disponibile a un cessate il fuoco. Anche Zelensky e lo Stato Maggiore ucraino non vogliono sentire parlare di tregua, che certificherebbe la sconfitta sul campo, chiedono ulteriori aiuti militari e sperano in aiuti anche di truppe occidentali. Eventualità che è cominciata a far capolino a partire dalle dichiarazioni di Emmanuel Macron. Al momento la situazione sul campo, armi alla mano, è questa. Se sia giusto accettare la realtà determinata dai rapporti di forza è una domanda oziosa, in quanto, come spiegava Massimo Salvadori ai suoi studenti di Storia contemporanea, “i rapporti tra potenze sono solo rapporti di forza”. Così come non hanno consistenza gli strepiti sul diritto internazionale calpestato dall’invasione russa: un fatto inequivocabile, ma non si ricorda eguale indignazione per fatti analoghi di segno opposto, come ad esempio l’invasione americana dell’Iraq.

In questo clima di propaganda, di guerra gridata, oltre che combattuta, l’unica voce dissonante è arrivata dall’intervista di papa Bergoglio alla televisione svizzera: “è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. (…) negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare. (…) Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio”. (CLICCA QUI per leggere l’intera intervista).

Francesco ha usato parole di assoluto realismo e buon senso. Ma ha creato clamore sui media, sconcerto nelle Cancellerie e anche in qualche devoto che evidentemente prende per buone le parole del Santo Padre solo quando rientrano nei propri canoni.

Ciò che sostiene Bergoglio non è di parte: semplicemente considera la realtà a 360 gradi, la guarda negli occhi, mette il rispetto della vita e della pace sopra ogni altra considerazione. La guerra è la negazione della vita e della pace, è morte e dolore. La bandiera bianca non è altro che la tregua per far tacere le armi, interrompere la sequela di morti e distruzioni e cominciare a negoziare una nuova convivenza.

Le condizioni per la pace dipendono ovviamente anche dalla situazione bellica sul campo. Oggi ben più sfavorevole all’Ucraina rispetto al marzo 2022, quando grazie alla mediazione turca le due parti erano vicine a un accordo che avrebbe potuto evitare grandissima parte dei 150mila morti pressoché certi sui due fronti (ma sono circa 200mila quelli stimati da fonti americane, cui aggiungere circa 300mila feriti). Ma prevalsero le ragioni dello scontro.

Voglio gridare una banalità: l’alternativa alla bandiera bianca, alla trattativa, alla pace, è solo continuare la guerra. “Combatteremo fino alla vittoria” ha ripetuto ogni volta Zelensky, assecondato da USA, NATO e leader europei assortiti. Che lo dicano loro si può anche capire.

Ma i commentatori nostrani che scrivono “l’Ucraina va sostenuta militarmente fino in fondo”, riflettono su cosa significa per davvero? Vogliamo combattere la Terza guerra mondiale con la sconfitta della Russia? Sogniamo le armate NATO che entrano in Mosca e Putin suicida al Cremlino come fece Hitler nel Fuhrerbunker? E facciamo finta che non esistano l’arsenale nucleare russo (5900 testate) e quello analogo dell’Occidente?

Il negoziato di pace è una strada obbligata, ma molti dovrebbero ammettere i propri gravi sbagli. Ci sono dei responsabili per la scriteriata conduzione della politica occidentale in Ucraina, dove una parte degli strateghi americani ha pensato si potesse instaurare un governo filo occidentale ignorando la linea rossa ribadita da Putin: l’Ucraina non deve entrare nella NATO. Che questa richiesta fosse legittima o no, giustificata o no, non fa differenza: la risposta americana è racchiusa nelle tre imponenti esercitazioni NATO tra 2019 e 2021 in Ucraina, Paese NON membro dell’alleanza atlantica… E la ricomposizione del focolaio di guerra aperto dal 2014 nel Donbass tramite l’attuazione degli accordi di Minsk è stata deliberatamente fatta fallire anche per responsabilità della classe dirigente occidentale. Ma su tutto questo avevo già scritto appena iniziato il conflitto (CLICCA QUI) ed è inutile ripetermi.

E non sottovalutiamo poi il peso dell’industria bellica, capace di condizionare i governi con il suo fatturato complessivo di oltre 2200 miliardi di dollari annui. I mercanti di morte hanno sempre lucrato sulle guerre e ne sono gli unici veri vincitori.

E più la guerra continua con la sua ferocia, più aumenta il carico d’odio, più le prospettive di un negoziato sono lontane. La pace va difesa quando si è in pace, sapendo che non è per sempre, ma va coltivata con pazienza e convinzione. A guerra in corso perseguirla diventa più difficile.

E infine, per favore, basta con la retorica della buona morte in guerra! Retorica che si è aggiornata nel tempo, ma resta sempre insidiosa e unicamente foriera di dolore. Ne avevo già scritto ampiamente (CLICCA QUI) ma giova ripetere. A inizio Novecento andava per la maggiore tra i giovani della buona borghesia inglese e continentale la massima di Orazio: dulce et decorum est pro patria mori. I milioni di morti nel fango delle trincee hanno solo indebolito questa “vecchia menzogna”, come la definì il poeta Wilfred Owen prima di morire sul fronte francese una settimana prima della fine del conflitto, perché la retorica guerrafondaia divenne carattere distintivo dei totalitarismi. Poi dopo la Seconda guerra mondiale abbiamo avuto una certa retorica della Resistenza, la “guerra giusta” per antonomasia. Ma l’unica condizione giusta, tra le persone e le nazioni, è la Pace, perché rispetta la Vita e la Persona che la guerra nega.

Il massimo risultato ottenuto dai “Ribelli per amore”, dai giovani partigiani che hanno combattuto per la libertà dal nazifascismo, è la nostra Costituzione, che all’articolo 11 recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il loro sacrificio ci ha regalato ottant’anni di pace. Cerchiamo di non regredire a un passato di conflitti che noi europei ci eravamo lasciati alle spalle.

Alessandro Risso

Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione I popolari del Piemonte (CLICCA QUI)