Mentre corre la finanza l’industria rallenta – di Guido Puccio
Corrono le Borse in tutto il mondo: da New York a Tokyo e pure a Milano. Rialzi record, ai quali seguono le cosiddette “pause di riflessione” (che sono poi i realizzi di chi guadagna). Quindi riprende la crescita.
Basta un’occhiata a grafici e diagrammi che pubblicano tutti i giornali per avere una idea di quanto stia avvenendo.
Di contro, la produzione industriale perde colpi. Quella gigantesca officina che è la Germania è ancora in crisi e non basta l’industria delle armi o l’energia tornata per ora a buon prezzo per farla riprendere: mancano ai tedeschi le materie prime russe e il commercio cinese. Nell’area comunitaria la produzione industriale perderà nel trimestre il sei per cento, come scrive il Financial Times.
Sono in crisi anche ii consumi, da quelli dei beni durevoli al carrello della spesa. Hanno un bel dire le banche centrali con i loro grigi bollettini ad annunciare che l’inflazione è in caduta. Non te ne accorgi certo al supermercato, dal panettiere o dal farmacista. I prezzi restano alti dopo aumenti che sfiorano sempre il 30-40% e su tali livelli restano.
Ieri l’autorevole Wall Street Journal pubblica in prima pagina l’esempio di un deodorante che in negozio da dieci anni costava quattro dollari ed oggi costa 7,99 e ciò mentre la FED dice che l’inflazione ormai è al tre per cento.
La deduzione è semplice: la finanza va per la sua strada, insensibile all’andamento dell’economia reale. Non è un caso che il volume delle operazioni finanziarie superi i 100.000 miliardi di dollari per non dire dei derivati 30 volte il PIL mondiale. Inutile quindi misurare l’andamento economico prendendo base alla finanza è un altro mondo.
Poi magari arriverà la bolla: a furia di crescere si ferma e crea disastri. E ‘accaduto nel 2018 negli Stati Uniti con i mutui immobiliari “subprime” e più recentemente in Cina con un milione di appartamenti sfitti o invenduti.
La finanza va per la sua strada ma quando si pianta crea disastri ovunque. Chi non ricorda lo sconquasso dell’economia mondiale al tempo non lontano dall’ultima grande crisi finanziaria: sono saltate banche, grandi compagnie di assicurazione, società finanziarie le famose “shadow banks”, cioè le società fantasma, e con loro industrie di prestigio giù e giù fino a piccole aziende e botteghe.
Le borse che salgono stimolano l’euforia e buoni guadagni non tanto per chi investe quanto piuttosto per chi gioca. Come al casinò.
Al tempo della bolla informatica ho visto con i miei occhi, dopo la caduta del colosso dei pc Compaq, ingegneri informatici che si adattavano a lavorare nei supermercati e operai specializzati disponibili a sistemare i giardini, come la manodopera precaria che in molte città americane attende lungo le strade di periferia che passi chi cerca qualche lavoratore a tempo e in nero.
La finanza corre per il buon vivere dei nostri seriosi banchieri ma anche di trader, biscazzieri e pirati: dall’oro ai quasi fantomatici bitcoin. Sale tutto e i profitti di banche finanziarie volano: 21 miliardi di euro guadagnati nel 2023 dalle banche italiane e la tanto annunciata tassazione straordinaria sugli extra profitti ha reso zero, per un cavillo che la manina dell’associazione dei banchieri ha inserito nella legge all’ultimo momento. Oppure, come si dice da noi, di notte, al buio e dietro il cimitero. Ben diverso il caso della Spagna che ha praticamente copiato la nostra legge, senza emendamenti, ed ha ottenuto il maggior gettito di un miliardo di euro.
Con buona pace del Governo che proclamava di destinare l’imposta sugli extra profitti “a chi lavora e alle famiglie”.
Guido Puccio