L’Abruzzo e il “campo largo” – di Rodolfo Carelli

L’Abruzzo e il “campo largo” – di Rodolfo Carelli

Una lezione esemplare salutare quella delle elezioni in Abruzzo. Vince il “campo stretto” della Meloni. Stretto da che? Dal vincolo ben saldo del potere. E dal tentare di scollarsi di dosso il condizionamento di Salvini con una resa dei conti all’interno della Lega già in fibrillazione per la perdita, più che dei voti, del ruolo di maggiore alleato essenziale alla Meloni. Ruolo passato a Forza Italia in virtù dell’accreditamento in sede europea per l’alleanza coi Popolari contro Salvini collocatosi, invece, con l’estrema destra europea.

Nel “campo largo” (centro-centrosinistra -sinistra) la lezione è ancor più salutare. Perché non c’è il collante forte di una strategia politica pur riconoscendo che lo stare insieme è una necessità e che la sola sommatoria anti destra ha chiuso i battenti con l’esperienza di Prodi. Quale la strategia unificante che impedisce ai tronconi del “campo largo” di fare la fine di un camion caricato di tronchi che, ad ogni scossa, se ne perde qualcuno per strada, ansioso d’essere il primo della classe? Mi dispiace per Paolo Mieli che tifa e dà in crescita Elly Schlein nei sondaggi. Ma senza aiutarla a trovare il bandolo della matassa. Eppure Mieli, acuto osservatore, come tutta la classe dirigente PD, ha la colpa gravissima di non aver raccolto il testimone di Aldo Moro “La democrazia matura fondata sull’alternanza” e quello dell’idea del “Cittadino arbitro” di Ruffilli e di Bachelet, vittime sacrificali di quel terrorismo che aveva riconosciuto in loro il vero ostacolo istituzionale alla rivoluzione violenta.

La democrazia matura postulava l’alternanza di due poli con poteri rafforzati di decisione ed altrettanti poteri di reciproche garanzie.

La differenza con il quadro politico di allora è che sul piano politico prevalevano allora due forti partiti alternativi, mentre oggi tante forze parcellizzate che richiedono un disegno istituzionale a garanzia della governabilità e dell’alternanza, per non dare spazio a tentazioni autoritarie. Chi si oppone a questo aggiornamento istituzionale lavora in favore di un ibrido autoritarismo come quello riverberato nel premierato, con l’unica novità di una sola donna al comando.

Chi si duole di un ruolo ancillare del Parlamento, non può disconoscere che nel sistema francese un generale, Charles De Gaulle, pur essendo la situazione favorevole rifiutò l’ipotesi dell’uomo solo al comando! Così nacque il modello vice-presidenziale: due fonti di potere legittimate dal popolo, il Presidente ed il Parlamento, costrette alla convivenza forzata se di diverso orientamento.

Rodolfo Carelli