Un partito “di programma” – di Domenico Galbiati

Un partito “di programma” – di Domenico Galbiati

L’ intesa sottoscritta, lunedì scorso, da Insieme e da Tempi Nuovi (CLICCA QUI), fondata sul comune riferimento alla cultura politica del cattolicesimo liberale, democratico e popolare, com’è stato ampiamente documentato su queste pagine (CLICCA QUI), rappresenta un primo passo esemplare diretto ad arricchire il discorso pubblico del nostro Paese, riproponendo quella voce, ispirata espressamente ad una visione cristiana della vita e della storia, che, almeno da trent’anni a questa parte, è andata affievolendosi fino ad una sostanziale insignificanza. Eppure si tratta della cultura politica che, grazie alla sua naturale impronta “personalista”, aperta ad un contatto vivo ed antiideologico con il mondo reale, è, più di ogni altra, adatta ad interpretare e guidare i fenomeni di trasformazione che attraversano i nostri giorni.

Non si tratta solo, come viene comunemente detto, di riassorbire la cosiddetta “diaspora”, ma, in primo luogo, di riscoprire l’originalità e, verrebbe da dire, l’attitudine creativa e profetica di un pensiero che sia capace di diradare le cortine fumogene che celano al nostro sguarda i profili di un mondo nuovo che muove incessantemente verso di noi.
Senonché il pensiero, oggi più che mai, anziché baloccarsi in quella sorta di autocontemplazione narcisistica in cui cade una certa, pur nobilissima, intellettualità, ha bisogno di farsi “azione”, vagliando alla prova dei fatti le suggestioni, le categorie interpretative, i criteri e gli indirizzi che esprime, dando vita ad una interazione tra il momento dell’ ideazione e l’ istante della prassi che non ha mai fine.

Pensiero ed azione sono destinati ad affinarsi reciprocamente e questa connessione necessaria rappresenta la chiave di volta della politica. In altri termini, per restituire a quest’ultima il primato che ha smarrito, via via smantellato da altri poteri, ci vuole una visione del mondo, una cultura che dia vita ad un progetto e ad un programma. Ed è questa capacità programmatica a dover rappresentare il termine di confronto attorno a cui consolidare ed ampliare il processo che Tempi Nuovi ed Insieme hanno congiuntamente avviato. Un percorso che assuma come cifra distintiva del proprio impegno la concezione cristiana della vita, dev’essere cosciente dell’ onere e della grave responsabilità di cui si fa carico.

E’ difficile, forse proibitivo essere davvero all’ altezza di un tale compito, esposti al rischio di compromettere, presso chi non crede, con la nostra insufficienza, il nome “cristiano”. Stabilire dove e come avviene la connessione tra l’ universalismo della religione e la particolarità della politica non è impresa da poco e soprattutto si tratta di una sfida che va ripresa da capo in ogni nuovo frangente della vicenda umana.

La Parola è rivoluzionaria e profetica. Trascende ogni contingenza storica, va oltre la capacità della politica di “comprenderne” la provocazione. In modo particolare, in una società secolare – o già “post-secolare”, come taluni sostengono? – la linea di contatto tra i due suddetti versanti deve essere rappresentata, in primo luogo, dalla capacità della politica di farsi carico di quello che Aldo Moro chiamava lo “Stato del valore umano”. Ed, a sua volta, quest’ultimo, il “valore umano” delle nostre società sviluppate e mature, va ora rivendicato, in primo luogo, nei termini di politiche dirette ad un progressivo riassorbimento delle diseguaglianze che lacerano il tessuto sociale, feriscono la dignità delle persone, compromettono il loro pieno diritto di cittadinanza.

Le diseguaglianze non sono solo economiche, sono ben altro, implicano fenomeni, ad esempio, di povertà educativa e culturale che rappresentano una vera e propria diminuzione di umanità che, alla lunga, ricade su tutti, anche su chi “diseguale” non è. Su questo terreno si devono misurare, integrandosi tra loro, anzitutto, le politiche del lavoro e della famiglia, della scuola, dell’ educazione e della cultura, della sanità. In modo particolare, politiche che sappiano guardare alle età estreme della vita e siano in grado assumere le fragilità come potenziali risorse. (Segue)

Domenico Galbiati