Dopo la Sardegna, l’ira funesta

Dopo la Sardegna, l’ira funesta

Quando un politico reagisce ad una sconfitta elettorale – come succede in questi giorni a Giorgia Meloni, dopo la sonora sberla delle regionali sarde – con rabbia mal trattenuta e scomposta, addirittura attaccando il Presidente della Repubblica, c’è da dubitare seriamente della sua capacità di leadership.

I veri leader sanno navigare di bolina e comprendono come, per avanzare controvento, ci voglia maestria e concentrazione e freddezza nel governare le vele. Ci vuole pazienza ed umiltà. La capacità di trattenere ed addomesticare, come in ogni situazione difficile e complessa, le proprie emozioni, senza lasciarsi prendere la mano e scaricare la tensione nervosa sulle manovre da eseguire. Che Palazzo Chigi attacchi il Quirinale è, al contrario, un caso da manuale di smarrimento della giusta misura.

Le parole gratuite e sgradevoli che la Meloni, pur senza nominarlo, ovviamente, ha dedicato a Sergio Mattarella “esternalizzano” un’inquietudine che evidentemente non si riesce a trattenere in quello spessore della propria interiorità, dove un vero leader saprebbe farle spazio ed ospitarla, così da poterla metabolizzare e volgere al meglio. Navigare con il vento in poppa, quando una fortunata combinazione di eventi gonfia le vele non è difficile ed, anzi, può generare una ingenua e fasulla impressione di invulnerabilità, da cui è necessario guardarsi.

Se si eccede nella contemplazione del proprio “io”, se l’ autostima supera un certo livello di guardia, ci si arrampica sui pinnacoli scivolosi del compiacimento di sé e il risveglio può essere brusco. Una semplice battuta d’arresto può provocare una penetrante, sottile, inconfessata eppure persistente minor fiducia nei propri mezzi da perturbare seriamente la performance di cui si è capaci. Ma questo può valere in generale e non è certo il caso di … Giorgia Meloni.