L’Autonomia differenziata … senza una lira … – di Massimo Maniscalco
Un partito che voglia definirsi “d’ispirazione cristiana”, deve partire da quanto comandato nelle Scritture: “Dite sì, quando è sì; il resto è del Maligno”. Il fine dell’attività politica, legislativa, amministrativa dev’essere il Bene comune e non il “bene” di partito o di fazione; rispettare questa impostazione fa parte dell’etica.
“Le democrazie muoiono quando i democratici non agiscono[1]”. “Il dramma di questo tempo storico è la crisi della Democrazia; si dà per scontato un bene che non lo è più. La Democrazia, eccezione nella storia dell’Umanità, oggi è sotto assedio[2].”
Problema: una porzione di cittadinanza e di rappresentanza politica non ha mai accettato che la Forza della Volontà venga limitata dal Potere della Legge.
“Questo Disegno di Legge[3] è uno dei disastri giuridici più imponenti della storia del Paese.[4]”. “Un Regionalismo Differenziato va sviluppato in modo coerente, modificando altre disposizioni costituzionali, oppure è meglio rinunciarVi[5]”. Sarebbe altrimenti parziale ed agevolmente impugnabile innanzi alla Corte Costituzionale; potrebbe trascorrere un tempo lungo, prima della concreta entrata in vigore ed a perdere, in termini di certezze giuridiche, sarebbero i cittadini italiani.
Adesso sembra essere in presenza di modifiche apparentemente amministrative, dalle quali derivano conseguenze sulla legislazione nazionale, in difformità con quanto previsto dall’articolo 117 della Costituzione. La definitiva approvazione della Legge in tema di Autonomia differenziata controbilanciata dall’approvazione definitiva di una Riforma costituzionale in tema di Premierato, costituirebbe la fine della Repubblica italiana quale da noi vissuta dal dopoguerra ad oggi.
Il baratto tra progetti (Autonomia Differenziata e Premierato) a cui chi scrive ha già accennato in precedenti riflessioni, dovrebbe\deve essere contrastato senza esitazioni ed incertezze da un partito e dai politici che si professano e vogliono essere riconosciuti d’ispirazione cristiano.
Qualunque istituto o progetto di legge da esaminare, va realizzato in ossequio alla Costituzione, la quale all’articolo 3 prevede e prescrive che tutti i cittadini debbano godere dei medesimi diritti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale; ove la capacità fiscale fosse insufficiente per il raggiungimento del risultato, deve intervenire il Fondo di perequazione, congruamente dotato, in ottica di realizzazione del fabbisogno. La Costituzione ha stabilito altresì che la Perequazione (di cui sopra) deve essere “integrale”.[6]
I costi per rispettare i Livelli Essenziali di prestazioni, come sopra previsti, sarebbero esorbitanti e, al momento, non sono né quantificati né previsti e, conseguentemente, non disponibili.
L’Ufficio studi del Servizio del bilancio del Senato ha espresso pareri decisamente fortemente critici circa il disegno di Legge sull’Autonomia differenziata, dal punto di vista tecnico; documento presto ritirato, quasi che fosse stato un errore renderlo pubblico.
Un emendamento, presentato da Fratelli d’Italia ed approvato, prevede, ciò nonostante, che i fondi per coprire gli eventuali maggiori oneri legati all’attuazione dei Livelli Essenziali (ma anche costituzionalmente Uniformi) di prestazioni, siano aumentati anche a favore delle regioni che non abbiano chiesto l’Autonomia differenziata. Tale emendamento, auspicabilmente, metterebbe al riparo da altrimenti inevitabili diseguaglianze le regioni meridionali, consentendo una gestione centralizzata dell’erogazione delle risorse. Avrebbe ottenuto, altresì, che finché non sarà economicamente disponibile il finanziamento per i LEP\LUP (il che vuol dire un orizzonte di oltre 24 mesi dall’approvazione definitiva della legge), l’Autonomia differenziata, in via di fatto, non è e non sarà cogente; la disponibilità dei fondi deve essere attuale e presente, non progettuale e futura.
“L’Autonomia non può essere varata da entrambi i rami del Parlamento se, prima, non sono stati quantificati dal Parlamento, esplicitamente, i Livelli Essenziali (ma anche Uniformi) delle Prestazioni[7]”, in uno schema che preveda la coesione, la convergenza e la perequazione[8] sociale ed il riequilibrio territoriale, in modalità rispondente al dettato costituzionale, comprese le fonti di finanziamento.
La Commissione LEP, presieduta da Sabino Cassese, invece, non ha ancora dato notizia della data alla quale i lavori riprenderanno[9]. Il Governo disporrà di un periodo di ventiquattro mesi per determinare i Livelli Essenziali\ Uniformi di prestazioni nonché reperire le relative coperture finanziarie, prima che possano iniziare i confronti tra Governo e regioni.
Allo stato delle attuali conoscenze, manca, quindi, qualunque riferimento circa le quantità del fondo, le modalità e le garanzie di riequilibrio sul fronte delle Prestazioni Essenziali tra le diverse aree del Paese.
“Ogni aumento di spesa o riduzione di entrata, anche nell’ambito di Riforme quali quella dell’Autonomia Differenziata, non potrà prescindere dall’identificazione di coperture strutturali e certe[10]”. “E’ una palese presa per fondelli degli italiani, perché anche definendo dei LEP minimali, non ci sono i soldi per finanziarli; l’Autonomia non si attuerà mai e resterà solo sulla carta[11]”. C’è chi scrive di una cifra necessaria oscillante fra gli 80 ed i 100 miliardi di Euro. C’è chi ribatte che i LEP per gli asili nido sono già stati definiti ed il costo per uniformare il servizio in tutta l’Italia è di circa un miliardo.
Stante quanto sopra, fin che mancheranno, come adesso è evidente che manchino, i fondi per garantire la certezza dei Livelli Essenziali\Uniformi di prestazioni, l’entrata in vigore di qualunque norma al riguardo dell’Autonomia differenziata a finanza invariata[12] è sostanzialmente impossibile: finora non è stato fatto alcun investimento sul tema: siamo al livello di flatus voci, altrimenti definibili ectoplasmi.
Una riforma che entrasse in vigore in assenza di nuove risorse da parte dello Stato sarebbe una riforma impossibilitata a raggiungere l’indispensabile obiettivo di garantire, ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione, l’eguaglianza di tutti i cittadini nei confronti della Legge.
“I primi a sapere che non ci sono i soldi per finanziare i LEP sono Salvini e Calderoli[13]”. La Lega spera di ottenere l’approvazione definitiva della Legge de quo prima della data di celebrazione dell’elezioni europee. Difficile che ciò possa avvenire, sia per le ragioni formali che per le ragioni sostanziali sulle quali questa riflessione cerca di fare chiarezza.
Il Vaticano ragiona, dubita, si interroga: “E’ un modo perché l’Italia possa diventare più solidale?[14]”. FdI[15] evidenzia che “è stata vincolata la devoluzione al raggiungimento degli stessi Livelli Essenziali di prestazioni”.
Per PD e M5S gli squilibri, senza fondi per la perequazione integrale, non sono ancora rimossi e rappresentano un limite alle intese tra Governo ed aree diversamente attrezzate. Governatori e sindaci dem parlano di “bluff”, “truffa”, “scambio politico”, mettono in discussione che l’attuale testo non garantisca al Mezzogiorno uniformità di Diritti e prestazioni.
Attenzione! Come sopra già scritto, il Fondo perequativo con una dotazione di 4,6 miliardi di Euro è stato integralmente prelevato dal Governo.
L’articolo 4 del Disegno di Legge Calderoli precisa che il “trasferimento delle funzioni alle singole regioni che ne faranno richiesta, sarà concesso solo dopo la determinazione ed il finanziamento dei Livelli Essenziali di prestazioni
In tema di Livelli Essenziali\Uniformi di prestazioni, che lo Stato deve garantire a tutti, essi saranno approvati per Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, DPCM.
Le materie sulle quali lo Stato dovrà assicurare i LEP, potranno essere devolute alle Regioni solo dopo essere state finanziate; ma Bankitalia ha messo nero su bianco che questo “non implica che le Prestazioni individuate come Essenziali siano adeguatamente finanziate ed effettivamente erogate”.
Ciò, allora, cosa implica per i cittadini?
Prima dell’approvazione da parte di entrambe le Camere, ad avviso di chi scrive, dev’essere anche risolto il tema relativo al rispetto dell’Articolo 11 della legge Costituzionale numero 3 dell’anno 2001: “Sino alla revisione delle norme del Titolo I della parte seconda della Costituzione ……”. Riforma, rimasta bloccata sulla carta dall’incipit dell’articolo 11 della Legge Costituzionale. Insomma: c’è un buco irrisolto nel sistema, che suggerisce opportuni approfondimenti prima di porre in essere norme basate su presupposti inesistenti o censurabili.
“C’è un tema di illegittimità Costituzionale perché il il testo Calderoli vuole essere una Legge procedurale, ma al suo interno nasconde una Legge organica, che è quella con cui si definiscono le regole con cui si approva l’intesa tra Governo e Regioni, senza che il Parlamento abbia la possibilità di modificarle”.[16]. Pare che le leggi procedurali non possano essere oggetto di Referendum.
Conseguente, l’approvazione parlamentare della Legge sull’Autonomia differenziata non comporterà automaticamente la sua immediata applicabilità, a causa di incompatibilità con previsioni costituzionali in tema di eguaglianza ( i Livelli Essenziali di prestazioni, diritti civili e sociali da garantire in tutte le regioni non determinati in modo uniforme per tutti), oppure di perequazione (con il capitolo attualmente senza fondi).
Specularmente, in termini politologici, sembra impossibile raggiungere, senza la contestuale[17] approvazione della legge sull’Autonomia differenziata a finanza costante, una maggioranza parlamentare disponibile ad approvare una legge, ancorché profondamente rivista rispetto al testo fin qui reso noto, “madre di tutte le riforme”, il Premierato.
Il concreto oggetto di tanto agitarsi altro non è che la nuova calibratura dei rapporti di forza politica all’interno del destra\centro di Governo, stante che i due partiti attualmente minori faticano a dimenticare quali siano stati, in passato, i consensi conseguiti rispetto a quelli di Fratelli d’Italia; “i leader Meloni e Salvini sono ai ferri corti e scaricano sulla pelle del Paese e sulle sue Istituzioni democratiche, in sostanza sui cittadini, i conflitti che sono incapaci di mediare a livello politico”[18]; trattasi di ultimatum che la maggioranza di Governo dà a se stessa[19]; il tutto impegnando il Parlamento in attività che con il Bene comune dei cittadini non ha, allo stato attuale, riferimento alcuno. chi scrive ritiene invece che non dovrebbe essere neanche il caso di ribadire che il rispetto della Costituzione e l’unità del Paese devono essere condizione ed obiettivo irrinunciabili dell’azione pubblica, da attuarsi sempre in ottica di Bene comune della collettività e mai in ottica di interessi particulari.
Il tutto, ove si volesse arrivare a risultati, non soltanto parziali e formali, in un momento storico in cui è il Parlamento ad essere in crisi, dopo l’approvazione dell’Autonomia differenziata al Senato, dovrebbe svolgersi prima del 9 giugno 2024, data di inizio delle votazioni per il rinnovo della governance europea, nel breve volgere, cioè, di soli quattro mesi.
I pareri di coloro i quali ritengono e dichiarano[20] che i risultati attesi siano impossibili da conseguire sono condivisili ed apprezzabili.
Ciononostante, la riforma “Autonomia differenziata”, in data 16 gennaio inizia il proprio iter in aula al Senato, mentre la riforma “Premierato” il suo in Commissione Affari costituzionali, sempre del Senato; e ciò nonostante non vadano nella direzione che è davvero necessaria e cioè il rafforzamento del Parlamento di cui l’Italia ha bisogno.
Dalla pratica del baratto non si riesce ad uscire. In più, il “Premierato”, secondo quanto dato per certo da molti, dovrà affrontare il passaggio del referendum, i cui precedenti non sono rassicuranti per chi sponsorizza l’iniziativa
Massimo Maniscalco