Questo Paese ha bisogno di più solidarietà e di pensare meno agli schieramenti- di Giancarlo Infante

Questo Paese ha bisogno di più solidarietà e di pensare meno agli schieramenti- di Giancarlo Infante

Il 18 gennaio si terrà un convegno a Roma organizzato da Tempi nuovi, che ha la principale figura di riferimento in Giuseppe Fioroni, dal titolo “L’Appello di Sturzo tra progressisti e conservatori”. Il convegno vedrà la partecipazione di rappresentanti di quell’area ampia che, in teoria, potrebbe davvero dare vita alla novità di creare quell’ elemento centrale diretto ad assicurare la definizione di un “baricentro” del sistema politico italiano. Quel “baricentro” tanto necessario al Paese e di cui siamo stati i primi ad auspicarne la nascita a partire dall’oramai lontano luglio 2020 (CLICCA QUI QUI) quando ancora non si era tanto diffusa, così com’è oggi, anche grazie al lavoro di Politica Insieme e di Insieme, la consapevolezza della necessità di lavorare al superamento del sistema bipolare.

Ho usato il termine “in teoria” perché la recente esperienza c’ha portato, nel frattempo, a cocenti delusioni. Quali sono state, in successione, la nascita e la morte del cosiddetto Terzo polo e, poi, il tentativo di dare vita ad una ricongiunzione di molti dei movimenti popolari e cristiani democratici, così come fu pensata e definita il 25 febbraio dell’anno scorso (CLICCA QUI).

E’ evidente come l’incontro di dopodomani raccolga più di ciò che sta nel recinto del popolarismo. In questo può esserci, assieme, una ricchezza potenziale e una problematicità. E questo perché, inevitabilmente, si fanno sentire le elezioni europee con tutto il carico di elementi positivi, un elemento vitale, le passioni che un impegno elettorale suscitano. Ma anche con delle oggettive questioni che si presentano critiche. Sappiamo dei problemi che permangono tra quanti avevano avviato e, poi, chiuso l’esperienza del Terzo polo. In più, esistono diversità d’opinione sulle scelte da fare per quanto riguarda la collocazione nelle grandi “famiglie” che concorrono a formare il Parlamento di Strasburgo. Resta pertanto da chiarire il punto della caratterizzazione, “dell’abito” che s’intende adottare nel partecipare alla chiamata al voto per Strasburgo.

Il titolo del convegno di giovedì 18 si presenta a questo proposito molto intrigante. Perché don Luigi Sturzo andò oltre quel “tra” che divide progressisti e conservatori. Per una scelta che egli aveva sempre ben definita, ma che si trovò poi a più nettamente ad esplicitare con l’emergere dello scontro con il fascismo: il conservatorismo era da considerare il vero avversario del popolarismo.

Di nuovo, nelle condizioni attuali, c’è la necessità di chiarire quale sia una possibile scelta progressista per i popolari. Non solo per restare nella continuità sturziana, ma soprattutto nella considerazione dei problemi strutturali del Paese e del complesso quadro europeo. Purtroppo, è anche lo stesso Partito popolare europeo a contribuire ad una certa indeterminatezza presentandosi esso diviso al proprio interno tra la prosecuzione della cosiddetta “alleanza Ursula” e il tentativo di Weber di aprire ai conservatori. D’altro canto, non mancano i problemi nell’altro fronte e si tratta, per ciò che riguarda ad esempio Emanuel Maron e Renew Europe, cioè il progressismo d’impronta liberista, di sapere quale sia il tasso di popolarismo che c’è intenzione di accogliere.

Io credo che ci debba essere la forza, e la capacità, di andare al cuore dei problemi che oggi hanno dinanzi quanti restano convinti popolari e cristiano democratici. La scelta progressista non è e non può essere solo confinata nella valutazione dello schieramento in cui collocarsi.

Ancora oggi, essere popolari significa lavorare per innestare negli equilibri sociali, negli assetti istituzionali e nella vita quotidiana dei cittadini un tasso in più di solidarietà, d’inclusione e di sostegno per le componenti del ceto medio e delle fasce crescenti dei più deboli.

Per questo partecipammo con convincimento al 25 febbraio del 2023 (CLICCA QUI). E riteniamo che a quel punto si debba tornare superando, collettivamente, limiti e vizi mostrati in questi anni da gran parte dei cattolici interessati alla partecipazione alla vita politica. E sapendo anche che i popolari hanno un grande patrimonio da mettere in campo con delle basi specifiche, particolari ed autonome da far valere agli occhi degli italiani.

Intanto, la grande e decisiva battaglia contro lo stravolgimento della Costituzione. E già sarebbe bene che, tra due giorni,  nel corso del confronto con le altri voci partecipi a questa potenziale area più larga, si ponessero due questioni importanti, per quanto riguarda sostanza e spirito costituzionale, quali sono quelli del premierato e dell’autonomia differenziata. Verrà una voce chiara comune in questo senso?

L’altro grande impegno non può che essere costituito dalla difesa dell’universalità della Sanità e della Scuola, questioni su cui sono evidenti i grandi passi indietro che il Paese è costretto a registrare.

Esistono, poi, i temi del cambiamento della politica economica, di quella del lavoro e della fiscalità e del Mezzogiorno. Su tutti questi versanti, non possiamo certo rinunciare ad opinioni e visioni che non ci fanno stare  pienamente, come accadde a Sturzo, né con i liberali né con i socialisti. E ciò vale a maggior ragione sui temi etici più sensibili che richiamano al senso della Vita e alle relazioni interpersonali. Un confronto vero e leale è più che mai necessario.

Resta dunque la necessità che i popolari e i cristiano democratici, senza venire meno alla loro naturale propensione al dialogo e alla collaborazione con altre culture politiche, mettano in campo un rinnovato patrimonio concettuale che facciamo risalire a don Luigi Sturzo: quello della essenza programmatica e di una politica di servizio individuata e coerentemente condotta sulle cose. Un insieme del tutto originale. Proprio di una tradizione di contenuti e di metodo che salvaguarda, insieme, il senso dell’autonomia e lo spirito della “coalizione”. Una specificità di pensiero, e nel concepire l’azione popolare, che non è un elemento di separatezza, bensì un autentica partecipazione all’arricchimento complessivo dell’intero Paese su basi certe e chiare.

Giancarlo Infante

Questa la locandina del convegno del 18 gennaio 2024