Un altro silenzio dell’Europa: lo Yemen

Un altro silenzio dell’Europa: lo Yemen

Da due mesi piovono missili e droni sulle navi mercantili che attraversano il Mar Rosso, il Golfo di Aden e il Mare Arabico, lanciati dallo Yemen. In Europa tutti zitti, solo qualche chiacchiera.

Già a dicembre il traffico mercantile in quell’area si era ridotto dell’ottanta per cento e per avere una idea delle conseguenze solo tre mesi fa se una impresa italiana, anche di modeste dimensioni, doveva spedire o vendere ad altra di Shanghai un container via mare aveva un costo di seicento dollari. Oggi il costo e di cinquemila dollari.

Davanti alla nuova crisi in Medio Oriente la risposta militare è solo quella degli americani e degli inglesi mentre qualche altro paese si affida solo alle parole.

L’Italia, come al solito, è ambigua: il nostro ministro degli Esteri afferma che ci vuole un voto del Parlamento e non sottoscrive nemmeno un documento d’intesa irritando gli alleati. Lo rivelano Al Jazeera e i quotidiani inglesi e francesi, mentre i nostri giornaloni lo ignorano. Eppure, si tratta di liberare le vie del mare dalle quali dipende  anche la nostra economia. All’apparenza, gli obiettivi sembravano solo i mercantili diretti al porto israeliano di Eilat. Di fatto sono diventati tutti quelli possibili contro l’Occidente.

Per non dire dei rischi di una nuova crisi delle risorse energetiche, con il prezzo del petrolio che non esplode ben oltre i cento dollari al barile solo per la maggiore produzione dei Paesi del Golfo.

Ma noi stiamo fermi, in attesa di un dibattito parlamentare dal quale emergerà di tutto, con il partito di maggioranza probabilmente favorevole, la Lega ambigua, Forza Italia astenuta, Pd diviso e Conte contrario. Tanto per cambiare.

In effetti, nel Golfo di Aden c’è una nave da guerra italiana, che però non partecipa all’operazione avviata dagli anglosassoni. Il ministro della Difesa dice che abbiamo solo sessanta missili, ma per sua fortuna non c’è il voto del Parlamento. Nel contempo  il nostro equipaggio “vigila” come l’ammiraglio Pellion Conte di Persano “vigilava” con la flotta dei Savoia al largo delle Tremiti quando doveva fermare la flotta austriaca diretta verso Gaeta, nel corso della Terza guerra d’indipendenza. Avvistati gli austriaci a sud delle isole, il ministro De Pretis telegrafava all’ammiraglio chiedendo cosa stesse facendo. La risposta ugualmente telegrafica dell’Ammiraglio fu che  “controllava il mare”, cioè “vigilava”.

Sarà interessante conoscere la posizione dell’Unione europea che, però, non si saprà prima di mercoledì prossimo, se va bene, mentre il Gabinetto inglese ha impiegato dieci minuti nella notte di venerdì per decidere.

Certo, si è parlato di navi da guerra dei Paesi dell’Unione per dare supporto alla protezione dei mercantili. Ma sono tre mesi che dallo Yemen sparano droni e missili mentre a Bruxelles ci si limita a parlarne. Più recentemente, solo i sistemi d’intercettazione negli americani hanno evitato disastri

Chissà se questa sarà una delle occasioni per parlare concretamente di un’organizzazione di difesa comune europea.

Tutti speriamo che le guerre in atto non si estendano, altrimenti la difesa comune europea sarà pronta quando tutto sarà finito.

Guido Puccio