Abbiamo bisogno di partiti a dimensione europea – di Domenico Galbiati

Abbiamo bisogno di partiti a dimensione europea – di Domenico Galbiati

La consultazione elettorale del prossimo mese di giugno associa e sovrappone l’ elezione dei membri italiani del Parlamento Europeo ed una importante tornata amministrativa locale che concerne migliaia di Comuni e più Regioni. Il che, in certo qual modo, impone al nostro sistema politico l’obbligo di connettere ed interpolare due diffidenti registri sia sul piano delle alleanze, che in ordine alle priorità su cui insistere ed, infine, circa l’ impianto, le modalità, lo stile della comunicazione.

A prima vista potrebbe sembrare per tutti i partiti una pietra d’ inciampo, ed, invece, è piuttosto un’opportunità rilevante. Purché la si sappia cogliere in un contesto in cui la vita politica dei singoli Stati è, sempre più, per molti aspetti, una variabile dipendente dalle relazioni internazionali. Senonché, in tutti i Paesi dell’ UE e non meno qui da noi, vale ancora un paradigma a rovescio.

Il punto focale dell’elaborazione programmatica, del confronto politico e della composizione delle alleanze, a maggior ragione la competizione elettorale è talmente orientata alle dinamiche interne da pretendere che siano quelle europee ad essere rese funzionali alle prime e non viceversa. In fondo, è comprensibile che sia così in un cammino verso l’unità politica dell’ Europa talmente faticoso da impedire che si possano serenamente abbandonare gli appigli tradizionali ed infilarsi su per una scalata impervia, senza la ragionevole certezza di trovarne altri altrettanto solidi.

Questo vale anche sul piano di quella progressiva traslazione delle “sovranità nazionali” nel quadro più evoluto e strutturalmente necessario di una “sovranità’ europea”, tutta da costruire. Eppure, tutto ciò è un grave limite e costituisce, nel contempo, una sorta di “feed-back” negativo, tale per cui il processo di unità europea meno avanza, meno avanzerebbe, cioè procede, ma in progressiva frenata.

Le cause sono molte, ma una è sicuramente rappresentata dall’ impianto rigorosamente “nazionale” dei partiti politici, cioè di quegli attori del confronto che sono strutturalmente inadatti ad affrontare il quadro complesso e complessivo della tematica europea. Infatti, devono, per forza di cose, affrontare quest’ ultima con un bottino di consensi elettorali – e, dunque, di autorevolezza – costruito non ah hoc, bensì in ragione delle posizioni che ciascuno di essi assume in ordine alle politiche interne di ciascun Paese. E’ un po’ come osservare un panorama guardando in un cannocchiale alla rovescia e, quindi, falsando radicalmente la prospettiva. Anziché avvicinare l’ immagine e consentire di coglierne meglio i particolari, la si restringe a tal punto da risultare indecifrabile. In altri termini, se vogliamo accompagnare, accelerare, arricchire di significati politici forti il percorso verso l’unità dell’Europa, è necessario pensare effettivamente alla costruzione di partiti a struttura e dimensione espressamente europea. E tali da rappresentare non mere aggregazioni di indirizzi dispari che trovano comodo “fondersi”, per così dire, accomodando al meglio differenze di riferimento culturale spesso significative, pur di ottenere una “numerosità” di gruppo sufficientemente rilevante, in ordine agli equilibri parlamentari da sancire.

Si tratta, piuttosto, di costruire forze organizzate su scala europea che diano conto sul piano della proposta politica delle correnti di pensiero che storicamente innervano la cultura europea. Considerando la cosa seriamente anche sul piano della organizzazione di partiti cui il singolo cittadino possa aderire direttamente a livello europeo, in modo tale che i loro distaccamenti nazionali corrispondano, in certa misura, ad esempio al ruolo che oggi, nel nostro Paese, i partiti assegnano ai loro livelli regionali.

E’ troppo augurarsi che la consultazione europea successiva alla prossima possa davvero vedere in campo partiti europei, cui pensare fin d’ora?

Domenico Galbiati