La morte dei tre soldati ostaggi uccisi dagli stessi israeliani spiega cos’è questa guerra

La morte dei tre soldati ostaggi uccisi dagli stessi israeliani spiega cos’è questa guerra

La vicenda dei tre soldati israeliani presi da Hamas e tenuti ostaggi in Gaza City, ed uccisi dai propri commilitoni, diventa simbolo estremo della volontà di vendetta che anima Netanyahu. I morti dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza stanno per toccare la cifra di 19mila di cui poco meno della metà donne e bambini. E il modo in cui il Governo costringe i militari israeliani a portare avanti la guerra, su cui da tempo pende l’accusa di essere piena di crimini condannati dal diritto internazionale, fa dubitare sul fatto che uno degli obiettivi proclamati dopo il feroce attacco di Hamas del 7 ottobre, quello della liberazione degli ostaggi, sia davvero così preminente.

I dubbi non sono avanzati solo dagli osservatori esterni. Oramai pervadono i familiari degli ostaggi ancora in mano di Hamas, oltre che gran parte della pubblica opinione israeliana che ha dato chiari segni di volersi liberare al più presto del suo Primo ministro. Il quale sembra essere diventato un problema nel problema, più che essere in grado di portare ad una soluzione.

Da quello che riporta anche la stampa israeliana, l’uccisione dei tre giovani soldati sia il frutto di una vera e propria esecuzione a sangue freddo, visto che avevano chiesto aiuto in ebraico e mostrato una drappo bianco. The Jerusalem Post riferisce addirittura che già da due giorni erano stati trovati alcuni messaggi su delle macerie con richieste di aiuto da parte dei tre(CLICCA QUI) che, forse, erano riusciti a sfuggire al controllo dei loro carcerieri di Hamas. Una vicenda che la dice lunga sul tipo di battaglia in corso e che fa temere si rispettino molto poco, se non affatto, le regole di guerra previste dal diritto internazionale.

Che dire, poi, dell’uccisioni di due donne inermi avvenuta ieri dentro l’unica chiesa cattolica di Gaza. Cosa che ha suscitato l’indignazione del Patriarca cattolico di Gerusalemme da cui è venuta la conferma dell’assenza di miliziani di Hamas all’interno degli edifici religiosi presi di mira senza giustificazione alcuna da parte dei militari di Netanyahu. E, ancora, dell’ennesima azione contro giornalisti che ha portato all’uccisione di un cameramen di al Jazeera. L’emittente televisiva araba ha deciso di segnalare il fatto al Tribunale internazionale.

Ci sono pure i resoconti di quanto avviene in Cisgiordania dove a quella dell’esercito, che da anni si comporta come una vera e propria forza di occupazione, si è aggiunta l’opera di molti coloni impegnati più che mai in operazioni di “pulizia etnica” del tutto simili a quelle cui purtroppo abbiamo assistito nel passato, anche in Europa e nei Balcani.

Netanyahu è tornato a parlare  di andare avanti fino alla vittoria “assoluta”. Eppure, sono stati i vertici del suo stesso esercito a parlare di una guerra che potrebbe, invece, durare mesi e mesi, mentre molti analisti internazionali non vedono dei grandi successi, a parte le distruzioni condotte a Gaza in quasi due mesi di indiscriminati bombardamenti. E sembra che ad oggi l’operazione militare israeliana sia già costata la vita di 110 soldati dello Stato ebraico raddoppiando il numero delle vittime della precedente invasione di Gaza del 2014.

Questa cieca vendetta di Netanyahu appare così ancora meno giustificata e spiace vedere come molti responsabili politici occidentali, quelli dei valori, quelli dei diritti, continuino farisaicamente a non porsi il problema della coerenza con l’atteggiamento fermo tenuto nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina. Basta applicare sanzioni ai più fanatici e criminali tra i coloni in Cisgiordania o si deve passare ad occuparci di chi li aiuta e dà loro la più piena impunità?

Non è giustificabile quanto avvenuto il 7 ottobre, ma neppure si può accettare quel che ne è seguito con una risposta sproporzionata e senza prospettive da parte di Israele che non sia quella di immergersi ancora di più in uno stato di continua a guerra.

E pensare che è da tanto tempo che pure taluni esponenti dei vertici militari e del Mossad israeliano denunciano, tra le altre cose, il regime di segregazione in atto in Cisgiordania, cosa di cui pure noi ne abbiamo dato conto già prima del 7 ottobre (CLICCA QUI).