Pieter Paul Rubens: tra i gioielli della Galleria Borghese – di Giuseppe Careri

Pieter Paul Rubens: tra i gioielli della Galleria Borghese – di Giuseppe Careri

Nelle magnifiche sale della Galleria Borghese a Roma, tra i tanti gioielli della pittura e della scultura del ‘600, un posto d’onore tra i giganti dell’arte pittorica e della scultura è occupato da Pieter Paul Rubens. Sono oltre cinquanta le opere di Rubens provenienti dai più importanti musei del mondo, tra cui il Louvre, la National Gallery, il British Museum, il Prado, solo per citarne alcuni. Nonostante sia ricordato come il pittore di Anversa, Rubens nacque a Siegen, nell’attuale Germania nel 1577.

L’ingresso alla prima sala del museo Borghese ha un impatto maestoso. Sotto i magnifici affreschi del soffitto, appare come per incanto la bellissima statua di Gian Lorenzo Bernini: il ratto di Proserpina realizzata con il marmo di Carrara nel lontano 1621/1622. E’ un racconto mitologico del rapimento della dea da parte di Plutone, Dio degli inferi. Il bianco del marmo, l’espressività dei volti colti nel momento del rapimento, con Plutone che avvolge il corpo di Proserpina, dà il senso del possesso, della violenza del rapimento e della disperazione della fanciulla che tenta invano di divincolarsi dalle potenti braccia di Plutone.

Oltre la sala che ospita la statua bianca di Proserpina, come per magia ci appaiono altri quadri di Rubens. Il Cristo risorto della Galleria degli Uffizi del 1616, olio su tela  tra i contrasti del colore, le luci e le ombre che risaltano il dipinto della resurrezione di Cristo.

Ma le numerose sale della Galleria Borghese ci riservano altre sorprese via via che passiamo da una sala affrescata all’altra. Scopriamo così altri bellissimi dipinti di Rubens. Un olio su tela realizzato nel 1614 che mostra la Morte di Adone tra Venere che lo accarezza amorevolmente e le ancelle che tentano di coprirne il bel corpo. La meraviglia delle sale che si snodano una dentro l’altra, ci riserva la visione di altri famosi pittori del seicento.

La mostra della Galleria Borghese è organizzata in maniera intelligente, con l’alternanza di ritratti e sculture che di volta in volta suscitano una sorpresa e una grande emozione per i tanti autori famosi esposti nelle varie sale.

Lo spettatore è quasi accompagnato dalla bellezza, dai colori, dalle ombre e dalla storia di tanti artisti presenti nelle varie epoche. Ci avviciniamo così all’arte romana con il sarcofago a colonne con le fatiche di Ercole e scene di caccia risalenti al 160 d.C. Sempre dell’arte romana del secolo II d.C. rimaniamo incantati dalla statua di Ermafrodito dormiente, una scultura in marmo di Paro.

Attraversando le varie sale si alternano opere d’arte di grande valore. Sempre per l’arte romana vediamo una straordinaria scultura del secolo I d.C.: il Satiro su Delfino di marmo bianco con venature scure. E poi ancora Gian Lorenzo Bernini con la scultura denominata La Verità, statua di marmo di Carrara eseguita tra il 1646 e il 1652. La statua del Bernini è rappresentata sorridente su una roccia con in mano il sole e il mondo sotto il suo piede.

Per la pittura, in una sala adiacente, ammiriamo l’autoritratto in veste di Bacco di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. Olio su tela risalente al 1593/1595.

Poi, ancora Caravaggio con il dipinto raffigurante David con la testa tenuta per i capelli di Golia, un olio su tela risalente al 1609/1610.

La mostra continua con due tra i dipinti più belli di Raffaello Sanzio. La Fornarina dipinta con lo sguardo intenso ed enigmatico rivolto verso il pubblico e le mani sul drappo rosso che le coprono le gambe. C’è poi la deposizione di Cristo, olio su tavola, firmato e datato 1507. Il corpo esanime di Cristo è sorretto da tre uomini che procedono con fatica verso il sepolcro. Maria e Maddalena accompagnano il trasporto del corpo di Cristo con espressioni di dolore sul volto.

Rubens lo ritroviamo attraverso un altro dipinto bellissimo, olio su tavola del 1614, dove è rappresentata Agrippina e suo marito Germanico della National Gallery of Art di Washington. Agrippina, dopo la sospetta morte di suo marito, fu bandita da Roma e maltrattata dagli uomini; infine si lasciò morire di fame in esilio. Altri quadri famosi di Rubens catturano la nostra voglia di conoscere, di approfondire.

Appare così, quasi per incanto, il dipinto denominato Susanna e i Vecchioni, olio su tavola di legno di quercia del 1614.

La storia di Susanna sembra una vicenda di oggi. La bella Susanna vive in casa con il marito. Ma viene insidiata da due vecchioni, due giudici, che presi da ardente passione, la ricattano per averne i favori. Lei rifiuta. I due molestatori la accusano di un inesistente adulterio e la condannano a morte mediante lapidazione. Lei viene però salvata e restituita alla sua reputazione.

Infine le Tre Grazie di Rubens, un dipinto olio su tela del 1638. L’opera ritrae le tre famose dee della mitologia greca che rappresentano lo splendore, la gioia e la bellezza. Rubens rimasto vedovo, nel 1630, all’età di 53 anni sposò la sedicenne Hélène Fourmen.  A partire dal 1640 Rubens non fu più in grado di dipingere a causa della gotta. Ma il meglio di sé lo aveva già ampiamente dimostrato con i suoi straordinari dipinti arrivati fino a noi.

Una mostra  godibile,.. certo non possiamo dire lo stesso del ristoro del bar del museo dove due cappuccini sono costati ben 9 euro. Grazie, anche no!!!

Giuseppe Careri