Israele perde consenso tra gli ebrei d’America

Israele perde consenso tra gli ebrei d’America

Liberamente tratto e tradotto da The Jerusalem Post 

Nell’arco di tre settimane turbolente segnate dall’Operazione Spade di Ferro e dalla guerra con Hamas, il senso di solidarietà che gli “Ebrei riformati” americani tradizionalmente nutrivano per Israele è notevolmente diminuito, precipitando da un sostanziale 72% durante la prima settimana di guerra a un solo il 59% durante la terza settimana. Questo pronunciato calo, come evidenziato in un sondaggio del Jewish People Policy Institute (JPPI) e dell’Organizzazione sionista mondiale (WZO), mette in luce i mutevoli sentimenti all’interno di un gruppo demografico ebraico chiave negli Stati Uniti. Un tempo alleati fedeli, gli “Ebrei riformati” sono ora alle prese con complessi sentimenti di disconnessione da una nazione che è stata centrale per l’identità e l’unità ebraica.

Cerchiamo di comprendere i dati prima di provare a capire cosa è andato storto nel rapporto tra la più grande corrente ebraica religiosa in America, e in Israele: secondo il sondaggio, la percentuale di ebrei riformati che ha affermato che gli eventi li fanno sentire più vicini verso Israele è sceso dal 72% nella prima settimana di guerra al 59% nella terza settimana. (…)

L’estraniazione avvertita da molti membri del movimento riformista è sorprendentemente significativa se si considerano le basi storiche del loro legame con Israele. Essendo una corrente religiosa che attribuisce grande valore alla giustizia sociale e ai principi umanitari, le azioni e le politiche di Israele durante i periodi di conflitto sono soggette a un attento esame e, spesso, a dissonanza morale. I risultati del JPPI non solo riflettono una reazione immediata al conflitto in corso, ma suggeriscono anche una rivalutazione più profonda e a lungo termine dell’alleanza tra i valori ebraici liberali americani e la politica israeliana.

Il divario all’interno della comunità ebraica americana appare più palpabile negli ambienti intimi, dove le discussioni sulla guerra sono prevalenti tra amici e familiari, ma marcatamente assenti negli ambienti professionali. Questa dicotomia indica la natura profondamente personale e spesso controversa dell’argomento, e forse un’esitazione nell’affrontare un argomento che potrebbe suscitare una moltitudine di opinioni controverse.

Le differenze nelle tendenze politiche mettono in luce anche le sfumature della risposta della comunità alle azioni di Israele. Mentre il sostegno rimane più forte tra gli ebrei centristi e conservatori, i settori liberali, in particolare quelli riformisti, mostrano una chiara tendenza al disimpegno. Questi modelli sottolineano l’intersezionalità tra ideologia politica e identità religiosa nel plasmare il discorso ebraico americano su Israele.

A giugno, il rabbino Ammiel Hirsch, uno dei rabbini più conservatori del movimento riformista, ha dichiarato al Jerusalem Post: “Temo che stiamo perdendo l’anima del movimento riformista. Ma il processo di allontanamento da Israele stava acquistando forza già molti anni prima che questo governo venisse alla luce”. (…)

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