Israele e la responsabilità necessaria – di Domenico Galbiati

Israele e la responsabilità necessaria – di Domenico Galbiati

In un mondo in cui tutto si tiene, anche le guerre si tengono. Rinviano l’una all’altra. Sono o diventano reciprocamente funzionali ed in tal modo moltiplicano sia la loro carica distruttiva disumana, sia il loro potenziale di destabilizzazione di ogni possibile equilibrio internazionale. Sembra essere, anzitutto, questo il senso del summit tra Hamas e Putin andato in scena al Cremlino.

Stiamo vivendo una stagione buia, come se stessimo carponi in un tunnel oscuro nel quale non si può né avanzare né retrocedere. Una situazione che genera angoscia, penosa, soffocante. Non si vede una via d’uscita e, in un certo senso, anche noi tutti, come i palestinesi, siamo, metaforicamente, sepolti vivi, sotto le macerie di un ordine mondiale sconvolto.

I “pezzi” della guerra evocati da Papa Francesco cominciano a collabire e creano un continuum, una morsa, una tenaglia che ci sovrasta, mossa da automatismi infernali che sono al di fuori di ogni possibile controllo. La matassa si ingarbuglia e nessuno, nessun Paese, nel contesto multipolare in cui viviamo, ne detiene il bandolo. Come se fossimo preda dell’ ineluttabilità di un destino avverso che si fa beffe della ragione e dei sentimenti di compassione e di umanità che dovrebbero pur sempre accompagnare i nostri passi.

Anche Israele semina morte e sangue si aggiunge a sangue, cosicché c’è chi già dimentica il 7 ottobre e punta i propri strali contro Israele. Ed Israele che nella sua storia – tra diaspora, olocausto, antisemitismo tenace e preconcetto, inestirpabile e perverso ed i reiterati tentativi di genocidio, come quest’ultimo – ha sofferto l’indicibile, sa o ritiene di non potersi più fidare di nessuno, in fondo nemmeno dei suoi alleati occidentali e, anziché esporsi al pericolo di amicizie aleatorie, pensa di dover fare da sola, a costo di perdere il senso della misura e passare il segno di ciò che è francamente inaccettabile.

La risposta di Israele all’eccidio perpetrato da Hamas deve rispettare i canoni umanitari del diritto internazionale. E’ necessario che lo faccia anche per sé stessa, per il rispetto che deve alla sua antichissima, straordinaria vicenda storica, ai valori della sua democrazia, alla memoria dei suoi figli vittime di un odio diabolico, per non lasciarsi attrarre in una spirale di violenza che, un passo dopo l’altro, si autoalimenta in quel crescendo incontenibile, assurdo, bestiale che il popolo degli ebrei ha vissuto nella sua carne.

Gli ebrei, i nostri “fratelli maggiori” come li ha chiamati Giovanni Paolo II, hanno la responsabilità di dimostrare al mondo ed a ciascuno che è ancora possibile non odiare. Nessuno meglio di loro potrebbe dare al mondo, all’ Europa, ai cultori delle ideologie aberranti che hanno creato di sradicarli dalla storia, questo messaggio di liberazione dal clima di odio inconsulto in cui rischiamo di precipitare ancora una vola.