Le difficili riflessioni sul conflitto Hamas Israele – di Maurizio Cotta

Le difficili riflessioni sul conflitto Hamas Israele – di Maurizio Cotta

Dopo le notizie di questi giorni e l’emergere di tutta la portata dell’orrore che ha fatto irruzione in Israele con l’attacco di Hamas sento la necessità di fermarmi a riflettere, in qualche modo per non sentirmi estraneo al dramma di questa terra martoriata mentre sono al sicuro in un paese in pace.

Prima di tutto provo il bisogno di esprimere il mio compianto per le molte vittime innocenti; vorrei unirmi idealmente al dolore di madri, padri, mariti, mogli, amici, compagni di coloro che sono stati brutalmente uccisi solo per il fatto di essere lì in quel luogo e di essere ebrei. A questi aggiungo i loro simili che piangono innocenti uccisi di tutte e due le parti nel drammatico prosieguo del conflitto. Sono ben conscio, mentre rifletto, che sono tanti altri i morti innocenti per i quali non ho pianto. Per fare un esempio nel corso del conflitto in Etiopia si parla di centinaia di migliaia di vittime civili passate sotto silenzio. Troppo lontane da noi? Da me?

Questa ulteriore riflessione, tutt’altro che banalizzare ognuna di queste tragedie, e in particolare l’ultima, deve semmai portare ciascuno di noi a contribuire, nei limiti delle proprie possibilità, affinché non avvengano più.
Cerco di soffermami a lungo in questo compianto perché non sia un puro esercizio retorico. Poi la mia riflessione si porta sull’irrompere della crudeltà, della efferatezza disumanizzante nella vita politica. Siamo abituati a tutte le imperfezioni, diciamo pure le brutture della vita politica (per fortuna non solo a quelle), ma non possiamo non tracciare una linea netta tra tutto questo e la crudeltà esercitata deliberatamente sugli innocenti per negarne l’umanità, per terrorizzare chi rimane.

L’azione di Hamas ha avuto queste caratteristiche, che peraltro erano già preannunciate dal suo programma politico che si propone esplicitamente la distruzione di Israele. La linea netta richiede che il terrore sia riconosciuto senza ambiguità, sia condannato senza esitazioni e sia sconfitto. Non possiamo permetterci che ci sia il minimo dubbio sulla sua inaccettabilità. Per la sua sconfitta non basta però la condanna verbale che è solo il punto di partenza (e chi non la esprime o gioca con le parole si rende complice). Non può non esserci quindi una azione militare volta a ridurre il più possibile all’impotenza gli attori del terrore che hanno manifestato con chiarezza la loro volontà di continuare (non a caso i lanci indiscriminati di razzi verso la popolazione civile di Israele continuano ancora) e che tengono in ostaggio del loro progetto terroristico la popolazione di Gaza.

Israele ha quindi il legittimo diritto di intervenire contro Hamas (anche il Papa ha riconosciuto il diritto di Israele a difendersi). Ma sconfiggere Hamas non può essere il frutto soltanto di una azione militare: questi anni ci hanno mostrato la capacità di questo movimento politico-militare di mobilitare il consenso di una parte significativa della popolazione palestinese. La sconfitta del terrore passa necessariamente anche attraverso azioni sagge ed efficaci che rompano i legami tra le forze del terrore e quelle popolazioni che possono essere catturate dai loro miraggi.

Come è facile capire questa impresa, che è di natura prettamente politica, è tutt’altro che semplice e gli insuccessi del passato lo dimostrano. Eppure il dramma di questi momenti e gli abissi di odio e di violenza che i spalancano davanti potrebbero forse stimolare dei cambiamenti nelle posizioni degli attori fondamentali e indurli a percorrere un nuovo cammino. Naturalmente saranno anche forti le voci di chi in Israele chiederà di rinserrarsi in un muro estremo di difesa e di chi dall’altra proclamerà che solo la distruzione di Israele può liberare i palestinesi.

Le condizioni perché questa strada possa essere percorsa sono assai esigenti e richiedono una lucida visione e
molto coraggio da parte degli attori più rilevanti. La prima condizione è che sia presto indicato l’obiettivo da raggiungere: una soluzione stabile che consenta ai palestinesi uno spazio politico rispettoso dei loro diritti e insieme non metta a repentaglio la sicurezza della popolazione israeliana.

E’ certo una richiesta molto impegnativa per Israele nel momento in cui è stato colpito così atrocemente e vive la necessità di mettere a tacere la minaccia di Hamas. Significa anche un chiaro cambiamento di rotta rispetto alle politiche degli anni passati. E’ però una scelta necessaria perché la sua azione militare assuma un senso diverso da quello della vendetta. Dalla parte araba richiede una più netta condanna delle atrocità di Hamas e un più esplicito riconoscimento del diritto di Israele a vivere in sicurezza.

La seconda condizione è che si crei una coalizione internazionale capace di garantire che il percorso verso questo obiettivo sia protetto dai tentativi di sabotaggio che inevitabilmente saranno mossi dagli attori che prosperano sulla conflittualità. Di questa coalizione gli Stati Uniti sono una componente indispensabile per la loro capacità militare e politica di rassicurare Israele ma anche di porre limiti alle sue pretese indebite su territori palestinesi. Ma è altrettanto necessario che della coalizione facciano parte convintamente un numero adeguato di paesi arabi e
musulmani di peso (Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Qatar, …) perché l’operazione non si configuri come unicamente occidentale. L’Unione Europea dovrebbe anche essere presente con decisione.

La terza condizione è che la soluzione “due popoli, due stati” venga adeguatamente specificata nei suoi cruciali dettagli senza i quali rimane una formula astratta. Da un lato c’è la grande pietra di inciampo delle colonie israeliane nei territori della West Bank, dall’altro quella delle garanzie perché lo stato palestinese non diventi un nuovo avamposto di Hamas.

Come si vede si tratta di condizioni estremamente difficili e tuttavia indispensabili per uscire da uno status quo di conflittualità sempre più esasperata e suscettibile di estensione. Ci saranno gli statisti in grado di prendersi sulle spalle questo arduo compito? Lo vedremo presto.

Maurizio Cotta