La tratta dei minori – di Mario Pavone

La tratta dei minori – di Mario Pavone

La paura dei Flussi Migratori in Italia ed in Europa

I cittadini europei (e in particolare quelli italiani) provano sconcerto e senso di paura dinanzi al massiccio aumento dell’immigrazione straniera, che,ormai da diversi anni preme,come una sorta di emergenza biblica,verso i confini dell’UE.

Non si riflette però sul fatto che già le Sacre Scritture ci ricordano che, essendo fallito il progetto originario dell’Eden, l’Uomo è destinato ad andare “ramingo” sulla Terra. La Genesi ci rammenta, inoltre, che – sebbene gli uomini abbiano la stessa origine dalla creazione- la confusione delle lingue, seguita alla rovina della torre di Babele, ci fece tutti stranieri, parlanti cioè una lingua “strana” e incomprensibile. In ogni caso, come avviene in natura per talune specie animali definite perciò migratorie, anche l’uomo è indotto a trasferirsi continuamente alla ricerca di luoghi ritenuti più idonei – attraverso successivi adattamenti – a garantirgli sopravvivenza e benessere.

Dal punto di vista antropologico -culturale, sin dai tempi arcaici, l’attrattiva dell’altrove e dell’ignoto spinge i singoli individui e i mutevoli raggruppamenti sociali ad intraprendere il “viaggio”, che è, perciò, concettualmente assunto come metafora della conoscenza e della stessa ciclicità dell’esistenza, come ci insegna il meraviglioso affresco dell’Odisseo omerico, richiamato anche dal sommo poeta Dante.

In pratica, però, le migrazioni  sono, più spesso, determinate dal bisogno di “fuggire” dal disagio economico connesso a situazioni di sottosviluppo, di povertà e di miseria. Altre più stringenti motivazioni vanno poi ricercate nelle condizioni di pericolo causate da conflitti violenti, interni ed esterni, in molte aree geografiche. Dove risultano soppresse le libertà civili e politiche e dove sussistono diverse forme persecutorie discriminatorie a carico di minoranze o di soggetti “svantaggiati” e/o “vulnerabili”.

Non tanto paradossalmente, tali situazioni sembrano moltiplicarsi nel “villaggio globale” in cui l’Umanità si trova oggi a vivere. Infatti, nel nostro Mondo, sempre più rimpicciolito, “movimentato” e mescolato in una sorta di meticciato globale, le migrazioni si diffondono nel contesto di una contagiosa inquietudine, omologata via web in tempi reali soprattutto da parte dei giovani alla ricerca di nuove opportunità.

I trasferimenti si moltiplicano, poi, a causa di nuove povertà conseguenti all’attuale destabilizzazione economico-finanziaria, che di fatto esaspera le competizioni e accentua le disuguaglianze, emarginando le parti sociali più deboli. Si determinano in tal modo condizioni favorevoli all’insorgenza di conflitti sociali e a rivolgimenti politici, come le rivoluzioni della “primavera (?) araba”.

Di fronte a siffatti fenomeni, che ciclicamente caratterizzano il sofferto cammino della storia delle civiltà (da civitas, città) umane in direzione della  multiculturalità, non dovrebbero trovare molti proseliti la miopia neo-liberista e le politiche xenofobe razziste di alcuni paesi europei. Ma non è così, purtroppo(!!). Paesi considerati avanzati e sviluppati dal punto di vista del benessere economico e consumistico, in realtà , sono alle prese con segmenti sociali, scarsamente propensi ad accettare il nuovo fenomeno sul piano culturale e umano, che genera gravi episodi di xenofobia e di razzismo.

Certamente la nuova Europa “federata” (tuttora avvertita – non solo dagli euroscettici – come istituzione sovranazionale “senza patria”) ha bisogno di solide basi per una  stabile governance degli interessi economici dei paesi membri. Ma è altrettanto vero che essa – per essere veramente unita – non può prescindere dall’elaborazione di valori forti e condivisi, fondati nella legge morale nel cui letto dovrebbero scorrere le Convenzioni e le Direttive emanate.

E’ invece compito di ogni solida democrazia preoccuparsi certamente dei timori dei cittadini, garantendo loro la sicurezza e l’ordine sociale. Ma è altrettanto necessario riuscire nel contempo a contenere taluni irrazionali sentimenti di chiusura e di paura, attualmente alimentati anche dalla crisi del modello di sviluppo impostato sul welfare state (stato del benessere).

La percezione di sfiducia e di insicurezza, infatti, impedisce di considerare la ricchezza insita nelle “diversità” e ostacola il riconoscimento dei diritti – primo fra tutti la vita – dei migranti che chiedono solidarietà, giustizia e lavoro. In realtà, a dispetto delle Direttive emanate dalla UE, il rapido processo di globalizzazione ha paradossalmente messo in gioco convulse ricomposizioni identitarie, con la conseguente incapacità, da parte delle istituzioni sovranazionali, di riformulare un sistema giuridico improntato all’universalismo, quale quello realizzato ad esempio dal diritto romano.

Il confronto tra popoli diversi e il clima attuale di nevrosi da contatto culturale fanno sorgere, pertanto, nuove paure e insicurezze, per cui quasi tutti i Paesi europei tendono ad attestarsi su posizioni restrittive in materia di cittadinanza e quindi di asilo. Questo atteggiamento risulta in contraddizione con l’auspicato processo di integrazione dei popoli e con l’obiettivo di costruzione di una Europa, che sia anche e soprattutto un’Europa sociale.

Il diritto d’Asilo nell’Europa sociale

Le origini del diritto di asilo si perdono nella notte dei tempi. Storicamente l’istituto risale all’antica Grecia, che già riconosceva e garantiva l’immunità da ogni rappresaglia concordata reciprocamente da due città-Stato nei confronti dei rispettivi cittadini. La stessa immunità era poi concessa da una singola città (polis, da cui politica) a personalità di primo piano, quali ambasciatori, ecc. L’immunità, inoltre, proteggeva il fuggitivo che non poteva essere catturato in determinati templi considerati sacri e inviolabili, da cui deriva la stessa etimologia di “asilo” (dal greco àsylon, inviolabile).

Anche nell’antica Roma, con l’affermarsi del diritto delle genti, era conosciuto il diritto di asilo in connessione con lo status di cittadinanza, diritto quest’ultimo poi esteso nel grande impero a tutti i sudditi con l’editto di Caracalla del 212 d.C. Le vicende del diritto di asilo si intrecciano poi con quelle delle diverse forme e manifestazioni di persecuzione, consistenti in misure repressive adottate dalle stesse autorità pubbliche per ragioni di morale pubblica e quindi di religione e filosofiche, o a causa di ideologie politiche giudicate pericolose per l’assetto dello Stato.

Anche se i due termini sono spesso usati come sinonimi, l’istituto del diritto di asilo – considerata la sua maggiore ampiezza – non coincide con quello del riconoscimento dello status di rifugiato. Per quest’ultimo, invero, non è sufficiente che nel Paese di origine siano generalmente conculcate le libertà fondamentali, ma è richiesto che il singolo richiedente debba aver subìto, o abbia il fondato timore di poter subire, specifici    atti di persecuzione.

L’evoluzione della civiltà giuridica ha portato, in particolare in ambito UE, alla progressiva estensione del diritto di asilo. Per quanto concerne l’ordinamento europeo, la Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, è stata modificata dalla Direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio. Quest’ultima Direttiva ha esteso l’ambito di applicazione di quella del 2003, oltre che ai “soggiornanti”, anche ai beneficiari di protezione internazionale, come qualificati dalla Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004.

L’Unione europea garantisce il pieno rispetto dei diritti fondamentali, nel quadro dei principi indicati nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE approvata a Nizza nel dicembre 2000 e poi riproposta nella Carta europea recepita nel Trattato di Lisbona in vigore dal 1 dicembre 2009. In particolare, l’art. 18 della Carta europea stabilisce che “il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea”. Il successivo art. 19 prescrive che “le espulsioni collettive sono vietate. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”. Inoltre, l’art. 21 della stessa Carta sancisce espressamente il “divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, ecc.”. Infine, l’art. 45, co. 2 della Carta europea prevede la “libertà di circolazione e di soggiorno”, anche per i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro.

Come si è già detto, in ambito UE la disciplina dell’asilo è regolata dalla Direttiva 2003/109/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 (modificata dalla Direttiva 2011/51/UE dell’11 maggio 2011) recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, nonché dalla Direttiva “qualifiche” 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004. Ad ogni modo, resta fermo il principio di non respingimento (non-refoulement).

Già diverse Direttive UE ammettono come plausibile, ai fini del riconoscimento, il criterio di persecuzione di tipo specifico di cui sono vittime, ad esempio, alcune donne discriminate e altri soggetti vulnerabili, come i minori abbandonati o non accompagnati, ecc.

Nel contesto attuale, pertanto, se ovviamente va negato lo status di rifugiati ai profughi considerati solo migranti economici, più problematica invece appare la posizione dei cosiddetti nuovi profughi ambientali. Si tratta, in quest’ultimo caso, di persone costrette ad affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato a causa del degrado ambientale, con conseguente profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, come il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute e allo sviluppo.

Se è vero che un Mondo più giusto è un Mondo più sicuro, questo principio non può dirsi realizzato se si considera che nel nostro pianeta attualmente muore di fame oltre un miliardo di persone su sette miliardi. Si dovrebbe quindi estendere il criterio della sicurezza quale valore primario dell’essere umano. I profughi ambientali sono, infatti, vittime della devastazione dell’ambiente e degli squilibri sociali connessi, come ad esempio si verifica a causa della progressiva desertificazione di intere aree geografiche sub-sahariane determinata da nuove forme di speculazione aggressiva.

Tuttavia, molti interrogativi discendono dalla diversa disponibilità e/o capacità di accoglienza da parte dei singoli stati. Al riguardo, non si può comunque prescindere dal rispetto del principio del burden sharing (ripartizione degli oneri). Perciò l’applicazione concreta della solidarietà deve necessariamente comportare la distribuzione bilanciata (anche sul piano degli oneri economici e sociali) dei richiedenti asilo su tutto il territorio dell’UE. Inoltre, dovrebbero essere studiate e apprestate nuove garanzie procedurali al fine di evitare recenti polemiche, quali quelle che hanno interessato anche l’Italia, con particolare riguardo alle condizioni degradate e restrittive dei Centri di accoglienza dei richiedenti asilo.

Si deve, comunque, riconoscere che i paesi del Mediterraneo, come Italia, Grecia, Malta e Cipro, non ricevono pieno sostegno da parte di altri Paesi UE più distanti dalle fonti migratorie, al fine di poter adeguatamente controllare le proprie frontiere (che sono anche “comuni”). Le politiche sin qui condotte per la redistribuzione dei Migranti in Italia ed in Europa stanno provocando malumori tra le popolazioni dinanzi ad un fenomeno massiccio di ingresso di stranieri non adusi ai nostri costumi sociali e spesso autori di gravi reati.

Il problema attuale dei migranti, in Europa, è quello del ricollocamento. Le cifre dell’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, dicono che solo una minima parte dei migliaia di migranti arrivati in Italia e Grecia, negli ultimi anni, è stata ricollocata negli altri Stati dell’Unione. Il fallimento si spiega con il rifiuto di molti paesi ad accogliere anche un solo migrante. I paesi del blocco di Visegrad: Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria, non hanno accolto neanche un migrante. Tutti gli altri hanno aperto le frontiere ad un numero inferiore rispetto a quello previsto

La Tratta dei Minori

Una volta definito l’atteggiamento dell’Europa in tema di flussi migratori e Diritto d’asilo,è necessario affrontare i problemi connessi allo sfruttamento dei migranti per scopi illeciti ed, in particolare, quello della tratta dei minori.

Il 30 luglio scorso è stata celebrata la Giornata Mondiale contro la tratta di Persone, stabilita dall’Assemblea generale dell’ONU. con risoluzione A/RES/68/192 del 2013. Ancora oggi ogni paese nel mondo è colpito dal traffico di esseri umani, sia come Paese d’origine, di transito o di destinazione delle vittime. In un documento diffuso dalla LIDU Onlus, si sottolinea che “la stragrande maggioranza delle vittime del traffico a scopo di sfruttamento sessuale e il 35% di quelle trafficate per il lavoro forzato sono donne. I conflitti aggravano ulteriormente la vulnerabilità, con i civili vittime dei gruppi armati e i trafficanti che approfittano degli sfollati.

Il traffico di persone è un grave crimine e una grave violazione dei diritti umani “. Ogni anno, migliaia di uomini, donne e bambini cadono nelle mani dei trafficanti, nei loro Paesi e all’estero. La Risoluzione dell’ONU definisce la tratta di persone come “ il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o il ricevere persone, mediante la minaccia o l’uso della forza o di altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o il dare o ricevere pagamenti o benefici per ottenere il consenso di una persona che ha il controllo su un’altra persona, a scopo di sfruttamento”. Lo sfruttamento comprende lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù o il prelievo di organi.

Secondo la LIDU, in base ai  dati forniti da un’Agenzia specializzata dell’ONU, si tratterebbe di quasi centomila casi ogni anno di traffico di persone ed organi, con la prevalenza di minorenni dall’Africa, di donne, all’80%, e dall’America latina. Nel solo Messico oltre 50 mila persone sono scomparse in poco più di dieci anni, molte le donne, più volte incinte, i cui corpi, o loro resti, non sono sempre stati trovati, il che lascia supporre che, oltre alla violenza fine a se stessa, possa esserci stato pure un traffico di organi.

Anche in Italia centinaia sono i bambini e adolescenti coinvolti non solo nello sfruttamento sessuale ma anche in attività illegali, mendicità, lavoro coatto, adozioni illegali e si presume nel traffico di organi Un fenomeno sempre più articolato, che riguarda centinaia di bambini e adolescenti di entrambi i sessi, provenienti per lo più da Nigeria ma anche dall’ Africa ed Asia, coinvolti in varie forme di sfruttamento: sessuale, in attività illegali, accattonaggio, lavoro forzato, adozioni internazionali illegali ed anche traffico di organi. Bambini e adolescenti che spesso restano invisibili e sconosciuti, quindi privi di adeguata tutela e protezione, secondo il nuovo dossier di Save the Children “Piccoli schiavi”.

“Non bisogna abbassare la guardia perché lo sfruttamento fino alla riduzione in schiavitù ancora esiste e coinvolge molti minori”, commenta Carlotta Bellini, Coordinatrice Area Protezione di Save the Children Italia. “I bambini sono funzionali al business della tratta perché più facilmente ricattabili e assoggettabili di un adulto, o perché un bambino, magari con un handicap fisico e che chiede l’elemosina, desta più pietà. Inoltre sotto i 14 anni i minori non sono imputabili, di qui il loro impiego in attività illegali come furti o scippi o come corrieri della droga, per non parlare della richiesta di minori utilizzati nel mercato della prostituzione”.

Da una parte quindi c’è un’economia illegale che si serve di loro, dall’altra, ci sono centinaia di minori che vivono in situazioni di povertà e vulnerabilità e quindi divengono facili prede degli sfruttatori (!!). Se è ormai accertata l’esistenza di un commercio internazionale di organi e di tessuti, sia sottoforma di compravendita di organi tra adulti consenzienti che di “viaggi della speranza” in Paesi in via di sviluppo per effettuare un trapianto illegale.

Non vi sono al momento prove dell’esistenza di un traffico di persone a tale scopo, verso l’Italia,tuttavia,per quanto riguarda il coinvolgimento di bambini, sono state avviate alcune indagini in materia dalla Procura di Roma su un presunto traffico di minori dall’Albania, che si sospetta siano stati trasportati illegalmente in Grecia e in Italia e sottoposti a espianti illegali. Purtroppo le risultanze non sono state rese note dagli inquirenti.

“Ogni giorno migliaia di persone pongono a rischio la propria vita e quella dei propri cari per mare e per terra, in condizioni disperate; una tragedia figlia delle guerre, della povertà, dell’instabilità dello sviluppo precario, alimentata e sfruttata da ignobili trafficanti di esseri umani, che li avviano a un futuro di sopraffazioni: sfruttamento lavorativo, adozioni illegali, prelievo di organi, reclutamento da parte della criminalità organizzata, sfruttamento sessuale.

Nessun paese è immune da questa sistematica violazione della dignità umana che interpella la responsabilità della comunità internazionale nella sua interezza, rifuggendo la tentazione di guardare altrove. Soltanto la cooperazione può sconfiggere questo fenomeno, con una Unione Europea consapevole dei propri valori e delle proprie responsabilità”, come ha affermato Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica.

Mario Pavone