C’ha messo la faccia. E poi?

C’ha messo la faccia. E poi?

Giorgia Meloni ha accettato l’invito del parroco, don Maurizio Patriciello, e si è recata a Caivano, ieri 31 agosto 2023. Passerella e riflettori accesi per un giorno? “Metterci la faccia” sarà sufficiente per riallacciare i fili della politica con quei cittadini, disillusi da responsabili istituzionali che per troppi anni hanno lasciato senza seguito le periodiche passerelle istituzionali? Sarà il tempo a dirci se non si è trattato solo di marketing politico. Ad oggi azzardiamo tre considerazioni.

La prima.
L’obiettivo dichiarato dal Governo, per bocca della stessa Meloni, è “bonificare l’area”. Al di là dello sconcerto sull’utilizzo di un termine così tecnico, un briciolo di coerenza in più non guasterebbe. Infatti Giorgia Meloni guida il Governo che ha decurtato dal Pnrr quei progetti di rigenerazione urbana, investimenti per potenziare servizi e infrastrutture sociali, volti a ridurre l’emarginazione e il degrado delle periferie. Al termine della sua visita Giorgia Meloni ha rilasciato una dichiarazione ai giornalisti (ancora una volta senza possibilità di domande), snocciolando cifre, impegni economici e tempistiche.

La Presidente del Consiglio ha la responsabilità politica di sintonizzare le sue parole con i suoi gesti e le scelte del suo Governo. Altrimenti dietro alla propaganda politica rimarrà il vuoto. Un abisso.

Seconda riflessione.
Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha invocato “l’assedio militare per un anno”. Dubito che bastino divise sparse per Caivano. Servono anche quelle? Certo. Assieme a reti sociali ed educative, perché la povertà relazionale (dentro e fuori le mura di casa) trovi percorsi educativi, formativi, lavorativi, dove il rispetto della dignità della persona e dei suoi bisogni sia prioritario. Quando i politici si concentrano su soluzioni repressive, perché tutto è riconducibile a ordine e sicurezza, quale visione di società esprimono? Si pongono la domanda di come dare più umanità alle relazioni sociali? La storia italiana insegna, tra l’altro, che la lotta contro la criminalità organizzata non la vince mai lo Stato da solo. O la si combatte tutti insieme, con strategie di contrasto che ridiano speranza alla società civile, oppure perderemo tutti. Anche i politici e le istituzioni.

Terza e ultima considerazione.
Tra la “bonifica” e “l’assedio militare” nel fronteggiare la cultura dell’abuso suggeriamo la politica come arte della cura. Che cosa significa per la politica di oggi prendersi cura delle periferie urbane? La cura presuppone la responsabilità. La cura è lungimirante perché sa vedere ciò che ancora non c’è. Ci auguriamo che Giorgia Meloni scopra presto la cura, termine alieno al suo lessico politico. Perché la cura genera e rinnova la comunità. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento al Meeting di Rimini ci ha ricordato che “sono le relazioni sociali a determinare la concretezza di esercizio dei diritti”. Solo la comunità è quel nodo che può riallacciare il filo tra la politica e i cittadini. Senza la cura per la comunità “metterci la faccia” serve a ben poco.

Chiara Tintori