Il Pnrr: cosa si può permettere l’Italia? – di Massimo Maniscalco

Il Pnrr: cosa si può permettere l’Italia? – di Massimo Maniscalco

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarebbe dovuto servire per rimettere in movimento virtuoso un Paese che da tempo non spendeva per le infrastrutture e per i servizi pubblici essenziali e per attenuarne gli scompensi territoriali e sociali.

Il Pnrr, programma partito dalle criticità che ciascun paese dell’Unione Europea ha individuato e dalle proposte che ha formulato per superarle in tema di una miscela di “riforme ed investimenti”.

Per quanto riguarda la Giustizia, la Ministra Cartabia il Pnrr era un’ossessione; con il Ministro Nordio, il Pnrr non è una priorità.

Il Pnrr sta vivendo, surrettiziamente e carsicamente, una fase di incomprensione tra l’approccio politicistico del Governo italiano e l’approccio tecnico burocratico efficientistico della Commissione Europea.

La Premier  ed il Ministro  alle Politiche UE hanno sottovalutato le difficoltà insite in una trattativa, iniziata  dieci mesi fa, che si è dimostrata insidiosa, complessa, lunga; l’iter composto da 13 tappe è giunto solo alla quarta; non basta; dopo dieci mesi di annunci e trattative sotto traccia, è ancora da iniziare la revisione complessiva del Pnrr, con stralcio di opere per importo di 16 miliardi ed inserimento di Progetti per pari importo, non essendo la proposta annunciata ancora pervenuta a Bruxelles.

Due le lezioni delle quali fare tesoro: la prima attiene al costo della sfiducia tra i negoziatori dalle due sponde (sfiducia della quale si è già scritto in precedente Riflessione pubblicata in queste pagine); la seconda attiene all’insofferenza fra la struttura del Ministro Fitto e quella degli altri ministeri, infastiditi dall’estremo accentramento a Palazzo Chigi del Pnrr.

Gli investimenti sono importanti, ma senza riforme sono fondi sprecati; essendo in via di esaurimento i momenti emergenziali da Covid, è indispensabile concentrarsi sulle riforme; il Pnrr prevede circa 60 progetti di riforma, con obiettivi determinati; tra questi, di notevole rilievo la modifica del Codice degli appalti, che, però ha subito, rispetto al testo iniziale diversi annacquamenti.

Il Piano non si basa soltanto sul portare a termine una serie di adempimenti formali, ma la Commissione Europea intende verificare che a questi corrispondano risultati misurabili, perché concreti, ad ogni passaggio; cioè realizzazioni e non solo formalità procedurali; la vastità del Pnrr è tale che un percorso senza intoppi non è mai stato verosimile, ma questo non dovrebbe significare che sia corretto rinunciare a progetti strategici per il benessere di grandi comunità del Mezzogiorno.

Gli sforzi necessari per conciliare i vari punti di vista

La cornice: l’Italia, nei settantacinque anni di esperienza di vita democratica e suffragio universale, ha raggiunto l’importante traguardo di avere dato riconoscimento legislativo agli interessi collettivi della sua società, assicurando poi in via di fatto  a larghi strati di popolazione lo sviluppo economico, l’occupazione, la salute quale bene universale, l’istruzione obbligatoria per tutti, la sicurezza sul lavoro, la verifica sull’idoneità delle costruzioni, la tutela del patrimonio artistico, la sicurezza dei traffici, la sicurezza degli impianti, la gestione, anche in ottica di riuso, dei rifiuti.

La contemporanea innovativa presenza di tanti interessi collettivi ha reso molto complessa la gestione della struttura, ha richiesto varie capacità innovative (pianificazione, coordinamento, monitoraggio, rendicontazione, gestione dei Fondi, capacità di continuare ad innovare per stare al passo con i tempi).

Quanto sopra per evidenziare che sarebbe errato addebitare responsabilità ai diversi Governi che si sono succeduti, quello attuale compreso; sarebbe errato addebitare l’incapacità realizzativa alle procedure; sarebbe errato ritenere che la capacità amministrativa possa aumentare semplicemente aumentando il numero degli addetti e non migliorando il corredo di competenze[1].

Poiché pare che per i prossimi anni le uniche risorse, davvero disponibili dal nostro Paese, siano quelle previste dal Pnrr, dal Piano Europeo dell’Energia e dai Fondi di Coesione, importante esorcizzare l’eventualità di conseguire un risultato negativo: non riuscire a spendere somme disponibili. Allo stato attuale scontato incassare presto la terza rata (con modesta riduzione), difficilissimo incassare la quarta nell’anno 2023, pure promessa, con il reintegro della trattenuta.

Gli interessi e le urgenze dell’Italia, trovano in questo periodo, rispondenza nel desiderio, politico, da parte della Commissione e della sua Presidente, che il Recovery Fund  proceda spedito e che i loro Pnrr non abbiano intoppi gravi.

Conoscere per decidere: serve prendere atto che i progetti in maggiore difficoltà “sono principalmente quelli che riguardano direttamente od indirettamente il territorio: le tratte ferroviarie, l’efficienza energetica, gli asili nido nuovi e le scuole per l’infanzia, case ed ospedali di comunità, fognature e depuratori[2]”; per quanto attiene alle procedure della realizzazione di opere pubbliche e di acquisto di beni e servizi, finora si è speso meno del 10%; con questi valori,  difficile riscontrare quella corrente di pensiero che ritiene i comuni di modeste dimensioni, tra l’altro restii a consorziarsi, quali collo di bottiglia da bypassare.

I comuni, da parte loro, chiedono che vengano sciolti i “problemi tecnici” ancora irrisolti: la Commissione UE, per esempio, ha chiesto all’Italia di rivedere i progetti relativi agli asili nido, poiché intende finanziare solo nuove costruzioni mentre i Progetti, fin qui presentati dal Governo italiano, concernono solo ampliamenti e riqualificazioni di strutture esistenti, in ottica di incremento dei posti disponibili.

Ombre politiche, difficili da esplicitare, incombono sulla cancellazione di 12 miliardi di progetti comunali  di rigenerazione urbana, progetti relativi ad aree interne e riqualificazione di beni sequestrati alle mafie; argomenti che attengono tanto al recupero di periferie degradate quanto al nuovo sviluppo territoriale ed urbano: temi ai quali sono sensibili governatori delle regioni, sindaci dei comuni, associazioni imprenditoriali; cancellazione che alimenta un clima di sfiducia verso le istituzione, stante le certezze che provenivano dai rappresentanti degli enti locali coinvolti; cancellazione che impatta, dolorosamente, ove non rimediata, sul futuro, sulle speranze, sulla vita di inconsapevoli ed incolpevoli comunità necessitanti degli interventi, ora in grave pericolo.

Il Ministro Fitto rassicura e ribadisce che le somme de finanziate saranno sostituite da altri fondi, in specie quelli del Fondo di Sviluppo e Coesione;  senza fondi sostituivi si rischia di paralizzare cantieri pronti a partire; il Ministro Giorgetti ha dichiarato nei primi giorni di Agosto che “Sul raggiungimento degli Obiettivi relativi al Pil, resto ragionevolmente ottimista”. Con la preoccupazione che i fondi risparmiati vengano destinati  ad incomparabili necessità politiche del Governo, quali ad esempio la fine definitiva della Riforma Fornero.

Intorno a metà luglio il Ministro Fitto, nel presiedere i lavori della Cabina di regia, ha dichiarato: “L’obiettivo è intervenire sulle criticità e coordinare tutti gli interventi in campo, oltre il Pnrr, le politiche di coesione, i Fondi di Sviluppo e Coesione, per avere una visione unica tra le risorse a disposizione”; egli punta a spostare verso il sistema dei fondi europei tradizionali i progetti che abbiano meno possibilità di arrivare a compimento nei termini brevi del Pnrr, nonché quelli che non corrispondano ai criteri ambientali dello stesso Pnrr; tra i progetti dei quali proporrà lo spostamento dal Pnrr ci saranno quelli già avviati prima del Pnrr (diverse linee ferroviarie) e quelli che non rispettano in vincolo di non arrecare ulteriori danni all’Ambiente (alcuni cantieri ferroviari non sarebbero impeccabili nel riciclo dei materiali di risulta).

E’ stato inviato a Bruxelles, in modalità concordata, ma non ancora pervenuto, un progetto di modifica di 11 dei 27 Obiettivi del piano fin qui concordato. La Commissione Europea, da regolamento, ha due mesi di tempo per valutare d eventualmente, approvare la richiesta di modifica alla richiesta pervenuta da un determinato paese.

Il Governo, attende, ora, che prima la Commissione e successivamente l’Ecofin, approvino la proposta di modifica degli obiettivi che il Pnrr prevedeva per il primo semestre dell’anno 2023.

Il Dossier  del  Servizio Studi  della Camera dei Deputati sul “Monitoraggio dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”  indica che il Progetto di revisione inviato dal Governo alla Commissione Europea non indica quali saranno gli strumenti e le modalità attraverso i quali sarà mutata la fonte di finanziamento delle risorse definanziate dal Pnrr. Vorremmo non crederlo.

Irene Tinagli, Presidente della Commissione Affari Economici e monetari del parlamento europeo, ha così sintetizzato: “Far funzionare bene il Pnrr significa anche dimostrare che un certo modello di Europa, l’Europa della solidarietà, del debito comune, degli investimenti è un modello vincente e merita di essere perseguito anche dopo l’emergenza”. Dove “far funzionare bene” significhi che “queste risorse siano davvero utilizzate per cambiare il Paese, aumentare la qualità dei servizi, la competitività, le infrastrutture materiali e sociali”, la qualità della vita delle comunità. Il resto è tattica, burocratese, politichese, cortina fumogena, tattiche dilatorie.

Poi, incassata la quarta rata nei tempi convenuti, bisognerà affrontare, con il conforto dell’esperienza, il tema della quinta rata. Questo è il compito del Governo e “qui si parrà la sua nobilitate”.!

 Massimo Maniscalco

 

[1]  Da un ragionamento del Professore Emerito Sabino Cassese sul Corriere della Sera del 27 Agosto 2023

[2] I Ritardi ed i rimedi sul PNRR, Sabino Cassese, Corriere della Sera, 19 Luglio 2023