Le scuse dopo il negazionismo

Le scuse dopo il negazionismo

Non si sente parlar d’altro che di Marcello De Angelis dopo l’averla, lui, combinata grossa negando la matrice fascista della strage di Bologna. Un massacro che resta vivido nelle immagini e nel cuore di tutti e che ha trovato una verità giudiziaria precisa. Come hanno ricordato, tra gli altri, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il Presidente del Senato, Ignazio La Russa.

Dopo un giorno acceso da polemiche, e inviti alle dimissioni dal suo incarico di portavoce della Regione Lazio, il già due volte parlamentare di destra, è stato costretto a chiedere scusa. Con il suo parlare a ruota libera ha creato non poco imbarazzo persino a Giorgia Meloni e al Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che lo ha voluto sempre accanto a sé: prima, alla Croce Rossa e, poi, alla Regione. La Meloni ha taciuto e fatto circolare solo delle “veline” con cui faceva sapere della propria irritazione. Il secondo, ha provato ad impostare una difesa che, però, è apparsa abbastanza tremebonda.

Senza continuare a rimestare una vicenda che s’immiserisce da sola, la cosa che più conta è riflettere su come sia composta questa classe dirigente emersa dopo il 25 settembre dell’anno scorso con la vittoria elettorale di Giorgia Meloni. Molta di questa gente sembra solo animata da uno spirito divisivo, da mancanza del senso delle istituzioni, perché chi è chiamato in taluni incarichi non è autorizzato a parlare a ruota libera, e dalla formazione limitata ad una cultura di parte e fortemente nostalgica. Talmente modesta che giunge all’ambizione di riscrivere la storia. per piegare i fatti a propria immagine e somiglianza.

E questo è un grosso problema per Giorgia Meloni, ma anche per altri responsabili apicali del suo partito. Oggi sono chiamati a guidare un Paese intero. Tra l’altro, senza dimenticare che il loro è un incarico ricevuto da una vera e propria minoranza degli italiani. Bene sarebbe se, prima o poi, ne facessero tesoro e, magari, invece di scegliere gli amici (soprattutto ex camerati) provassero a circondarsi di persone capaci, animate solo dallo spirito di servizio, e non da quello di parte, e, cosa che non guasta, un po’ più  a loro agio con la ricca lingua qual è l’italiano. Perché ha ragione Ignazio La Russa le sentenze comunque si rispettano pur restando liberi di criticarle. Salvo farlo in maniera documentata, cosa che costituisce il vero elemento mancante nella voce dal sen fuggita al De Angelis.

Alessandro Di Severo