Un nuovo patto sociale per salvare il Pnrr – di Antonio Troisi

Un nuovo patto sociale per salvare il Pnrr – di Antonio Troisi

In questi giorni  al centro del dibattito sono i segnali preoccupanti  del Pnrr perché, a causa dei ritardi, si sta studiando l’ipotesi di una rimodulazione del Piano.  Per valutare  detti timori  e necessario rifarsi  al Dossier n.28/R dell’Ufficio Studi della Camera che, dall’esame della Terza  Relazione del Governo sull’attuazione del Pnrr, ricava un  particolare importante. Ammonta a118 ( il 41,4% di riforme e investimenti dell’intero Piano) il numero complessivo di riforme e investimenti per i quali le amministrazioni titolari hanno rilevato almeno una delle quattro tipologie di elementi di debolezza e criticità in sede di realizzazione e monitoraggio.

Secondo lo stesso Dossier questa  carenza e aggravata dalla  specificazione di  una sola parte del numero complessivo di 118 riforme e investimenti affetti da elementi di debolezza. Inoltre,  si registra una discrepanza tra l’indicazione degli elementi di debolezza e le corrispondenti schede sull’attuazione, dalle quali  non sempre è possibile desumere la sussistenza di questi elementi di difficoltà, o la loro concreta declinazione con riguardo al singolo Investimento o Riforma.

Infine la Relazione, ancora legata  alla vecchia visione della “Pubblica amministrazione procedure”, ritiene che l’assegnazione  degli stanziamenti alle singole Amministrazioni sia un semplice spostamento di risorse finanziarie  legato solo ad adempimenti di carattere  amministrativo /burocratico. Del  resto, dalle tabelle riassuntive (pag.12 del Dossier) risulta che la misura del coinvolgimento  quantitativo delle diverse missioni nelle quali il Pnrr si articola viene effettuato in termini  di riscontro di semplici “note spese”.

Non  meraviglia, pertanto, che detta situazione abbia determinato autorevoli allarmi perché da detto Dossier  risulta che, con la rimodulazione, il Governo vuole rimediare al fatto che troppo spesso  non è riuscito ad attuare  il nesso riforme /investimenti,  struttura portante dell’intero Pnrr.

Tuttavia,  non è facile individuare  un’alternativa,  perché la realizzazione del nesso riforme investimenti porta con se un altro ostacolo  quello del nesso  tra il profilo analitico e quello quantitativo  che obbliga ad una verifica empirica  delle conclusioni raggiunte in sede analitica, non accettate spesso da parte di politici e burocrati, dominati da un’ottica essenzialmente giuridica.

Questo doppio ostacolo evidenzia il  basso indice qualitativo delle nostre istituzioni, confermato dal rapporto Istat sulle politiche di coesione, dall’ottava relazione della Commissione europea e dalla recentissima raccomandazione  del Fmi all’Italia : attuare riforme complete e ambiziose.

E’ dunque necessario un salto di qualità che il Governo Meloni  non può compiere da solo e che richiede  l’impegno comune perché il Pnrr appartiene all’Italia e non al Governo o all’opposizione.

Lo strumento atto a realizzare detto impegno è, come ha proposto il senatore Misiani, una riedizione del Patto Sociale con il quale Azeglio  Ciampi riuscì  nel 1993 ad impegnare tutte le parti sociali in uno sforzo comune  che dette un esito straordinario.  Dunque, non si ratta di una nostalgia, ma dalla necessità di riflettere sulla lezione  del passato  oggi che, dopo tanti anni e per poco tempo, abbiamo a disposizione una massa di risorse finanziarie  più che sufficienti per risolvere il problema della scarsa qualità delle nostre istituzioni.

In particolare, l’impegno comune è imposto dalla necessità di realizzare il  rivoluzionario programma di riforme che  non è legato ad obiettivi elettorali che  ne demandino la realizzazione all’attività di programmazione della Pubblica amministrazione la quale, generalmente, non li realizza per mancanza di risorse finanziarie.  Invece, trattasi   di una programmazione  complessiva delle riforme, prima che di investimenti, vincolata agli impegni assunti in sede Ue e non ad esigenze  elettorali. Infine, con un costo non  a carico dello Stato ma del bilancio UE.

Di  qui la necessità che  la  programmazione delle riforme venga sempre prima della conseguente riforma amministrativa, sicché  il “Pari Passo” tra programmazione delle riforme e conseguente riforma amministrativa,  è un vincolo  al quale non è possibile sottrarsi. (Bernardo Mattarella 2021).

Pertanto, non è possibile ipotizzare una rimodulazione  come si trattasse  di semplici spostamenti di risorse finanziarie da un settore ad un altro, mentre  deve consistere nel rimuovere gli ostacoli alla realizzazione del nesso riforme /finanziamenti. E rimediando alle tre  lacune contestate dalla Commissione UE: mancanza  di  concretezza,  d’indicazione della nuova direzione di marcia e della  traduzione nella realtà.

E possibile rimediare a queste tre lacune? Un’importante conferma viene dall’unico comparto della Pubblica amministrazione centrale, quello dei Beni Culturali, regolamentato con la nuova  visione della “Pubblica amministrazione per risultati”  frutto della Riforma del Codice dei Beni Culturali operata da  Dario Franceschini

Questo precedente è confermato dal  Fondo di solidarietà comunale Anci e dal Patto di Rientro (legge di Stabilità 2022) basati  sull’impegno di tutti i sindaci e dello stato a rifiutare meccanismi perequativi, basati sul ricorso alla spesa storica.

Sussistono, quindi, le condizioni per un nuovo Patto Sociale che realizzi le relazioni virtuose tra Governo ed opposizione necessarie  per attuare  il rivoluzionario programma di  riforme del Pnrr,nella prospettiva di ripresa e resilienza del Sistema Paese.

Antonio Troisi