Santanché Delmastro: la brutta giornata a Palazzo Chigi

Santanché Delmastro: la brutta giornata a Palazzo Chigi

Ieri, comunque la si metta, è stata una brutta giornata per il Governo, per due suoi componenti e per i rapporti tra i diversi organi dello Stato. Cosa che sta alla base del sistema democratico e dell’intera vita civile.

Per la Ministra Santanché è giunta la conferma dell’iscrizione nel registro degli indagati con gravi accuse per reati finanziari importanti. E questo all’indomani delle sue affermazioni di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia. Le due cose non cambiano la sostanza di una situazione imbarazzante per lei e per chi l’ha sostenuta senza valutare che le cose potevano meritare una maggiore prudenza.

Per il sottosegretario Delmastro sono giunti al pettine i nodi della vicenda Cospito. Per la quale fu inquisito per rivelazione di notizie riservate al collega di partito Donzelli il quale pensò bene di parlarne in sede di dibattito alla Camera. I pubblici ministeri che si sono occupati del caso avevano chiesto l’archiviazione pur riconoscendo che l’uso disinvolto di notizie riservate c’era comunque stato. Il GIP, invece, ha deciso diversamente, disponendo la cosiddetta imputazione coatta.

Palazzo Chigi ha reagito facendo circolare una nota, attribuita a fonti vicine al Governo, con cui ci si chiede se “una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione e d’inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee”. Si reputa irrituale che un Gip non accolga la proposta di archiviazione. Cosa smentita dalla quotidiana lettura dei giornali, o anche dal seguire trasmissioni come “Chi l’ha visto”, dai quali si apprende che non c’è niente di irrituale e non è affatto infrequente che il Gip la veda diversamente dai colleghi magistrati di una Procura.

Non è neppure fondata la lamentela dell’estensore della nota governativa sul fatto che le notizie relative alla presenza della Ministra Santanché si sia appresa dai giornali. O meglio, non c’è proprio niente di cui meravigliarsi, visto che in giornalisti hanno accesso, ad un certo punto dell’indagine, degli atti giudiziari in corso. Forse sono stati più bravi degli avvocati della Ministra a spulciare il fascicolo che riguarda le società in cui è coinvolta.

Ma al di là di ogni di ogni particolare che, ovviamente, è troppo spesso viene valutato solo in relazione alla parte politica di appartenenza, quel che preme sottolineare è che la differenza tra un regime e l’ordinario procedere della vita democratica parte dal presupposto che la politica debba fare la sua parte, ma anche assumersene le responsabilità, e, certamente, non ritenersi al di sopra della Legge. Lo stesso vale per i magistrati. Che meno male che ci sono. E, ovviamente, si assumono le responsabilità cui sono anch’essi richiamati. Un discorso a parte continua a meritarlo la stampa, cui semmai dev’essere rimproverato di non fare sempre il proprio mestiere di controllo e di verifica dell’operato di tutti. I silenzi su taluni casi che riguardano loro editori o loro finanziatori non sono mai mancati.

L’Italia non è né l’Ungheria né la Polonia dove si può provare impunemente a mettere sotto controllo stampa e magistratura. L’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Europa basata su principi chiari e incontrovertibili. L’estensore della nota fatta circolare dalle fonti governative non se ne dimentichi se e quando contratta in Europa.