Galeotto fu il Mes e chi lo scrisse – di Giancarlo Infante

Galeotto fu il Mes e chi lo scrisse – di Giancarlo Infante

Galeotto fu il Mes e chi lo scrisse, penserà in queste ore Giorgia Meloni che, in un altro paese, uno di quelli seri, o cosiddetti tali, o che comunque si pigliano sul serio. Almeno per verificare con il Presidente della Repubblica il da farsi dopo che è apparso sempre più chiaramente come la maggioranza sia impossibilitata a gestire la vicenda del MES. Giustamente la nostra zebretta interviene nuovamente oggi (CLICCA QUI) sul cocktail che sarebbe l’equivalente del dantesco libro galeotto, ma alla rovescia. Visto che c’è poca corrispondenza di amorosi sensi tra le file della maggioranza su di un tema che assume una certa importanza nei rapporti con l’Europa.

L’Italia è uno dei pochi paesi che il MES, il cosiddetto Fondo salvastati , non l’ha ancora ratificato. E le cui autorità – neppure in prossimità della scadenza del 30 giugno – non lasciano neanche intuire che cosa finiranno per fare. Il risultato è che Giorgia Meloni è stata costretta a rinviare la riunione del Consiglio dei Ministri, con una motivazione ufficiale che ne indica la causa in non meglio precisate questioni personali. Cosa che, evidentemente, non è sindacabile, ma che non per questo manca di sollevare qualche quesito.
Roma come Atene ?
Il paradosso più significativo è rappresentato da quanto accaduto in sede di Commissione esteri della Camera dove –
udite! udite! – la ratifica dell’intesa di modifica del Trattato istitutivo del MES è stata approvata con i solo voti delle opposizioni. Astenuti i deputati del Movimento 5 stelle e di Alleanza verdi e sinistra. Assenti Governo e maggioranza. Per le forze che compongono la coalizione di governo certo non è stata una gran bella figura, Né il segno di una grande chiarezza di idee sulla direzione nella quale guidare il Paese.
Qualcuno prova a spiegare che il tutto potrebbe essere considerato come un ultimo ed estremo tentativo della Meloni di strappare all’Europa qualche concessione. Ma è facile notare che in termini di modifiche finora Bruxelles non è sembrata intenzionata a concedere alcunché, anche in cambio di un voltafaccia che porti l’Italia a ratificare il trattato. Ma a gettare un’ambigua ombra sulla vicenda non c’è solo questa riluttanza di Bruxelles a fare concessioni sia pure di mera facciata. C’è soprattutto l‘indiscutibile fatto – purtroppo non abbastanza fermamente ribadito da coloro che a questo accordo-capestro sono contrari – che il MES avrebbe come principale effetto quello di asfaltare per l’Italia la stessa tragica strada che fu imposta alla Grecia 12 anni fa, e di promettere a Roma un futuro assai simile al tragico presente di Atene. Prospettiva, questa, assai verosimile, cui la Meloni sembra giustamente non essere insensibile.
La porta è dunque piuttosto stretta per una Presidente del Consiglio che è sempre stata dichiaratamente contro il MES, ma che è al tempo stesso consapevole di quanto sia per lei inevitabile ratificarlo per tenersi buoni gran parte degli altri governi europei e degli interessi finanziari che li sostengono. E ciò anche se i di lei seguaci fremono, e non da oggi, di contrarietà. E ancora di più fremono i leghisti, il cui ministro del Tesoro Giorgetti, è però uno dei più attivi
sostenitori dell’opportunità di votare per la ratifica.
Il passato resta comunque innegabile: fatto di ininterrotta ostilità verso il MES. Al punto che non si volle neppure aprire la porta al cosiddetto “MES Sanità”, i cui vincoli erano meno impegnativi e che ci avrebbe consentito di attivare 36 miliardi di euro tutti destinati ad un settore cruciale per il paese a costi molto più bassi da quelli richiesti dal normale mercato finanziario.
La ruota di scorta chiamata PD
Al momento, la decisione di ratificare il Meccanismo europeo di stabilità se l’è assunta l’ineffabile PD, ben sapendo di incunearsi – tatticamente, certo ! – in quelle che appaiono come vistose crepe nella maggioranza, ma anche dando forza alla critica di continuare a fare da sponda ai meccanismi di un sistema finanziario europeo che non ha mai dato la sensazione di preoccuparsi dei ceti popolari. Così come ancora meno questa finanza si dà pensiero di quei criteri di solidarietà che un’applicazione “alla greca” del MES potrebbe, invece, rivelarsi il piede di porco per scardinare un
paese come l’Italia che a causa del suo alto debito pubblico potrebbe finire a gambe levate se in una settimana si facesse alzare lo spread come accadde nel 2011. Cosa che significò la fine di Berlusconi e del suo Governo.
Tutte queste considerazioni avvengono di fronte ad una evidente mancanza di determinazione da parte di Giorgia Meloni, in un senso o in un altro, che cozza completamente con l’impronta decisionista da lei subito data ad
un esecutivo che, nell’immaginario elettoralistico proposto, avrebbe dovuto segnare una nuova pietra miliare su una strada del tutto originale che avrebbe dovuto caratterizzare il più alto tasso di novità del governo di destra. Sei per il MES? E’ il momento di dirlo chiaramente, quali che possano esserne i motivi. Sei contro? A maggior ragione va spiegato perché si decide di prendere una linea che è difforme dai desiderata europei. E’ quello che in sostanza ribadisce anche Maurizio Cotta in un altro intervento in materia che ricorda un po’ come funzionano le cose in Europa in materia (CLICCA QUI) .
Un pò quello che INSIEME fece nel suo piccolo dicendo chiaramente che il Mes presentava troppi rischi, ma che sarebbe stato utile, invece, accedere a quello della Sanità (CLICCA QUI). Oggi è bene dire nuovamente (e ricordarlo anche a quelli del PD), avremmo avuto disponibili 36 miliardi per un settore che, nonostante la terribile esperienza della Covid-19, continua invece a fare acqua da tutte le parti.

Giancarlo Infante