La crisi dell’Italia che viene da lontano – di Guido Puccio

La crisi dell’Italia che viene da lontano – di Guido Puccio

La Germania è in recessione tecnica (due trimestri con segno negativo) mentre noi, come si dice in gergo, ”tiriamo”. Lo ha confermato il governatore Visco la scorsa settimana e soprattutto l’ultima rilevazione Istat. In effetti il boom è dovuto largamente al turismo tornato alle condizioni pre-covid.Meglio così, anche se non dobbiamo mai dimenticare il famoso detto di Shakespeare: “Attenti, non è tutto oro ciò che luccica” (Il mercante di Venezia).

Come al solito bisogna sempre guardare la realtà con realismo, senza indulgere nell’euforia perché andiamo meglio della Germania né nello scetticismo della scienza triste. Il primo aspetto da considerare è a breve termine. Il secondo è strutturale.

A breve termine bisogna considerare che la manifattura italiana comincia a risentire della frenata tedesca, dalla quale dipendiamo per il trenta per cento del nostro import-export. La produzione di auto è scesa a quattrocentomila  all’anno quando eravamo oltre al milione e, come si sa, l’indotto dell’automotive è diffuso e importante: dall’aziendina metalmeccanica che produce componentistica all’industria  pesante.

Poi c’è il quadro della transizione fiscale, sempre più incerta tra la riduzione delle ritenute in busta paga e l’introduzione della fantomatica flat tax. Nella  maggioranza di governo il partito più’ rilevante è per la prima soluzione, mentre i suoi alleati insistono per la tassa piatta rivendicata con cembali e tamburi tra le promesse elettorali. Percorrere entrambe le soluzioni nello stesso tempo sarà impossibile come ha osservato con dati alla mano la scorsa settimana il governatore Visco.

Da ultimo, sempre nel breve termine, ci sono le conseguenze della guerra in corso ai confini orientali e la frenata dell’economia cinese che deve fare i conti con la disoccupazione giovanile e soprattutto con il “back restoring”  delle imprese che avevano delocalizzato nella presunta fabbrica del mondo ed ora tornano in patria.

Poi, ci sono i problemi strutturali di sempre: il debito alto, il patto di stabilità europeo che prima o poi rientrerà, il mezzo disastro degli investimenti previsti dal PNRR, il fondo MESS da ratificare se vogliamo restare agganciati all’Europa.

Il debito pubblico per ora tiene con le aspettative di contenimento nel tempo lungo, nonostante gli ottanta miliardi in più per i soli interessi che pesano sulla spesa corrente. Il  patto di stabilità è ancora in discussione aggravato dal fatto che questa volta non saremo soli con Grecia e Portogallo tra gli ultimi paesi più problematici ma c’è anche la Francia, e non solo, che hanno sfondato su debito e spesa corrente.

La ratifica del MESS tra pochi giorni vedrà il nostro Parlamento chiamato a decidere.  Quanto al PNRR è emersa ancora una volta la nostra incapacità  di programmare, organizzare ed attuare gli investimenti per evidenti carenze di professionalità adeguate.

Torna alla mente uno scatto d’ira del ministro Giovanni Marcora, mai dimenticato, che a suo tempo, di fronte alle incapacità di utilizzare i fondi europei per prevenire gli incendi ed attuare i rimboschimenti in Calabria, minacciava di affidare questi lavori ai giovani ragazzi della ex Germania Orientale (DDR).

Anche se l’Italia è più lunga e complessa, la realtà non sembra molto diversa.

Guido Puccio