L’Ucraina e le lezioni che l’Europa non impara – di Mattia Molteni

L’Ucraina e le lezioni che l’Europa non impara – di Mattia Molteni

Gli scontri sul fronte ucraino proseguono ininterrotti da mesi portandosi con se una tragedia umana che sarà ricordata al pari del Vietnam e di altri grandi conflitti dei secoli passati. Sicuramente questo primo conflitto europeo del nuovo millennio è una tragedia umana in primis per chi la subisce ma, purtroppo, è anche una pessima notizia politica per l’Europa.

L’Europa non solo ha fallito nell’evitare questo evento, ma pare non ne abbia tratto le dovute lezioni.

La prima lezione riguarda la deterrenza e la prevenzione. Spiace dirlo ma dobbiamo riconoscere che in Europa abbiamo abbandonato la deterrenza basata sulla forza in stile guerra fredda senza premurarci di procurare un efficace surrogato. Risultato? Putin si è sentito libero di violare qualsiasi legge e diritto e ora facciamo i conti con una guerra tutt’altro che fredda e che potrebbe aver già causato almeno 500’000 vittime da ambo le parti.

La seconda lezione riguarda la possibilità concreta dei membri UE di affrontare un evento diplomatico catastrofico autonomamente. Come previsto nessuno ha potuto farlo e, in ordine sparso, si è corsi tutti sotto l’ombrello NATO accodandosi alla linea dettata da Biden e dall’Alleanza.

“Anche per questo è nata l’Europa – obietterà qualcuno – per ridare peso agli stati europei che singolarmente non possono vedersela con le superpotenze e per consentire un terzietà rispetto agli amici americani”. Tutto ciò sarebbe stato magnifico SE fosse avvenuto MA…  ma la realtà ha dimostrato il contrario.

La terza lezione riguarda la difesa che è un settore statale tanto essenziale quanto complesso. Purtroppo, o per fortuna, oggi non è più l’epoca delle legioni in cui in un inverno si poteva reclutare un esercito e renderlo presentabile sul campo e se da un lato ciò evita “alzate d’ingegno” estemporanee dall’altro lascia gli stati vulnerabili al suicidio politico causato da miopia politica, economocentrismo o semplice imprevidenza. La crisi Ucraina ha mostrato al mondo l’inadeguatezza della difesa europea che affannosamente si sta cercando di rabberciare, spesso senza una razionalizzazione delle necessità. Ovviamente questo processo in Europa sta avvenendo nel solito ordine sparso e indipendente condito da affari che o sono sospetti o sono cantonate clamorose e su questo torneremo in altra sede.

Se da un lato il ravvedimento tardivo in materia lascia spazio a un “meglio tardi che mai” dall’altro pone l’accento sul rischio di perdere conoscenze tecniche fondamentali nel comparto difesa che, nel mondo bellicoso di oggi, si tramuta nel concreto rischio di dipendere da stati terzi per la propria sopravvivenza.

Per questi motivi è necessario approcciarsi al problema con rigore scientifico e morale: da un lato abbiamo l’inderogabile necessità di mantenere un “peso militare” che sia sufficiente a garantirci sicurezza e rilevanza diplomatica mentre dall’altro è fondamentale tener presente che i piedi dell’esercito sono nell’industria militare che può sopravvivere solo con massicci investimenti statali o con costanti vendite. Un esercito senza un’industria che lo sostenga è pressoché inutile. Proprio qui si pone il problema morale: Meglio un’industria costosissima ma i cui sistemi non si diffondono presso soggetti discutibili o un comparto meno gravoso che si sostenta vendendo armi senza troppi scrupoli? A ciascuno, in coscienza, la risposta.

Ovviamente obietterete che esiste la terza via: nessuna difesa. Il che può anche essere una soluzione che però comporta l’accettazione dell’irrilevanza diplomatica e l’obbedienza assoluta a qualsiasi ricatto di chi, invece, un esercito lo mantiene eccome. E no, signori, non si tratta di un’illazione teorica si tratta di cruda realtà perché è esattamente ciò che è successo in Ucraina: uno stato ha reputato indifeso il suo vicino e si è arrogato il diritto di invaderlo per cancellarlo dalla mappa geografica. Altri stati compiono parimenti ricatti più o meno velati ai propri vicini/competitori solo perché hanno i mezzi per concretizzare le minacce e quindi la questione difesa, nell’anno domini 2023, è ancora una solida e spiacevole realtà con cui la politica DEVE fare i conti. Perché, come tutti noi ben sappiamo, fare politica non è solo prendere decisioni propedeutiche al conseguimento di un obiettivo ma è anche assunzione di responsabilità per le conseguenze del proprio operato e delle proprie posizioni politiche.

Mattia Molteni