Meloni e Schlein: tra pragmatismo e potere

Meloni e Schlein: tra pragmatismo e potere

Dovremo un giorno pentirci di aver esultato per la caduta delle ideologie? Il confronto politico ha raggiunto il livello di un piattume preoccupante. La sua versione pragmatica, salutata come liberazione dai filosofemi di una contesa astratta, dietro la quale comparivano visioni o sistemi di valori, capaci solo di intralciare gli “uomini del fare” – vale per la destra, ma non meno per la sinistra – ha desertificato la politica e le culture che ne animavano la vitalità.

Resta il potere. Unico orizzonte. Tutto il resto è fungibile. A tale proposito è emblematica Giorgia Meloni. Governa secondo indirizzi lontani, se non opposti alle ragioni addotte in campagna elettorale e sulle quali ha raccolto il suo significativo consenso. Grazia di stato? Si è scoperta europeista, salvo mantenere in sospeso tutti gli altri paesi pur di non decidere sul MES. Ha scoperto, con lo zelo del convertito, un’affinità atlantica lontana dal sentimento del mondo da cui proviene. Anche il comportamento e l’argomentare – va riconosciuto e qui positivamente – sono lontani dagli strepiti di un tempo.

Pure la Schlein non scherza. Spesso sembra sul punto di mordersi la lingua per non dire quel che le verrebbe spontaneo, ma, d’un tratto, la discosterebbe troppo dal recente passato del PD e forse rinfocolerebbe un dibattito interno, anch’esso sopito. Almeno per ora.

Senonché, le rispettive storie premono a bordo campo, pronte ad entrare in partita appena ve ne fosse l’occasione.
Peraltro, il tema ha una valenza generale, ben oltre le “signore” della politica italiana. E’ ovvio che un leader debba sintonizzarsi all’opinione pubblica, purché non rinunci ad indicare una linea che risponda al suo pensiero e funga da guida ai processi in corso. E’ un equilibrio difficile e delicato. Questione di misura. Comunque, non c’è da sorprendersi che gli elettori disertino le urne e vadano al mare, come si diceva una volta. Non c’è passione, non ci sono stimoli, non c’è più voglia di pensare.

Anche la vicenda del PNRR, a suo modo, è emblematica. Per quel che ne capisce il cittadino comune, mediamente informato, si risolve in una sorta di “bricolage”, un po’ come il vecchio gioco del 15, dove per spostare una casella devi riposizionare tutte le altre. Si toglie un progetto e se ne aggiunge un altro e l’unica linea di indirizzo è riuscire a spendere. Ma per forza di cose bisogna farlo là dove si può, non dove si dovrebbe.

Si tratta del depauperamento complessivo del sistema politico. Concerne la destra e la sinistra. La maggioranza e l’opposizione che non c’è, eppure anche ad essa competerebbe il compito di tenere alto profilo del confronto.
E’ lecito sperare in tempi migliori, senza cedere al rimpianto per una stagione in cui la dialettica politica era viva e coinvolgente ?

CV