Falcone e Borsellino: mafia e ben altro

Falcone e Borsellino: mafia e ben altro

Come tutti gli anni, ieri, si è tornati a Capaci e allo stragismo mafioso. Tante le sincere commemorazioni e la sottolineatura della responsabilità delle organizzazioni criminali che, in un delirio d’onnipotenza, si misero in lotta aperta contro lo Stato nel biennio ’92/’93. Cosa che costituì uno degli antefatti, con la contemporanea “Mani pulite”, per il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.

Nel corso dei passati decenni, però, è cresciuta la conoscenza su quei fatti, su quella stagione con i suoi attori e con i suoi ispiratori, al punto da doversi davvero interrogare se furono questioni di mafia, o di altro. O di mafia e di altro, assieme.

Coraggiose e dettagliate trasmissioni televisive, tra cui spiccano quelle di Report e di Atlantide di Andrea Purgatori, stanno mettendo organicamente insieme pezzi di verità processuali, di documenti, di dichiarazione di pentiti che dovrebbero stimolare anche la politica, dopo che inquirenti e magistrati hanno presentato una sommatoria di tanti parti di un quadro cui dare, finalmente, una cornice certa. Quadro molto spesso del tutto sconosciuto alla maggior parte degli italiani.

Con quel biennio, e il suo carico di sangue, lutti e distruzioni, s’innescò una trasformazione del processo democratico del Paese, caratterizzato soprattutto dalla fine dei grandi partiti popolari contro cui, già a partire dal ’68, si erano indirizzate la strategia stragista, il terrorismo e una serie di organizzazioni segrete, a partire dalla P2 che non nascose mai i propri intenti antidemocratici e di sovvertimento dello spirito e della sostanza della nostra Costituzione.

Dopo quel biennio si innescarono germi ancora più forti della divisione politica e civile, della disarticolazione sociale e dell’allargamento delle diseguaglianze economiche e geografiche, oltre che del perpetuarsi di una libertà d’azione di corpi deviati dello Stato, troppe volte sottovalutata e tollerata.

Ogni tanto si sente parlare di una “pacificazione”. Tutti noi sappiamo come, per le sfide che abbiamo davanti, e che Covid e guerra d’Ucraina hanno ulteriormente aggravato, ne avremmo proprio bisogno.

La “pacificazione” non può essere la ricerca di una omologazione che non sarebbe neppure compresa. Ma potrebbe essere ricercata  se si manifestasse la disponibilità sincera a tornare a quei passaggi di snodo della nostra storia a causa dei quali il  Paese ha smarrito la via. Solo partendo dalla comune e condivisa ricerca della verità storica e politica, si è in grado di ricostruire una base per quella ripartenza di cui l’Italia e gli italiani hanno assolutamente bisogno.