La politica che ha paura delle idee e che crea nemici

La politica che ha paura delle idee e che crea nemici

La reazione alle recenti valutazioni dell’Ufficio studi del Senato in materia di Autonomia differenziata costituiscono solo l’ultima conferma di una difficoltà che una larga parte della politica italiana, e non si tratta di cosa da imputare solo alla destra o solo alla sinistra, di confrontarsi con i problemi in sé e con le diverse valutazioni ed opinioni che quelle questioni sollecitano.

Non è che solamente con l’arrivo di Giorgia Meloni abbiamo a che fare con capi di partito e di esponenti politici alla ricerca solamente degli applausi, giungendo talvolta, per quegli applausi, provenienti soprattutto tra le proprie fila, a cercare d’inventarsi un nemico. Come se questo aggiungesse un valore in più a sostegno delle proprie tesi, o comunque a spiegare la determinazione con cui s’intende andare avanti, quasi esclusivamente partendo dal presupposto del proprio punto di vista.

E’ un qualcosa di insito nel sistema bipolare che abbiamo finito per darci e che manteniamo in vita nonostante nell’arco dei trent’anni passati di cosiddetta Seconda Repubblica ci ostiniamo a concepire la realtà esclusivamente bicromatica. Come se tra il bianco e il nero non esistesse tutta una gamma di colori che, traslando il concetto in termini sociali e politici, ci parla di pluralismo e di una ricca articolazione culturale, sociale e politica che molti provano a costipare all’interno di una visione più semplificata delle cose.

Sempre più frequentemente, allora, si verificano dei cortocircuito. Come quello, appunto, esploso in occasione della diffusione di uno studio dei funzionari del Senato che mostra tutti i limiti e le carenze del progetto dell’Autonomia differenziata la quale rischia di aggravare i problemi del Paese, invece di risolverli.

Poche ore dopo è giunta un’altra riflessione, quella della Banca d’Italia sulla riforma fiscale con l’invito ad affrontare il problema delle coperture, che in gergo più popolare significa l’evitare di trovarsi con meno entrate, e della “flat tax” considerata del tutto “irrealistica”. Così come la pensano in gran parte del mondo dove dappertutto hanno da tempo immemorabile previsto degli scaglioni cui è affidata la funzione di compensare le disparità esistenti tra i diversi gruppi sociali . E noi, questo, lo abbiamo previsto addirittura nella Costituzione il cui art. 53 sancisce il rispetto delle proporzionalità tra solidarietà collettiva e reddito. E’ un principio che nel mondo solamente pochi paesi non applicano: Russia, Estonia, Lituania, Romania, Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Bielorussia, Bulgaria, Georgia, Ucraina e Ungheria.

E’ evidente che alla Banca d’Italia non sarà diretto lo stesso violento attacco portato soprattutto dalla Lega ai funzionari del Senato intervenuti sull’Autonomia differenziata. Ma se ci pensiamo bene, in entrambi i casi si applicano i numeri e le cose non sono guardate ideologicamente.

Ora sarebbe lungo l’elenco delle occasioni in cui anche i governi e i partiti di centrosinistra si sono trovati a non gradire quegli interventi “tecnici” che non si possono definire “politici” solo perché non piacciono. In ogni caso, a chi è affidata la gestione della cosa pubblica viene chiesto di valutare tutto ciò che c’è da considerare per evitare che, come accaduto troppo spesso nel passato, aumenti il carico di debito e di errori lasciati in eredità alle future generazioni.

La politica deve accettare il metodo della dialettica e del confronto invece che abbandonarsi all’idea di essere sempre in un fortino assediato, o vittima di complotti, e questo dovrebbe costituire la cifra di verifica di un effettivo  cambiamento di cui un po’ tutti, destra, centro e sinistra, si dicono alfieri.