Legge Basaglia: grandezze e pochezze dell’Italia

Legge Basaglia: grandezze e pochezze dell’Italia

Sono poche le leggi emanate in questa nostra Italia che non siano presentata con la stentorea affermazione che si tratta della migliore al mondo in materia. Fu detto così anche della 180 del 13 maggio del 1978, detta Legge Basaglia, perché legata al suo principale ispiratore, lo psichiatra Franco Basaglia. La prima e, forse, unico provvedimento al mondo che chiudeva i manicomi e che partiva dal presupposto di molti suoi sostenitori che la malattia mentale non esistesse e che, in realtà, la pazzia dovesse essere considerata un fenomeno sociale e che, quindi, non poteva trovare una risposta con forme di coercizione.

E’ vero, comunque, che quel provvedimento venne approvato dal Parlamento solo quattro giorni dopo la morte di Moro. Era quello il periodo in cui le riforme si facevano davvero e attraverso un libero confronto parlamentare.
La stessa 194 – quella sommariamente definita dell’aborto e che aveva la prima parte, fino ad oggi non attuata, diretta al sostegno della procreazione e che il mondo cattolico ha vissuto come  una sconfitta – venne, a sua volta, approvata pochi giorni dopo, il 22 maggio. E, intanto, si costruiva una grande e fondamentale riforma, quella della 833 diretta a rivoluzionare il nostro sistema sanitario e verrà approvata nello stesso anno, il 23 dicembre 1978.

La Basaglia fu detta una legge di civiltà. E questo fu vero in considerazione delle condizione di veri e propri lager in cui era ridotta la stragrande maggioranza dei nostri ospedali psichiatrici, ordinari e giudiziari. Non ci volle, però, molto perché le strade si riempissero di quei poveri pazienti che, quasi dalla sera alla mattina, si ritrovarono, sì, liberi, ma incapaci a gestire la loro “liberazione”. A Roma, per anni ed anni, alcuni di essi si ritrovavano nei pressi del famoso manicomio  ex Santa Maria della Pietà in cui avevano soggiornato a lungo e che da loro era vissuto come l’unico luogo di riferimento e d’identità. Per questo, sciamavano in quella zona per chiedere le sigarette ai passanti e agli automobilisti fermi ai semafori della zona. Molti di più finirono nelle case dei propri familiari da cui erano usciti dopo gravi fenomeni di schizofrenia che quelle famiglie neppure prima erano state in grado di affrontare. E il tutto si riproponeva con il ritorno a casa di genitori diventati più anziani nel frattempo e, magari, rimasti addirittura soli.

Nessuno era in grado di rispondere alle grida d’aiuto che da quelle case si levavano, sia da parte dei malati, sia da parte dei loro congiunti privi di alcun strumento disponibile per sopperire a quanto, poco o tanto che fosse, erano stati messi a disposizione in quegli ospedali durante il periodo del ricovero.

Il raggiungimento di un più alto tasso di civiltà si scontrava con l’inciviltà generale di un Paese che non sapeva, e neppure lo sa oggi, essere conseguente con le decisioni che assume al fine di predisporre eventuali strumenti alternativi a fronte di un problema che resta e permane anche dopo aver superato vecchie e insufficienti, quanto disumane, risposte.

A 45 anni dal varo di quella legge non è che molto sia cambiato. Ce lo dice la cronaca e tanti fatti della vita quotidiana in cui ci capita d’incappare senza che essi assurgano a notizia. Ce lo dice la difficoltà, talvolta l’impossibilità, ad intervenire in casi conclamati di malattia mentale e, come allora, le famiglie sono sostanzialmente abbandonate a loro stesse e possono solo versare amare lacrime per il dolore e, soprattutto, l’impotenza.

Come vale per tanti provvedimenti, l’ultimo esempio, mutatis mutandis, quello sul Reddito di cittadinanza, anche la Legge Basaglia conferma che troppe leggi rispondono a logiche culturali e politiche spesso distaccate e lontane dalla realtà della vita e da quei problemi che, invece, richiedono un insieme di risposte, anche pratiche e complete nella piena considerazione degli ambiti correlati mancando la quale anche la legge più  perfetta rischia di rimanere solo una bella declamazione di principi senza effetti reali né per la società né per coloro cui è rivolta, certamente con le più buone intenzioni di questo mondo.

Cassandra Melissa Verticchio