I “misfatti” all’anagrafe di Roma- di Giuseppe Gaglioti

I “misfatti” all’anagrafe di Roma- di Giuseppe Gaglioti

Dove eravamo rimasti? Così esordì il compianto Enzo Tortora, dopo la conclusione del suo triste calvario giudiziario, alla ripresa, dopo diversi anni, della storica trasmissione “Portobello”. Come se non fosse cambiato niente in quel lungo periodo di traversie vissute e l’interruzione del programma dovuta a qualche disguido tecnico di breve durata.

Mutatis mutandis e con il doveroso rispetto per una vicenda umana che nulla ha in comune con le vicissitudini quotidiane dei frequentatori del palazzo di Via Petroselli 50, duplice sede del Municipio n.1 e dell’Anagrafe Centrale di Roma, torniamo, dopo oltre un anno e mezzo, sulla scena del “misfatto” per verificare cosa sia cambiato nel frattempo o se il lago dei problemi evidenziati allora abbia ancora i connotati di uno stagno immobile.

Ovviamente non si riscontrano cambiamenti nella collocazione geografica. La Bocca della Verità, il Tempio di Ercole, il Circo Massimo, l’Isola Tiberina con l’ospedale Fatebenefratelli con il loro bagaglio storico continuano fortunatamente, da tempo immemore e nella loro immobile imponenza, a fare da contorno al palazzo.

I dipendenti proseguono nella loro processione giornaliera, fatto salvo il lavoro agile, il cosiddetto smart-working, tributo obbligatorio nei confronti della dominazione linguistica anglosassone, verso i rispettivi uffici. Qualche avvicendamento, alcune rughe in più, diversi pensionamenti favoriti (o sfavoriti?) dalle disposizioni legislative, corpi appesantiti dai chili di troppo, alcuni, purtroppo, così sfortunati da non potersi godere la meritata pensione, volti finalmente scoperti anche se, in molti casi, le mascherine anticovid, lasciando spazio all’immaginazione, facevano sognare allora contorni visivi che la cruda realtà ha cancellato.

C’è chi continua ad essere perennemente in lotta con l’orologio, chi sfoggia quotidianamente outfit sempre diversi e chi, invece, è costantemente fedele ai propri dettami della moda.

Sono cambiati i direttori, è stato eletto un nuovo sindaco che ha fatto del motto “Roma, la città in quindici minuti” il suo fiore all’occhiello.

Ma per chi passa da via Petroselli il tempo sembra essersi fermato. Come statue di cera, gli utenti continuano ad essere perennemente in fila, fin da ore antelucane, nell’anelito di conquistare il mitico “numeretto” che apre la strada alle porte del Paradiso: la conquista del certificato, spesso ostentato a mo’ di trofeo di guerra, la definizione della pratica sul cambio di residenza, il rilascio della fatidica C.I.E, la carta d’identità elettronica, emblema tecnologico avanzato del Municipio 4.0!

Per non parlare della famigerata Casa Comunale, deposito di infinite cartelle esattoriali di cui la decisione del Governo di sbloccarne l’invio, a seguito del rallentare della pandemia, ha contribuito ad aumentare in maniera esponenziale la quantità in giacenza. Corollario di tutto ciò: interminabili code!!

Il palazzo ha anche sopportato, nel frattempo, l’uragano di due tornate elettorali, le politiche e le regionali, che hanno messo a durissima prova le strutture, ormai avanzate negli anni, dell’edificio, oltre che la pazienza dei dipendenti alle prese con il rilascio di innumerevoli tessere elettorali, ormai piene di bollini per il vizio, tutto italiano, di ricorrere frequentemente alle urne o, semplicemente, smarrite o, più probabilmente, dimenticate in qualche vecchio cassetto di casa.

Oggi, però, vorremmo limitare i raffronti con la precedente disamina allo storico Municipio numero uno, quello del centro storico, che, come le sirene di Ulisse, calamita tutti i reietti dei municipi periferici. Sì perché, come se non bastasse l’enorme mole di lavoro di sua competenza, il povero Municipio numero uno, come un vero centro profughi, accoglie amorevolmente tutti gli utenti di cui i municipi periferici, spesso con scuse risibili, sbrigativamente si sbarazzano inviandoli, come pacchi postali, in via Petroselli, affibbiandole così il ruolo di panacea per i tutti i mali demografici della capitale. Vallo a dire “Roma, la città in quindici minuti” ai poveri cittadini che vengono sballottati da un capo all’altro dell’Urbe, spesso per la pigra insipienza di qualche dipendente, una minoranza fortunatamente, o di qualche dirigente incapace di organizzare decentemente il lavoro!

Prendiamo, ad esempio, il settore delle residenze, il cuore pulsante di tutti i servizi demografici. Argomento delicatissimo per i risvolti che determina  e per le conseguenze a cascata su tutto il mondo dei certificati e delle carte d’identità. Senza la residenza il cittadino è acefalo. Non può chiedere, se straniero, l’assistenza sanitaria, la carta d’identità con tutti i servizi ad essa legati tramite i mitici pin e puk, i codici digitali per accedere ai rapporti con la pubblica amministrazione, l’esenzione dal pagamento del parcheggio contrassegnato dalle strisce blu per i residenti di zona. Se italiano, non può ottenere il cambiamento del medico curante, la tessera elettorale e anche la carta d’identità se, nelle more per il completamento del cambio di residenza, dovesse arrivare a scadenza. Insomma, una serie di inconvenienti resa ancora più gravosa dalla durata, eufemisticamente parlando, prolungata della pratica. Il primo municipio della Capitale, tanto per intenderci quello che serve praticamente tutto il centro storico allargato di Roma, vede giornalmente decine e decine di domande di cambi di residenza che la drastica diminuzione, dovuta a vari fattori, del personale ad esso preposto non riesce più a smaltire in tempi dignitosi. Da qui lamentele, proteste, reclami che si riflettono inevitabilmente nell’espletamento di tutte le pratiche ad esso collegate. Ad esempio, un cittadino che, dopo innumerevoli tentativi, riesce miracolosamente a fissare un appuntamento per il rilascio della fatidica C.I.E., rischia di dover rinunciare perché, nel frattempo, non si è completato il cambio di residenza.

Finisce qui? Ma neanche per sogno! E i certificati? Gli estratti? Le copie integrali dei vari atti di nascita e di matrimonio? Gli atti notori? Le autentiche di firme? Una selva di burocrazia che sconcerterebbe chiunque, soprattutto le persone meno abili a districarsi in tale ginepraio. Centinaia di utenti che quotidianamente pietiscono il rilascio di un certificato, mettendosi diligentemente in fila fin dalle prime ore dell’alba fuori dal municipio con il concreto rischio, in alcuni casi, di non riuscire nell’intento. E qua tanto di cappello al personale che, comunque, pur con i limiti dovuti alla cronica carenza di impiegati, in un modo o nell’altro cerca di venire incontro, nei limiti del possibile, alle esigenze della cittadinanza. Eh sì, perché in via Petroselli 50, tutto è urgentissimo! La carta d’identità smarrita o rubata con l’aereo che parte tra cinque minuti, il certificato di stato libero richiesto dal padre per consentire il matrimonio del figlio residente in Papuasia che si sposa il giorno dopo. O l’atto notorio dell’erede che deve sbloccare il conto in banca del defunto, conto su cui risultano depositati ben 12,35 euro, assolutamente essenziali per vivere!

Potremmo continuare. Ma la seconda puntata di questa telenovela termina qua in attesa che gli sceneggiatori riescano a partorire delle idee più accattivanti per aumentare l’indice di gradimento. Del resto il mai sufficientemente rimpianto Lucio Dalla cosa cantava? “L’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando. E’ questa la novità”!

Giuseppe Gaglioti