L’insanguinata Via Crucis d’Israele e Palestina

L’insanguinata Via Crucis d’Israele e Palestina

“Proprio dalla Terra Santa si snoda stasera il cammino della croce dietro a te. Lo percorreremo ascoltando la tua sofferenza, riflessa in quella di fratelli e di sorelle che nel mondo hanno sofferto e soffrono la mancanza di pace, lasciandoci scavare dentro da testimonianze e risonanze giunte all’orecchio e al cuore del Papa anche nel corso delle sue visite. Sono echi di pace che riaffiorano in questa “terza guerra mondiale a pezzi”, grida che vengono da Paesi e aree oggi dilaniati da violenze, ingiustizie e povertà. Tutti i luoghi dove si patiscono conflitti, odi e persecuzioni sono presenti nella preghiera di questo venerdì santo”.

Questa la preghiera iniziale della Via Crucis di ieri sera al Colosseo. E la situazione in Terra Santa irrompe sullo scenario internazionale anche perché là si sta vivendo un pezzo di violenze, ingiustizia e povertà di cui ha parlato Papa Francesco. Errori ed errate valutazioni, di entrambe le parti, fanno ritenere che, purtroppo, questa sarà una Pasqua di conflitto in Israele, Palestina e nelle aree più prossime, come la Striscia di Gaza e il Libano. A conferma che i sentimenti religiosi, quando si aggrovigliano con quelli del confronto tra popoli e stati finiscono per diventare ulteriore fattore di scontro se, reciprocamente, si continua a vivere solo seguendo il senso di ostilità e di diffidenza. Se ne parla poco, ma è indubbio che le questioni economiche, l’innalzamento dei costi della vita pesano molto sul clima che coinvolge tutta la regione.

L’uccisione di ieri sera, a Tel Aviv, del nostro connazionale Alessandro Parrini, e il ferimento di altri due italiani, a seguito dell’attentato rivendicato dalla Jihad islamica irrompono drammaticamente e ci costringono più che mai a seguire la situazione che, in Israele e in Palestina, è diventata ancora più incandescente tra un susseguirsi di inutili provocazioni, scontri armati, assassinii. I palestinesi hanno reagito al doppio intervento dei militari israeliani nella moschea di Al Aqsa  agli inizi della Pasqua ebraica e in pieno mese del Ramadan islamico. La reazione dei palestinesi non si è fatta attendere con gli scontri in uno dei luoghi più sacri per i musulmani e con il lancio di razzi da Gaza e dal sud del Libano. Due sorelle israeliane, inoltre, sono state uccise nei pressi di un insediamento di coloni ebrei in Cisgiordania nel corso di un attacco armato. Jet israeliani hanno bombardato per ritorsione postazioni di Hamas nella Striscia e in Libano.

Al momento, insomma, sembrano del tutto inascoltate le pressioni statunitensi per fare si che almeno nel mese del Ramadam si osservasse un periodo di tregua nello scontro in atto dopo l’insediamento di un governo di estrema destra alla guida di Israele.

In difficoltà finiscono anche tutti i paesi arabi, in particolare Egitto e Giordania, che da decenni hanno stabilito con Israele buone relazioni, ma che non potranno reggere a lungo un aggravarsi del conflitto con i palestinesi. Una situazione resa particolarmente complicata anche per le gravi situazioni sociali provocate, anche là, dall’aumento dei costi delle materie prima e, in particolare, da quelle alimentari. Se, come ha minacciato il Ministro degli esteri Lavrov, la Russia dovesse interrompere la distribuzione del grano ucraino, saremmo davvero al riproporsi delle “primavere arabe” che infiammarono, per motivi prevalentemente economici, tutta la sponda sud del Mediterraneo.

Alessandro Di Severo