La cultura nazionale: posti e prebende

La cultura nazionale: posti e prebende
Ci sarebbe davvero da ridere se la questione non rischiasse di finire per riguardare la spesa pubblica. La destra vuole aprire una battaglia ideologica per sostituire, con il proprio, il “dominio culturale del Paese della sinistra. Ci troviamo di fronte a chi pensa di sollevarsi tirandosi su con gli straccali.
Ammesso che oggi, in una società tanto pluralista e con sollecitazioni di ogni genere d’ordine culturale ed esistenziale, abbia un senso ridurre una cosa seria com’è la cultura, ad uno scontro ideologico di natura esclusivamente di partito. E sottovalutando, tra l’altro, come la politica, purtroppo, si riveli sempre meno interessante agli occhi degli italiani.
C’è da rendersi conto, comunque, che la destra italiana è stata per decenni emarginata e confinata in una sorta di “riserva indiana” dal cui interno si è finito persino per perdere la conoscenza orografica di quel che c’è fuori e, pertanto, tutto quanto ha finito per essere guardato con ostilità ed appiattendo tutto sulla cosiddetta “cultura comunista”. In realtà, roba morta e sepolta da un pezzo, persino da prima che il crollo del Muro di Berlino suonasse il rintocco ufficiale della fine di un mondo, qual era quello che ruotava attorno al Pci, e dei suoi uomini di cultura, cinema, case editrici, giornalismo, costretto a rimisurarsi con la Storia e la dura realtà delle cose.
Ma forse ci stiamo addentrando in un discorso persino troppo serio che sembra avere poco a che fare con l’incontro romano sulla “cultura nazionale”. Ovviamente organizzato dalla destra, in particolare da Fratelli d’Italia. Come se la “cultura nazionale” potesse avesse un colore politico ben preciso e non formare un caleidoscopio di cui gli aspetti politici sono solamente quelli legati alla distribuzione del pubblico denaro attraverso la veicolazione che ne fanno i partiti.
Ancora una volta dobbiamo constatare come mentre questo Paese diventa sempre più povero culturalmente e, non a caso, sia pure in termini sbagliati, si pone il problema della lingua che costituisce una dei primi veicoli grazie al quale si dipana il sistema dell’apprendimento e della relazione, riscopre le divisioni ideologiche, ammesso che tali beghe da pollaio siano degne di questo nome.
A questo portano a pensare gli scarni commenti su quella che è stata la giornata per la cultura della destra. Su cui non verrebbe da dire molto se non vi avessero partecipato personaggi che proprio nell’ambito della responsabilità istituzionale di governo hanno assunto delle posizioni apicali nell’ambito della “cultura nazionale”. Al punto che si è portati a dubitare che il loro ruolo possa finire per essere, non quello del sostegno alla cultura complessiva del Paese, ma solo di quella che pensa di rappresentare la loro parte politica.
“Pensare l’immaginario italiano” è stato il titolo che ha riunito molti politici di destra e pochi pensatori degni di questo nome con una fama davvero riconosciuta in Italia e all’estero. E già il titolo è tutto un programma in grado di spiegare quel tirarsi con gli straccali cui sopra.
Tra i pochi resoconti giornalistici abbiamo trovato una presentazione dei tre organizzatori:
Alessandro Amorese, parlamentare di Fratelli d’Italia e autore di diversi saggi (ovviamente tutti in vendita) dedicati alla militanza giovanile missina, fascista e postfascista, e poi Emanuele Merlino e Francesco Giubilei. Il primo è dirigente di Fratelli d’Italia, figlio proprio di quel Merlino il cui nome è tristemente legato alla stagione delle stragi di Stato, per il partito si occupa di organizzare la strategia culturale, illustrata in un documento intitolato Controegemonia; il secondo è l’enfant prodige della destra di governo, direttore della Fondazione Tatarella, segretario di Nazione Futura, giornalista ed editore, ma soprattutto opinionista ormai onnipresente in tv” (CLICCA QUI). Nessuna candidatura al Nobel della Letteratura o agli Oscar, insomma.
L’impressione è che tutto si proverà a farlo finire a … “tavola” ripercorrendo la stessa strada che fu di una parte della sinistra che si prese la sua parte di finanziamenti e di gestione in Rai, nel cinema e negli enti pubblici che si occupavano di spettacolo e teatro. Per fare tutto questo non è certamente necessario fare grandi, in realtà modesti, sproloqui.
Quello che conta è che a livello istituzionale s’investano i soldi per quello che davvero è importante per sostenere gli le iniziative e gli operatori culturali che, al di là di ogni divisione politica, in Italia ancora esistono nonostante … i nostri voraci politici. Dietro la battaglia ideologica si nasconde ben altro, insomma…