La privatizzazione della sanità – di Michele Marino

La privatizzazione della sanità – di Michele Marino

­Chi è più fortunato di tanti altri, come me, deve sforzarsi a comprendere e possibilmente immedesimarsi nella difficile situazione della gran parte dei cittadini italiani o di stranieri residenti nel nostro Paese, i quali debbono necessariamente rivolgersi alle strutture ospedaliere per effettuare esami endoscopici, interventi chirurgici e terapie post-chirurgiche.

Sembra assurdo e nel contempo retorico affermare che è uno scandalo registrare ciò in una nazione del G7 ove è necessario, ma sottolineo illegittimo, dover attendere dai sei ai nove mesi per ottenere l’agognata prestazione sanitaria, pagata anticipatamente dagli onesti contribuenti! Ma tant’è e questo stato di fatto viola palesemente quanto disposto dall’articolo 32 della Costituzione:”… fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”; si tratta di una norma che fu una grande conquista di civiltà democratica voluta saggiamente e pervicacemente dai nostri Padri costituenti, ma che non viene applicata alla lettera e neanche sufficientemente invocata o impugnata dalle tante (spesso inutili) associazioni di consumatori/utenti, “cittadinanza attiva” o tribunale dei malati che sia.

Lo scenario complessivo che si presenta ai nostri occhi è doppiamente preoccupante alla luce del disegna di legge a firma del sen. Calderoli – in cerca di maggior consenso nelle aree padane – che disciplina la c. d. autonomia differenziata (come se non fosse già, di fatto, in vigore da sempre) tra le regioni centro-settentrionali e quelle meridionali ed insulari, accentuando inevitabilmente, in prospettiva, quel divario già enorme che si riscontra nell’erogazione dei servizi sanitari.

Si fa un bel parlare di LEP = livelli essenziali delle prestazioni, principio che regolamenterà ogni tipo di attività statale nei confronti di chi ne ha diritto a fronte di un obbligo ex lege che sta per esser stravolto, depotenziato e camuffato da parametri astratti per effetto di studi, ricerche e documentazioni tecnico-amministrative che, verosimilmente con l’ausilio dell’intelligenza artificiale,  non saranno comunque in grado di assicurare la piena osservanza dell’art. 32 della carta costituzionale in modo uniforme e indifferenziato a tutti i richiedenti.

Che dire?!? Neanche la dura e tragica esperienza epidemica e pandemica ci ha regalato un reale, sincero avvicinamento del potere politico ai mali della sanità pubblica, degradata terminologicamente a “Salute”; né è stata capace di renderli coerenti nel rispettare l’impegno solenne e reiterato a deliberare adeguati incrementi economici al personale medico e paramedico che si era prodigato fino all’estremo sacrificio nel periodo del Covid ’19.

Sono poi ben noti gli interessi loschi, malavitosi ed occulti che gravitano e si moltiplicano attorno agli appalti ed in genere alla gestione finanziaria dell’apparato sanitario, in cui gli appetiti della politica e dei peggiori lobbisti spadroneggiano dall’epoca di “tangentopoli”.

Che non sia questa la vera priorità che debba affrontare, a beve-medio termine, il Governo Meloni? Ed è qui, piuttosto che su falsi problemi come quello della messa a bando delle vecchie autovetture a partire dal ’35, che il popolo italiano potrà valutare la novità e la validità del primo governo di destra nella storia repubblicana dopo tante promesse e impegni vari. Or dunque, mi pare che sia da scongiurare una riforma dell’assetto regionale che potrebbe nuocere ulteriormente alle popolazioni delle regioni del Mezzogiorno e delle sole già in sofferenza da decenni sia per la qualità delle prestazioni sanitarie, sia per la quantità dei nosocomi a causa della ristrutturazione e conseguente riduzione operata una ventina di anni fa.

In ultima analisi, considerata la carenza di personale nonché di strutture ospedaliere (particolarmente nelle zone interne del sud Italia) e tenuto conto del fatto che il bilancio sanitario nazionale tende a diminuire a favore della spesa militare per la nostra partecipazione al conflitto russo/ucraino (!), è assolutamente auspicabile che la riforma migliore sia quella di restituire al Ministero della Sanità le competenze gestionali concentrando le responsabilità in un unico centro di spesa, e quindi il potere di controllo, vigilanza e monitoraggio del sistema ospedaliero nazionale, inclusa una più trasparente e qualificante organizzazione delle ASL, oltre al rilancio e alla riorganizzazione sul territorio del “medico di famiglia”.

Michele Marino