I migranti e la necessità di tutta un’altra politica – di Roberto Pertile

I migranti e la necessità di tutta un’altra politica – di Roberto Pertile

Migranti: la crisi oggi è la Libia; ieri, la Tunisia; domani… Commentatori discutono sui giornali in merito alla creazione di canali di ingresso flessibili; altri sull’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro dei migranti; alcuni su iter formativi per mansioni scoperte dall’attuale domanda. I più non tengono conto che la maggioranza dei migranti approdano in Italia per andare in altri paesi europei, così che non ha fondamento la lamentela che, nel medio periodo, tutto il peso dell’accoglienza è sulle spalle dell’Italia.

Diffusi sono i fenomeni di razzismo. E molti italiani sono convinti che il fenomeno dell’immigrazione sia una sciagura piuttosto recente. In realtà, basta sfogliare un qualsiasi testo della scuola dell’obbligo per constatare come grandi movimenti migratori abbiano caratterizzato, fin dalla preistoria, il corso dell’umanità.

Intere popolazioni si sono spostate, nei secoli, in cerca di un pascolo migliore, o inseguendo la cacciagione; più di recente, per sfuggire a condizioni di vita ormai proibitive e al limite della sussistenza. Dobbiamo considerarlo un reato?

La Terra è un patrimonio di tutti, nessun Dio ha mai assegnato la Germania ai tedeschi o la Francia ai francesi ( tantomeno l’Ucraina a Putin, forse qualcuno dovrebbe avvertirlo!).

I nostri connazionali che si ritengono ricettori, e quindi vittime, dei barconi di immigrati forse non sanno che, nell’ultimo triennio, il movimento degli italiani immigrati all’estero è aumentato dell’87%; e che, negli anni ’30, ben 59 milioni di Europei si sono trasferiti “altrove” nel mondo (pensiamo anche solo all’Argentina), contribuendo non poco, una volta integrati, alla crescita di cultura e civiltà del paese ospite.

Il processo migratorio è, oggi, lasciato alle leggi del libero mercato per la convenienza economica dei paesi ricchi di poter disporre a livello globale di una forza lavoro a basso costo.

Al giorno d’oggi, una visione più ampia del fenomeno immigratorio  ( e qui non possiamo non citare papa Francesco , che ne ha un’esperienza diretta ) vede nell’immigrato non una persona da sfruttare, ma piuttosto un’opportunità di diversificazione culturale, di arricchimento culturale e sociale che fa bene a tutti, purché si provveda al suo inserimento in una società in grado di rispettarne i valori e le diversità. Il presupposto è la propensione verso l’uguaglianza degli uomini.

Ovviamente, l’Italia non può fare tutto da sola. Ma non è utopia auspicare, in tempi non necessariamente biblici, la fondazione di una Agenzia Europea (e di chi altri, se no?), a capo di una rete di terminali presenti nei vari paesi,  per l’integrazione e la gestione del flusso migratorio. Non tanto per decidere a chi competa il salvataggio dei naufraghi quando stanno per annegare, ma per una politica innovativa, sostenuta da norme di diritto internazionale, per la riqualificazione e la rivalutazione del Capitale Umano.

Siamo chiamati ad un grande investimento nella coesione sociale a livello globale per una qualità unificante della dignità di tutti gli uomini, uguali tra loro; obiettivo da perseguire scientificamente, non bastando l’apprezzabile volontariato. La strada verso l’uguaglianza  è lunga da percorrere. I paesi più poveri sono i più esposti a subire i danni del modello di sviluppo dei più ricchi, che si traduce sovente in un neo colonialismo. La storia dei migranti, infatti, è una domanda di libertà e di dignità , domanda che si attua con la modifica dei rapporti di forza , che possono essere realmente cambiati con una mobilitazione profonda e diffusa, mediante , cioè, un’azione pacifica prioritariamente diretta a ridurre le disuguaglianze che esistono tra gli uomini.

I processi di migrazione costringono, quindi, a pensare politicamente ad un’azione globale e pacifica, basata su una piattaforma di misure mirata alla trasformazione delle condizioni politiche e sociali che impediscono il cammino verso l’uguaglianza di tutti gli uomini.

Roberto Pertile