Migranti, una tragedia antica – di Giuseppe Careri

Migranti, una tragedia antica – di Giuseppe Careri

Il mare di Crotone ha restituito altri tre corpi, due bambini e un adulto. Diventano così 76 le salme recuperate dopo il naufragio della nave dei migranti sulle coste calabresi; 22 sono bambini al di sotto di dodici anni.

Malgrado la tragedia di Cutro, gli sbarchi non accennano a diminuire. Anzi, nella giornata di ieri oltre 1300 migranti sono stati soccorsi dalla guardia costiera calabrese e da quella siciliana. Carrette arrugginite messe in salvo dall’opera di soccorso di tanti uomini addetti al recupero di poveri derelitti costretti a lasciare il loro paese in guerra o in regimi autoritari. Sono 4 mila i migranti arrivati nelle coste calabresi e siciliane negli ultimi giorni. I centri di accoglienza sono strapieni di povera gente in attesa di essere identificata e smistata sul altri centri di recupero.

Le strazianti immagini televisive mostrano le ultime fasi di recupero di un barcone proveniente dalla Libia con a bordo oltre 500 persone ammassate in spazi ristretti, prive di ogni elementare norma di sicurezza. I migranti sono stati trainati a riva dalla Guardia Costiera dove solo per un miracolo il barcone non si è rovesciato con le conseguenze che si possono immaginare.

Il salvataggio di barconi prosegue incessantemente per l’arrivo di altre imbarcazioni che fuggono dai loro paesi in guerra o devastati da un terremoto devastante come accaduto recentemente in Turchia e Libia.

Da giorni, ormai, si assiste nei vari talk show televisivi e dai resoconti dei quotidiani ad accuse delle opposizioni per il mancato soccorso del caicco da parte delle autorità italiane che si è incagliato a pochi metri dalla riva di Crotone. Polemiche infuocate anche durante la conferenza stampa del Governo a Cutro dove i giornalisti, almeno in questa occasione, hanno contestato le “non risposte” del governo alle loro contestazioni sull’omissione di soccorso. Oltre alle accuse al governo di Giorgia Meloni e al Ministro Piantedosi rivolte dai giornalisti, c’è una inchiesta della procura di Crotone che, documenti alla mano, dovrà chiarire le ragioni del mancato soccorso di quei poveri migranti a pochi metri dalla riva.

Certo, da osservatori, è giusto avere dei dubbi sull’inefficacia, almeno in questo caso, dei soccorsi in mare. La Guardia di Finanza ha tentato di raggiungere il barcone e, non riuscendo a raggiungerlo per il mare forza quattro, era quanto meno doveroso allertare la Guardia Costiera per verificare, con i loro mezzi inaffondabili, quale era il problema di questa imbarcazione che si stava dirigendo verso Cutro. Si spera, a questo punto, che la magistratura faccia luce su questo gravissimo episodio che al momento ha visto la morte di 76 persone di cui 22 bambini.

Continuano intanto le proteste con cerimonie religiose sulla spiaggia di Cutro che ha vissuto e sta vivendo un lutto universale per la morte di tanta povera gente. Ma le lacrime non bastano. Occorre coinvolgere finalmente l’Europa per una lotta comune per scongiurare in futuro tragedie come questa di Cutro.

L’Italia da sola non può farcela, al di là di errori ed omissioni commessi in questa tragedia di Cutro. E’ necessaria la collaborazione di tutta l’Europa per trovare finalmente una soluzione definitiva che consenta delle immigrazioni regolari, peraltro utili per la nostra economia, e impedisca agli scafisti di speculare sulla vita della povera gente che spesso coinvolge anche donne e bambini appena nati.

Da sempre esiste l’emigrazione. Noi italiani ne abbiamo usufruito con milioni di persone che sono emigrate in America, Argentina, Brasile e in tanti altri paesi. Fin dal 1892 i nostri emigranti che fuggivano dalla guerra e dalla fame  arrivavano con la nave negli Stati Uniti,  a Ellis Island, un isolotto artificiale, un centro di detenzione per i rimpatri forzati nella baia di New York. I passeggeri più poveri di terza classe venivano sottoposti a visita medica e “segnati” sulla schiena con un gesso. PG per le donne incinta, K per l’ernia, X per problemi mentali. Già all’epoca esistevano le quote: 17 mila dall’Irlanda, 7.400 per l’Italia.

 

Nel 1884 un famoso italiano, Edmondo De Amicis, s’imbarca a Genova per ripercorrere la traversata di tanta povera gente che emigrava per trovare fortuna. A bordo della nave parla con gli ultimi, i diseredati in cerca di fortuna lontano dall’Italia. Ne scrive una famosa poesia di cui ripropongo uno stralcio:

Pallidi, in atto addolorato e grave, Sorreggendo le donne affrante e smorte,

Ascendono la nave, Come s’ascende il palco della morte, Sin lunga fila, umili e muti, Ammonticchiati là come giumenti, Sulla gelida prua morsa dai venti migrano a terre inospiti e lontane; forse morrete là senza compianto, e i figli nol sapranno, e andrete ignudi e soli al camposanto.

Giuseppe Careri