L’uso della “marcia indietro”

L’uso della “marcia indietro”

Sono pochi i provvedimenti annunciati dal Governo Meloni per i quali non sia stata messa la “marcia indietro”. È evidente come il “siamo pronti” debba fare i conti con delle carenze strutturali che risalgono, per quanto riguarda direttamente Giorgia Meloni e i suoi di Fratelli d’Italia, ad una lunga esperienza di opposizione, ma principalmente giocata sul piano delle enunciazioni e con una forte carica ideologica. Come del resto si rileva dai temi agitati e dal linguaggio utilizzato. Non è senza conseguenza il modo in cui si è formata questa maggioranza che si conferma come occasione quasi esclusivamente elettoralistica, sia pure presentata con l’ambiziosa idea di rivoltare il Paese come un calzino. Finiremo a sentire riproporre l’amara conclusione di Mussolini secondo il quale governare gli italiani non è impossibile, ma inutile?

A guardare i risultati di questi quasi tre mesi di governo cosa dovremmo aspettarci? In fondo, lo dice l’adagio, il “buon giorno si vede dal mattino”. Tutto andrebbe comunque bene; saremmo, in fondo, nella media della mediocrità delle nostre classi dirigenti se non si fosse promesso di ingranare la quinta.

L’ultima retromarcia è quella sulle intercettazioni, ma lo stesso vale in contemporanea per i rapporti con i benzinai che rimproverano al Governo di non mantenere gli impegni presi.

Lo sfortunato Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che da Pm le ha, anch’egli, usate a profusione, si è trovato tra i piedi l’arresto di Matteo Messina Denaro dovuto in gran parte proprio all’uso massiccio e continuato di questo strumento utilissimo in tutta un’infinità dei casi in cui si deve provare a garantire l’ordine pubblico e una di quelle cose che proprio ci manca: la Giustizia.

Dopo aver a lungo messo la lancia in resta contro le intercettazioni, adesso, quelli della destra provano a chiarire e a precisare. Ma finendo per far nascere il dubbio che non sappiano davvero di cosa parlano quando dicono che nessuno ha mai pensato di eliminarle in caso di mafia e terrorismo. Come se non sapessimo che, poi, restano tutti i problemi dell’evasione fiscale, della corruzione e dei reati contro la finanza pubblica, il continuo intervento per manipolare gli appalti, e così via.

Si  continua ad usare il cannone per sparare contro le formiche per poi precisare che, in realtà, ci si riferisce solo  all’uso improprio delle intercettazioni e al terribile fatto che tante persone si ritrovano con il proprio nome coinvolto in vicende in cui non c’entrano assolutamente niente. Chi ha letto decenni fa “L’onore perduto di Khatarina Blum” non può che essere d’accordo. Ma che c’entrano gli usi distorti di strumenti assolutamente necessari contro la criminalità grande e piccola con gli strumenti in sé?

Il discorso delle intercettazioni, dunque, è stato avviato nella maniera peggiore perché si è continuamente dato l’impressione che si volesse, in effetti, cancellare lo strumento invece che intervenire, giustamente, sui suoi successivi usi al di fuori dell’indagine o del processo. Lo è stato fatto da ampie parti della maggioranza in un modo tale da far pensare che si possa persino trattare di un “prezzo da pagare” a qualcuno e dimenticando un altro famoso adagio: “male non fare, paura non avere”. Un adagio che hanno ben presente i cittadini che, magari, vorrebbero vedere tanto accanimento speso anche per la giustizia che li riguarda personalmente.

Se l’obiettivo è quello di evitare distorsioni dell’uso delle intercettazioni si vada avanti in quella giusta direzione, ma si dica con chiarezza che solo di quello si tratta evitando inutili polveroni che, poi, costringono a spericolate ed umilianti marce indietro. Non fanno bene al Governo da cui ci si aspetta sempre idee chiare, e non fanno bene al Paese. Il quale rimane insicuro sulle capacità di guida di chi si è voluto mettere al volante.

CV