La Cina tra Via della seta e schiavitù

La Cina tra Via della seta e schiavitù

“….reprimere risolutamente le attività di infiltrazione e di sabotaggio da parte di forze ostili….”, così recita la risposta del Partito Comunista Cinese alle manifestazioni che dilagano in Cina, dove pare che almeno un terzo della popolazione, in decine di città, sia ancora costretta al lock-down.

Ammirati dalla crescita economica e produttiva dell’ “Impero celeste”, dall’ espansione dei suoi commerci e della sua capacità di occupare, in modo particolare nel continente africano, posizioni strategiche ben oltre i suoi confini, colpiti dalle mirabilia della Vita della Seta, ci siamo dimenticati che in Cina sopravvivono i comunisti. O, detto altrimenti, la dottrina marxista-leninista, generosamente adattata al “genius loci”, ha fornito gli strumenti concettuali e strategici per prolungare, anche nel tempo della modernità, grazie alla dittatura maoista ed ai suoi epigoni, la condizione di soggezione e di schiavitù che il popolo cinese vive da tempo immemorabile, passando il testimone dell’ impero da una dinastia all’altra.

Il ricordo degli studenti di Piazza Tienammen e’ andato progressivamente impallidendo e la stella di Xi Jinping è ammirata come simbolo di continuità del potere e di governabilità stabile, secondo la narrazione smagliante dell’ avanzata cinese che ci raccontiamo anche in Occidente.

Quando un popolo cresce dal punto di vista economico e produttivo, migliora la propria condizione di vita e guarda oltre la necessità di beni materiali per la mera sopravvivenza, amplia le relazioni con il resto del mondo, conosce sia pure per sentito dire, soprattutto attraverso i suoi emigranti in ogni parte del pianeta, cosa significhi vivere in una condizione di libertà, condivide con il resto del mondo opportunità e limiti della globalizzazione, concorre pienamente allo sviluppo della comunità internazionale non solo nel campo dei commerci, ma anche, ad esempio, nell’ambito della ricerca e della scienza, è impossibile immunizzarlo contro quei valori di libertà, di autonomia, di dignità’ e di responsabilità che rappresentano il cuore delle aspirazioni di ogni uomo è, nel contempo, la condizione previa di ogni ordinamento democratico.

A fronte delle difficoltà interne, si comprende meglio perché il regime cinese assecondi l’instabilità dell’ordine internazionale provocata da Putin ed i reiterati attacchi a Taiwan: si tratta ci creare diversivi, di accendere fuochi, di alzare rumori di guerra che coprano la violenza del guanto di velluto che opprime un popolo e può, da un istante all’altro, mostrare la presa d’acciaio che il velluto a fatica riesce a mascherare.

Due considerazioni andrebbero ancora sviluppate. La repressione della libertà è un elemento costitutivo e, a questo punto, “necessario” della crescita cinese, con tutto ciò che questo comporta. I comunisti, sotto ogni cielo, non possono ammettere errori – tutt’al più autocritiche di funzionari infedeli allo spirito incontaminato del regime – dato ogni fessura, in un impianto rigorosamente ideologico, rischia di rappresentare l’ incipit inarrestabile di una frana.