I migranti tra ostilità e inerzia – di Domenico Galbiati

I migranti tra ostilità e inerzia – di Domenico Galbiati

Ciò che manca nella furibonda disputa sul fenomeno migratorio concerne, anzitutto, quell’ attenzione al carico enorme di sofferenza che reca con sé e, forse, si dà per scontato, ma intanto, viene sostanzialmente accantonato. Ne consegue che si discute, in modo rabbioso ed accanito, solo di numeri.

Le vite, le storie dei migranti spariscono in una massa indistinta di decine di migliaia di persone senza volto che i paesi dell’ UE si rinfacciano a vicenda, quasi fossero un oggetto contundente con cui reciprocamente ferirsi. Purtroppo la constatazione che se ne può’ trarre depone per una debolezza della classe politica che in nessun paese segnala la presenza di un autentico “statista” che sia in grado, a costo di navigare controcorrente, di imporre la necessaria attenzione al rilievo storico ed epocale delle migrazioni.

Occorre, innanzitutto, la consapevolezza che il “fenomeno”, appunto, vada studiato come tale, conosciuto nei suoi reali elementi costitutivi per poter essere auspicabilmente “governato”, se mai riusciremo a farlo, senza, però, aspettare ogni volta la morte di un neonato o di una donna incinta, per accorgerci che su ogni barcone + in gioco la singolarità irripetibile di tante vite ed ogni vita è un mondo che viene meno ed impoverisce anche noi ogniqualvolta una persona muoia prematuramente, senza aver goduto della piena facoltà di sviluppare, accrescere e, a sua volta, trasmettere, come dono, quella ricchezza di valore umano che sta nei presupposti di ogni vita particolare.

Il Mediterraneo – come dice Papa Francesco – è davvero un cimitero in cui, con migliaia di migranti, è sepolta anche la nostra cattiva coscienza che, in fondo, mette in discussione e compromette quella condizione di libertà che consideriamo un privilegio, eppure ci appartiene legittimamente solo a condizione di essere condivisa e non considerata un patrimonio autoreferenziale ed esclusivo.

Le parole schiette e crude, taglienti e definitive pronunciate dal Santo Padre contro ogni forma di populismo rappresentano un monito per tutti. Per chi alimenta sentimenti ostili e pregiudizi nei confronti dei migranti, accampando motivi di identità “nazionale” da preservare e, dunque, confini da difendere. In realtà, utilizzando tali argomenti al fine di suscitare reazioni emotive che, nell’ottica del “capro espiatorio”, consentano di rassicurare, sedandolo, quello stesso sentimento di “all’erta” che si è strumentalmente suscitato, chiudendo, in tal modo, un circolo vizioso ed artefatto, promosso ad arte e diretto ad ottenere consenso.  Ma il monito di Papa Francesco vale anche per forze politiche che, pur dichiarando una differente attenzione ed una benevola disponibilità nei confronti dei migranti, di fatto non avanzano proposte su cui mostrino di voler effettivamente impostare un duro e rigoroso confronto politico con la destra.

Il tema è scottante e suggerisce una inerte prudenza, chiamiamola così. Senonché, le migrazioni non sono un accidente di breve momento o, comunque, un fenomeno connesso a condizioni contingenti, auspicabilmente transitorie, se non altro circoscrivibili ad un tempo di cui si possa, fin d’ora, scorgere un termine ultimo.
Sono, piuttosto, la “cifra” ineludibile di una umanità che, ben piu’ di quanto non siamo disposti ad ammettere, abbandonando comode consuetudini e confortanti certezze, si avvia ineluttabilmente verso una nuova fase storica, che, sotto una soffocante coltre di inquietudine, probabilmente nasconde una prospettiva di arricchimento oggi inaspettato.

Domenico Galbiati