Meloni: sempre più alla prova dei fatti – di Domenico Galbiati

Meloni: sempre più alla prova dei fatti – di Domenico Galbiati

Giorgia Meloni ha effettivamente quell’attitudine alla leadership di cui tutti paiono convinti? Lo si potrà stabilire solo alla prova dei fatti.

E’ quello che vien da chiedersi dopo due giorni di esternazioni del Cavaliere. Esternazioni gravi, soprattutto quelle riferite alla guerra scatenata dal “dolcissimo” Putin. Se bastassero i voti per fare un leader, perfino del Salvini 2019 si potrebbe dire che fosse un leader. Cosa manifestamente infondata.

Una reale capacità di leadership – assumendo che un conto è essere leader, tutt’altra cosa è  fungere da capo e la seconda ci può stare senza la prima – è data da una miscela equilibrata e complessa di più fattori. Che la miscela sia riuscita bene lo si evince, ad esempio, dall’autorevolezza del leader che è tutt’altra cosa che non l’autorità. Anzi, quest’ultima è un surrogato, una maschera, un supplemento che subentra laddove l’autorevolezza è carente. L’autorevolezza, al contrario, è ferma e pacata, coinvolge senza chiedere cedimenti emotivi al “carisma” del leader, non pretende obbedienza, non chiede il sacrificio della propria libertà di pensiero, anzi sollecita la capacità critica e l’autonomia di giudizio di ognuno, trasmette un senso di sicurezza e delinea un orizzonte comune, promuove la coesione sociale. Il leader sa coltivare un’empatia che il capo non conosce ed, anzi, giudicherebbe essere una debolezza.

Si possono considerare accanto a leadership personali, anche leadership più larghe, in capo a gruppi dirigenti o a coalizioni, alleanze strutturate di più forze. Applicato cumulativamente alla nostra destra, da questo criterio di leadership cosa si può evincere? Va detto, innanzi tutto, che è faticoso, indecifrabile, ma a questo punto soprattutto inutile, seguire, ad horas, il decorso delle convulsioni che tormentano la destra. Hanno vinto, ma pare che di questa vittoria non sappiano cosa farsene. Anziché la stabilizzazione attesa e, cioè, la formazione di un quadro politico garante di una governabilità efficace, siamo finiti su un ottovolante, cosicché, comunque la si metta, quell’attimo di fiducia che pareva accendersi dopo l’esito elettorale del 25 settembre, è già ampiamente evaporato.

La luna di miele è già finita? C’è chi, pur di tamponare la falla, cerca di derubricare le esternazioni di Berlusconi a fatto senile, ma non è cosi. Lo stesso Berlusconi è costretto a “contestualizzare” le sue dichiarazioni, a riprenderle per edulcorare la pillola, con il risultato di aggiungere smarrimento alla confusione. L’impressione è, ad ogni modo, che il boccino è pur sempre nelle mani del Cavaliere. Di lui ed ancora di lui, sempre di lui si parla, intanto che il “dolcissimo” Putin continua imperterrito a massacrare il popolo ucraino.

Le uscite del Cavaliere sono comunque l’ espressione di una scomposizione interna alla destra, che la mano di intonaco tirata sulle crepe del muro per attraversare la campagna elettorale, ora lascia trasparire, mostrando la gravità delle slabbrature. Ovviamente Giorgia Meloni condurrà in porto il governo, ma l’ immagine di leadership che intendeva trasmettere è largamente compromessa.

C’è, francamente, da temere che il sentimento diffuso di consenso e di impegno comune necessario a portare l’Italia fuori da questo momento drammatico sia evaporato.

Insomma, la svolta c’è. Ne va preso atto. L’ha decretata il popolo sovrano. Senonché i vincitori, appena doppiata la curva, anziché il rettilineo che immaginavano, si trovano di fronte un dedali di percorsi, intrecciati e contraddittori che portano nelle sabbie mobili e, per di più, su temi apicali dell’ azione di governo, a cominciare nientemeno che dalla collocazione internazionale del nostro Paese. Insomma, non ci siamo. Il potenziale del successo conseguito dal centro-destra si sta addirittura dissipando ancor prima che la partita inizi ufficialmente con l’incarico attribuito dal Capo dello Stato per la formazione del nuovo governo.

La paziente Italia è clinicamente tutt’altro che stabilizzata e alla situazione di emergenza economica e sociale, energetica ed ambientale, si sovrappone una condizione se non di emergenza anche politica, di perdurante fibrillazione, cui né la Meloni né la sua maggioranza – che, anzi, ne è la fonte – sanno porre rimedio.

Domenico Galbiati