I cattolici e il Pnrr – di Antonio Troisi

I cattolici e il Pnrr – di Antonio Troisi

Per rispondere al recente interrogativo di Ernesto Galli della Loggia sui cattolici e la politica (CLICCA QUI), occorre  tener presente che, oggi,  i partiti politici, sopraffatti dal processo d’individualizzazione della società che  caratterizza  la civiltà occidentale, hanno rifiutato di affrontare il problema delle riforme posto dal PNRR, risolvendo quello del rapporto con la realtà come se  la ricerca dell’interesse personale possa trasformarsi  automaticamente in Bene comune. Tutto questo nonostante che la caduta del Muro di Berlino abbia provata l’impossibilità, anche per la più feroce dittatura , di riuscire ad ignorare che le motivazioni egocentriche non si  trasformano spontaneamente in un ben vivere civile, non essendo possibile prescindere dalla natura relazionale della persona umana.

In effetti, non possiamo trascurare che gli obiettivi privati si trasformano  in finalità dello Stato, uscendo dal chiuso dell’economia del singolo individuo con un complesso processo che esclude ogni automatismo. Il bisogno pubblico, infatti, è costituito non dalla somma aritmetica dei bisogni individuali, ma dalla somma algebrica di quantità positive e negative, cioè del bisogno positivo che sentono alcuni perché un certo servizio pubblico sia prodotto e del bisogno negativo che sentono altri  perché quel servizio pubblico non sia prodotto, oppure lo sia in misura diversa. Questo comporta sempre l’esistenza di una minoranza recalcitrante, che non avverte il bisogno considerato pubblico: ad esempio  il 16% degli italiani che ha rifiutato la vaccinazione. Di conseguenza, alla classe governante tocca il difficile compito di effettuare questa complessa somma algebrica, componendo i contrasti d’interesse con dei coefficienti di ponderazione che le consentano di anteporre motivatamente certe esigenze ad altre.

Ma esiste un coefficiente basato su di una motivazione oggettiva che ne legittimi l’anteposizione  di un’esigenza ad un’altra?

La risposta del personalismo comunitario, basata sulla concezione della persona umana, soggetto  di diritti inviolabili(valutazioni positive ), ma anche  di doveri inalienabili(valutazioni negative ), rappresenta un prezioso coefficiente di ponderazione. Per  questo inscindibile nesso algebrico è atto a compiere la difficile operazione della  composizione degli apprezzamenti antagonistici dei vari gruppi ed individui, allargando il respiro di una società che oggi appare divisa ed incapace di interpretare le nuove  esigenze ed i nuovi problemi.

Questo  orizzonte comunitario ” non è un’utopia perché è diventato l’architettura del nostro stato democratico, consacrato dall’art 2 della Costituzione,  voluto concordemente da Dossetti e La Pira, da un canto, e Togliatti e Marchesi, dall’altro, i quali individuarono, nel rispetto della persona umana, il punto d’equilibrio tra il singolo e la collettività, e così legittimare  l’anteposizione di un’esigenza ad un’altra. In questo schema i diritti individuali costituiscono la leva per l’emancipazione di ciascuno di noi, ma all’interno di una comune cornice di libertà e pari opportunità,  sicché  la libertà di ciascuno (diritti = valori positivi) è volta al miglioramento della società nel suo complesso(doveri= valori negativi).

Detto  modello consente  di affrontare il problema posto dalla novità del programma di riforme del PNRR che, in precedenza, sono state realizzate spesso per rispondere ad esigenze individuali o elettorali, quasi sempre non attuate per mancanza di fondi. Invece, nel  PNRR  la programmazione complessiva delle riforme nasce da un’iniziativa europea e da un regolamento europeo ed indirizza gli stati membri verso obiettivi comuni di riforma. In secondo luogo, il vincolo che nasce dalla fornitura esterna di risorse per gli investimenti è una garanzia di efficacia molto più forte rispetto a tutte le precedenti esperienze di programmazione. Il legislatore, liberato dai condizionamenti dei vincoli di bilancio, subisce dalla UE una fortissima costituzione in mora, per la realizzazione di riforme.

Se non è più possibile  giustificare un disimpegno con la mancanza dei fondi non è neanche possibile ricorrere alla carenza  di tutela della minoranza dissenziente. Infatti, la riforma costituzionale del 2012, determinata dall’esigenza dell’art.2 di un continuo adeguamento ai vincoli europei, ha sostituito  dal 1 gennaio 2016 la vecchia Amministrazione per Procedura con la nuova Amministrazione per Risultati. L’opposizione cosi svincolata da  interessi particolari, ha la possibilità di  valutare  ex ante i riflessi sulla qualità dell’istituzione di quanto deciso dalla maggioranza. Di qui, l’eliminazione delle distorsioni del Patto di Stabilità che, rimandando tutto ex post, consentiva solo di prendere atto di risultati, imprevedibili ed ormai irrimediabili

Pertanto, sono state poste  le  condizioni per risolvere democraticamente il fisiologico contrasto con la minoranza dissenziente che ogni rinnovamento istituzionale determina. Nel nostro caso, quella dei politici sostenitori unicamente di una spesa pubblica produttrice di consensi e, dei burocrati che non intendono rinunziare al vantaggio di una Pubblica Amministrazione presidiata solo dalla minaccia di una sanzione, peraltro raramente applicata.

In conclusione, mi sembra si possa rispondere all’interrogativo di Ernesto Galli della Loggia, rilevando che l’identità politica dei cattolici non è  scomparsa, perché  consacrata nell’art.2 della Costituzione. Se la politica si decidesse a  “metterla a reddito”, si assicurerebbe  il presidio europeo di efficienza e libertà richiesto dal PNRR per realizzare il suo programma di riforme, profondamente  innovativo.

Antonio Troisi