I guai dell’Italia e il fatalismo dell’informazione – di Michele Marino

I guai dell’Italia e il fatalismo dell’informazione – di Michele Marino

Ancora una volta bisogna sopportare di leggere un quotidiano nazionale che titola in questo modo inqualificabile, cioè sciocco e illogico, l’ennesima tragedia avvenuta nel trevigiano: un diciassettenne che viene travolto, nottetempo, da una micidiale auto Suv. Non è da poco tempo che è invalsa tale moda, stupido approccio ad un’informazione superficiale, scorretta, abbagliata forse dall’esigenza commerciale di fare “scoop”.

Ormai, secondo la maggior parte dei cronisti, non è l’individuo a commettere, con dolo o colpa grave o gravissima, un fatto che costituisce la fattispecie di uno o più reati criminosi; bensì sarebbe il luogo/circostanza materiale determinante e scatenante l’illiceità o la tragedia ambientale e naturalistica: che fantasia! Potremmo per assurdo pensare, quindi, che è in atto un’assurda, ma influente (si pensi pure agli “influencer”, nuovi geni italici …) corrente di pensiero definibile “fatalista-innocentista”, la quale tende ad alleggerire la gravità dell’accadimento, ovvero il grado della responsabilità a carico dell’homo sapiens (?!), distraendo l’attenzione del lettore comune e portandolo virtualmente a capire qualcosa di diverso dalla realtà, perciò a riflettere su aspetti secondari e marginali rispetto al fatto oggetto della notizia.

Così facendo, si riesce a manipolare la realtà e non è escluso che da un lato si dia una mano rilevante ad esonerare/alleviare il colpevole dalla doverosa, effettiva responsabilità e dall’altro a condizionare negativamente l’operato della magistratura – già di per sé tutt’altro che infallibile – con il rischio di non riuscire a connettere il rapporto causa/effetto, attribuendo l’evento illecito ad un processo fatalistico o casuale quasi inevitabile, perciò neanche sanzionabile.

Siffatto problema va poi ad accentuarsi nelle fattispecie in cui il soggetto-autore contra legem sia un minore o un animale, per lo più un cane di razza aggressiva. Dall’analisi esposta deriva, con ogni probabilità di ordine logico, che da un punto di vista sociologico un’eventuale ipotesi di illiceità venga di fatto sottratta ad un’analisi rigorosa ed obiettiva in quanto avulsa dal contesto più verosimile a causa di rappresentazioni mistificanti e devianti.

Seguendo l’iter giuridico che si fonda sulla certezza del diritto non si dovrebbe derogare al principio della culpa in vigilando, ma sia dal mondo attuale dell’informazione dominante (fors’anche di gran parte degli “opinion leader” massmediali) – compresa ovviamente la RAI chiamata a norma di legge ad assumersi la responsabilità istituzionale di “servizio pubblico” – sia dal sistema della giustizia arrivano segnali e pulsioni non sempre rassicuranti, indicazioni sballate che svincolano gli adulti dalle elementari regole del dovere di educare, vigilare e prevenire la commissione di comportamenti a rischio per sé e per l’altrui persona con grave, irreparabile danno all’incolumità fisica.

Michele Marino