Serve una nuova denuncia dei “Mali di Roma” – di Giancarlo Infante

Serve una nuova denuncia dei “Mali di Roma” – di Giancarlo Infante

I consiglieri comunali di Roma hanno appena deciso di aumentarsi lo stipendio nell’indifferenza generale.

Impressiona il silenzio dei cattolici romani in generale, ma in particolare quelli impegnati politicamente, sui “Mali di Roma”. Che tuttora persistono, se non si sono, addirittura, aggravati a tanti anni di distanza da quella collettiva presa di coscienza sulla condizione della Capitale avviata dal cardinale Ugo Poletti nel 1974. Tra due anni saranno cinque i decenni a separarci dalla presa d’atto della necessità di considerare anche i quartieri di Roma “terra di missione” grazie alla coraggiosa denuncia dell’allora Cardinal Vicario.

Roma “terra di missione” in cui si doveva intervenire non solo sul piano del sentimento e della pietà religiosa, bensì mettendo in pratica il “ragionare politico” che stava alla base dei tanti ricchi aspetti dell’azione pastorale di Paolo VI che concepiva la politica quale forma più alta di espressione della Carità.

Quei tre giorni intensi di riflessione sui “mali” della cosa pubblica romana, che tanto scandalizzarono una parte del conservatorismo cattolico e laico, appaiono davvero lontani. Sepolti dal silenzio con cui un mondo pur tanto presente ed importante di Roma, quello in grado di far valere generosità, passione, senso civico e disinteresse, si è adagiato a tollerare, e a tacere, sulla latitanza delle istituzioni, della politica, delle forze sindacali, della “gente che conta”. Ma anche tutti noi semplici cittadini accettiamo di essere rappresentati da chi conferma un’antica congiura tra la mediocrità di gran parte della classe dirigente romana e il riflusso nel personale e nell’individualismo, e tacciamo.

I risultati sono quelli che vediamo tutti i giorni e il cui simbolo massimo è costituito dalla mancanza di una visione strategica della città, oggi ridotta a sperare solamente nell’utilizzazione dei due miliardi previsti dal Pnrr, dall’assoluto disinteresse per le tante povertà e divisioni sociali che affliggono la Capitale. Le questioni dei rifiuti e della sostanziale noncuranza per l’arredo pubblico, delle condizioni delle strade e dei marciapiedi, la continua emergenza del trasporto pubblico locale costituiscono solo il punto più alto di una crisi che dura da decenni, indipendentemente da chi si è succeduto sul colle del Campidoglio.  Poi, fa scalpore la scritta che compare sulle millenarie mura del Pantheon senza riflettere sul fatto che lo stupido vandalo armato di bomboletta di vernice spray non ha alcuna remora nell’utilizzarla e fare un tale scempio in una città abbandonata sostanzialmente a se stessa.

Tutti noi cittadini, che si sia romani, o che comunque si abbia il privilegio di vivere a Roma dovremmo avere il coraggio d’indignarci e cominciare a fare qualcosa. Soprattutto a portare sul piano dell’impegno pubblico i sentimenti di una cittadinanza attiva cui Roma, la sua visione universale, il suo riferimento nel mondo, il suo naturale mostrarci il meglio dell’essenza del “cammino umano” dovrebbero pure richiamarci.

I cattolici romani dovrebbero trovare nel presupposto della denuncia dei “mali di Roma” di meno di 48 anni fa la forza per chiedere conto per primi ai politici che vogliono i loro voti sulla base di una comune ispirazione di pensiero e di sensibilità della loro totale assenza sul degrado e le numerose criticità della Capitale. E ricordare loro che non basta dire “Signore, Signore” e che non ci si può accontentare di seguire strumentali ostentazioni del rosario o parlare di Patria, Cristianesimo e Famiglia. Così come non è sufficiente avviare pur lodevoli iniziative sociali se tutto ciò non si traduce in una presa di posizione continua, costante, coraggiosa e aperta pure nei confronti dei partiti in cui si milita per preoccuparsi davvero  ed operare per quella grande comunità costituita da Roma.

Anche a Roma è il momento di costruire nel concreto della vita quotidiana un’altra presenza, costi quel che costi.

Giancarlo Infante