Usa: la Corte suprema e l’aborto – di Domenico Galbiati

Usa: la Corte suprema e l’aborto – di Domenico Galbiati

Dal momento del concepimento, dalla fusione dei gameti da cui prende forma un nuovo patrimonio genetico unico ed irrepetibile, l’embrione si pone e si manifesta come “soggetto”. Cioè, per quanto in questa fase si attesti esclusivamente sul piano biologico ed in un rapporto di totale dipendenza dalla gestante, quindi dalla madre, come “attore in proprio” di un processo di sviluppo ordinato secondo sequenze la cui programmazione non viene assunta dall’ambiente in cui è posto, bensì è, in sé, inscritta nello stesso embrione, nel suo genoma.

Un processo, quindi, autonomo, coordinato, organico e finalizzato, consequenziale, continuativo ed ininterrotto, progressivo ed irreversibile che porta dal concepimento alla nascita. Secondo un percorso non dissimile, seppure vissuto in una condizione tanto particolare qual è la gestazione, da quel processo di continua crescita e sviluppo individuale ed autonomo . Un processo non autosufficiente, ma relazionale, intessuto cioè di quella reciprocità che contraddistingue la “persona” in ogni fase del suo percorso esistenziale anche dopo la nascita, fino alla fine dei suoi giorni.

Dall’ embrione al feto fino al momento della nascita non siamo in presenza di una “persona in potenza”, come pur sostengono i sostenitori dell’aborto, cioè di un’entità, sia pure in fieri, ma non ancora compiuta, indistinta, a suo modo informe e, come tale, per quanto ascrivibile al genere umano, insussistente e, dunque, priva di ogni diritto, come fosse nient’altro che un’appendice del corpo della madre la quale eserciterebbe, quindi, nei suoi confronti un potere assoluto ed incondizionato. Ciò sarebbe attestato dal fatto che l’embrione e poi il feto siano così totalmente dipendenti dalla madre che li reca in grembo e, quindi, sarebbero privi di una effettiva autonomia che li costituisca in sé sussistenti.

L’argomento è esattamente reversibile. Che cosa costituisce, come tale, la persona, se non il momento relazionale che la spinge oltre la sua autoreferenzialità? E, dunque, la relazione così necessaria ed imprescindibile con la madre, come la vivono l’embrione ed il feto, non è forse, in modo talmente eminente, quel dato relazionale così intimo, sostanziale e profondo che, piuttosto che negare la dimensione “personale” del nascituro, l’afferma nella maniera più’ schiettamente incontrovertibile che si conosca? Siamo di fronte a dati oggettivi che non vanno creduti per fede, bensì sono asseverati dalla scienza.

Infatti, l’aborto non è necessariamente questione “cattolica”, ma universale ed umana. Ha sì a che vedere con una concezione religiosa della vita, ma, ad un tempo, ne prescinde, in quanto attiene al valore schiettamente, immediatamente umano e sostanziale della vita, quale fondamento di ogni altro ed ulteriore diritto.

Vanno ricordate le coraggiose battaglie combattute da Carlo Casini, fondatore del “Movimento per la Vita”, perché l’articolo 1 del Codice Civile riconoscesse la “capacità giuridica” anche al concepito, anziché subordinarne l’acquisizione all’evento della nascita. Battaglie che meriterebbero di essere riprese.

Per ora basti questo appunto che concerne il nodo essenziale della questione che, a maggior ragione, andrà ripresa anche a commento della preannunciata sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti. La quale, a quel che si comprende fin qui, trasferirebbe la facoltà di legiferare in materia d’interruzione volontaria della gravidanza ai singoli Stati degli USA, negando, piuttosto, che l’aborto possa essere ritenuto un diritto a prescindere ed incondizionato della singola donna, riconosciuto a livello federale.

Resta ferma, in ogni caso, la improrogabile necessità di mettere in campo strategie dirette a prevenire l’aborto e finalizzate ad invertire quell’ orientamento culturale, di stampo libertario, radicale ed individualista, che l’ha fin qui sostenuto.

C’inoltriamo in un tempo che chiede ben altro rispetto per la dignità della persona, su ogni fronte. In caso contrario, anche i magniloquenti discorsi sulla pace che giustamente oggi risuonano rischiano di tradursi in chiacchiera. Prevenire l’aborto, riguadagnare una cultura della vita è anche l’impegno che INSIEME ha assunto con la “petizione parlamentare” che intende presentare in ordine alla applicazione della 194, pure per quanto concerne i suoi primi articoli che aprono qualche utile spazio, appunto, di prevenzione (per leggere la petizione e sottoscriverla CLICCA QUI).

Domenico Galbiati