Quella dell’Ucraina non è solo questione economica

Quella dell’Ucraina non è solo questione economica

La diversa lettura sulle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina che emerge tra  la governatrice della Banca centrale russa Elvira Nabiullina e Vladimir Putin spiega l’esistenza di due facce della stessa medaglia della posizione della Russia, ma non fa intravedere ancora alcuna possibilità che il Presidente russo sia forzato a mettersi al tavolo delle trattative per le conseguenze economiche che la guerra sta provocando al suo paese.

Le percezioni sono diverse per chi guarda alla vicenda ucraina con occhi occidentali e vi cerca soprattutto una razionalità d’ordine preminentemente economico.

E’ circolata da tempo la voce che la Nabiullina avesse presentato le proprie dimissioni da quando le truppe russe hanno varcato i confini occidentali e sono cominciati i lanci di missili sugli ucraini. L’immediato seguito è stata l’applicazione delle sanzioni da parte degli occidentali che, come ha ricordato la Governatrice della Banca centrale russa, hanno portato al congelamento di circa la metà delle riserve monetarie ed auree della Russia.

La massima responsabile del sistema bancario russo ha detto ai parlamentari della Duma che sulle scorte possono contare per un periodo limitato e che le sanzioni cominceranno a far sentire i loro effetti sull’economia reale e che, quindi, sarà inevitabile entrare in una fase di riforme strutturali (CLICCA QUI). Il che significa dovere fare i conti con un ulteriore impoverimento dell’economia russa già oggi prevista dalla Banca Mondiale con un meno 11% per l’anno in corso.

Vladimir Putin continua platealmente a fornire una lettura completamente diversa delle cose. Egli, in evidente risposta alla Governatrice, sostiene che, invece, è fallito il “blitz” americano ed europeo delle sanzioni e che sia l’Ovest a pagarne adesso il costo più oneroso. Le traduzioni della sua dichiarazione parlano infatti dell’uso del termine “blitzkrieg economico”. Come se davvero qualcuno avesse potuto pensare ad un risultato immediato raggiungibile grazie al blocco dei beni degli oligarchi, ai sequestri dei loro yacht o alla inutilizzabilità in Occidente delle carte di credito da parte loro o dei familiari.

Tra i provvedimenti adottati a danno della Russia alcuni sembrano servire più a far fare titoloni ai giornali di Europa e Stati Uniti o, comunque, destinati a portare risultati davvero risibili. Altri, invece, faranno sentire i loro effetti sulla lunga durata. Probabilmente, finiranno persino per condizionare le sorti di un conflitto destinato a dilatarsi nel tempo, come sin da subito hanno prefigurato i vertici della Nato. E’ probabile che sia il versante tecnologico quello da cui potrebbero emergere i più gravi problemi anche per l’Armata russa.

Allora, il problema è capire se davvero i vertici politici e militari della Russia hanno l’adeguata percezione di cosa stia accadendo in reazione alle loro estreme decisioni. E non sarebbe proprio da stare sereni se una eventuale errore, o più errori di valutazione fossero ulteriormente compiuti da parte di Putin e del gruppo più ristretto che lo circonda e che crede davvero in una mera soluzione militare, animati come sono dai sentimenti nostalgici di una perduta “grandezza” dopo la dissoluzione dell’Impero sovietico.

Di “blitzkrieg”, e cioè di una facile vittoria sul campo, semmai, avevano parlato i vertici militari di Mosca che, evidentemente, sembravano credere in un immediato cedimento della struttura di governo e dei comandi militari di Kiev. Così non è stato. Il popolo ucraino, anche la parte più russofona, ha dimostrato di credere in se stesso, in quanto parte dell’Ucraina e non più del vecchio Impero governato da Mosca.

Una veloce vittoria sul campo avrebbe sicuramente finito anche per limitare le sanzioni e lasciato più ampi margini di manovra per il dopo guerra di Putin. E’ evidente che anche i paesi occidentali stanno subendo dei pesanti contraccolpi. La Banca Mondiale ha già riveduto al ribasso le prospettive di crescita globale fissando a circa il 3,2% l’incremento da attendersi per il 2022 invece del 4,1 previsto. Ma le cose si sono messe in una condizione tale da non far ritenere che anche una prospettiva di crescita persino inferiore faccia arretrare i paesi schieratisi a sostegno dell’Ucraina a seguito della palese violazione del diritto internazionale dello scorso 24 febbraio.

In questo momento, dunque, sulla base della convinzione di Putin che basti la stabilizzazione del rublo per consentirgli di andare avanti, continueranno ad avere peso le operazioni militari. Dovremo vedere se davvero lo scontro sul campo si chiuderà a ridosso del prossimo 9 maggio, data che secondo i più dovrebbe consentire a Putin di dirsi vincitore della guerra e presentarsi come il denazificatore di Mariupol e dell’intera Ucraina.

Tutti sembrano sperare che il Presidente russo si accontenti dell’avanzata nel Donbas destinato o a finirgli ancora di più tra le mani o ad essere ridotto ad un cumulo di macerie. Con il rischio di trovarci di fronte al bis dopo l’occupazione del 2014 della Crimea e, cioè, lasciare irrisolto il problema di fondo. Più il tempo passa, più soffrono gli ucraini, e più appare evidente come i motivi di questa guerra riguardino il ben più ampio confronto strategico, economico, energetico e tecnologico che davvero divide l’Occidente dalla Russia e dalla Cina e un vero negoziato sull’Ucraina non potrà che riguardarlo. Altrimenti non sarà negoziato, ma solo un … rinvio.

CV